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domenica 22 marzo 2020

La peste

        La peste
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Manzoni non l’aveva vista, la peste, 
ma aveva studiato documenti su documenti. 
E allora descrive la follia, la psicosi, 
le teorie assurde sulla sua origine, sui rimedi. 
Descrive la scena di uno straniero (un “turista”) 
a Milano che tocca un muro del duomo e viene linciato 
dalla folla perché accusato di spargere il morbo. 
Ma c’è una cosa che Manzoni descrive bene,  soprattutto, e che riprende da Boccaccio:  il momento di prova, di discrimine, tra umanità e inumanità. Boccaccio sì che l’aveva vista, 
la peste. Aveva visto amici, persone amate, 
parenti, anche suo padre morire. 

E Boccaccio ci spiega che l’effetto più 
terribile della peste era la distruzione del vivere civile. Perché il vicino iniziava a odiare il vicino, il fratello iniziava a odiare il fratello, e persino i figli abbandonavano 
i genitori. La peste metteva gli uomini l’uno contro l’altro. Lui rispondeva col Decameronil più grande inno alla vita e alla buona civiltà. 
Manzoni rispondeva con la fede e la cultura, che non evitano i guai ma, diceva, insegnavano come affrontarli. 

In generale, entrambi rispondevano in modo simile: invitando a essere uomini, 

a restare umani, quando il mondo impazzisce.

-  di Errico Buonanno -

Nel quadro "I sopravvissuti alla peste"

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