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domenica 27 settembre 2020

 Wojtyla volle farsi confessare da un sacerdote barbone. Volando verso Cuba, "perdonò" Che Guevara (Izzo)

WOJTYLA: VOLLE FARSI CONFESSARE DA UN SACERDOTE BARBONE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 20 par.

Giovanni Paolo II era capace di gesti davvero inconsueti e dalle carte del processo di beatificazione emergono episodi toccanti. Un monsignore che gli era vicino, un giorno riconobbe in un barbone che dormiva sempre in una traversa di via della Conciliazione un prete che aveva abbandonato il ministero. Riusci' a inserirlo in un'udienza, e avviso' il Papa. Alla fine dell'udienza Giovanni Paolo II chiamo' in una sala vicino il sacerdote barbone, e gli chiese di essere confessato. Il monsignore trovo' il sacerdote in lacrime; alla fine della confessione il Papa gli aveva detto: "Vedi quanto grande e' il sacerdozio? Non deturparlo". L'episodio e' raccontato dal vaticanista Marco Tosatti nel volumetto "99 domande su Wojtyla". Tosatti rivela anche un altro fatto clamoroso che testimonia l'attenzione del Pontefice polacco per i clochard. Con il Papa, e il presidente della Repubblica Ciampi alla cerimonia di apertura del grande Giubileo del 2000, infatti, c'era anche Sergio De Giorgio, napoletano, di 34 anni, senza fissa dimora, che abitava a Roma e passava la notte in un giaciglio di cartone in quella che una volta era Galleria Colonna e adesso e' intitolata ad Alberto Sordi. Altri episodi dello stesso segno -rivela Tosatti- sono registrati nelle carte del processo anche in anni molto precedenti all'elezione di Karol Wojtyla al soglio di Pietro. Ad esempio il futuro Papa arrivo' nel "seminario" cioe' nel palazzo arcivescovile di Cracovia, per evitare che i nazisti lo arrestassero nel 1944, con una camicia bianca, un paio di pantaloni di cotone e zoccoli ai piedi. Il giorno successivo ricevette un abito talare regalata da un sacerdote della diocesi. Gia' ai tempi della fabbrica era famoso perche' arrivava anche in inverno senza cappotto, o maglione, perche' li regalava strada facendo a qualcuno "che aveva piu' bisogno di me", diceva. E gli indumenti che gli operai gli regalavano facevano spesso la stessa fine. Quando era viceparroco a San Floriano, a Cracovia, capito' infine che non si presentasse alla messa "perche' non aveva piu' scarpe, che aveva regalato la sera prima a uno studente amico che ne aveva bisogno. Il sacrestano dovette prestargli le sue affinche' potesse scendere in chiesa a celebrare".
"In una favela di Rio de Janeiro - racconta ancora Tosatti - il Papa fu colpito in maniera fortissima dalla poverta' di una famiglia. Si sfilo' dal dito l'anello d'oro che gli aveva regalato Paolo VI quando l'aveva nominato cardinale, e lo diede alla mamma. Fu obbligato, per il resto del viaggio, a farsi prestare l'anello episcopale dal Segretario di Stato". Giovanni Paolo II, si legge ancora nel volumetto firmato dal vaticanista Tosatti, "aveva un modo molto particolare di pregare: disteso sul pavimento, bocconi, con le braccia aperte in croce". "Sembra - continua il giornalista - che sia stata allestita nella cappella privata del suo appartamento a Roma una plancia in legno, sul marmo freddo del pavimento, perche' Wojtyla, finche' la salute e la forza fisica glielo permisero, passava ore in preghiera. Un'abitudine che non sospendeva nemmeno nei suoi viaggi in tutto il mondo". Biografo di Padre Pio, Tosatti si sofferma anche su una testimone ascoltata nel processo di beatificazione che, sottolinea, "ha raccontato un'esperienza molto singolare. Ebbe un'udienza da Giovanni Paolo II, dopo aver partecipato alla messa mattutina nella sua cappella privata. Durante l'incontro, le sembro' che il volto di Wojtyla 'sfumasse', e apparisse al suo posto il volto di Padre Pio sorridente. Esterrefatta, e un po' imbarazzata, riferi' la cosa al Papa. Giovanni Paolo II rispose semplicemente: 'Anch'io lo vedo'". Giovanni Paolo II pero' - secondo Tosatti - non ha mai avuto delle visioni. A un membro della 'Famiglia pontificia', che gli chiedeva, mentre discutevano delle apparizioni mariane, se a lui personalmente fosse capitata un'esperienza del genere, Wojtyla rispose: "No, non ho visto la Madonna, ma la sento". E' certo invece che abbia compiuto dei miracoli in vita. "Il segretario del Papa - scrive il vaticanista che segui' il Pontificato per la Stampa di Torino - mi racconto' che un americano, ebreo, malato di un tumore, in fase avanzata, voleva prima di morire, fare due cose; andare a Gerusalemme, e assistere alla messa privata del Papa. Era amico del cardinale di New York, e gli fu concesso. Durante la messa si comunico'; e per questo Dziwisz rimprovero' le persone che lo accompagnavano. L'americano riparti', senza piu' andare a Gerusalemme; e fece saper, piu' tardi di essere guarito completamente.

Papa Francesco: «San Giovanni Paolo II si fece confessare da un barbone»

Papa Francesco: «San Giovanni Paolo II si fece confessare da un barbone»

CITTA' DEL VATICANO - Un homeless ha confessato un santo. Incredibile ma vero. San Giovanni Paolo II, nel corso del suo pontificato, si confessò da un sacerdote polacco che era stato con lui in seminario e che poi divenne un senza fissa dimora. A raccontare la singolare vicenda è stato papa Francesco che ha voluto ricordare l’episodio parlando al mensile della strada di Milano, "Scarp de’ tenis.


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Rispondendo ad una domanda sul come approcciarsi al difficile mondo dei senza fissa dimora, Papa Bergoglio ha affermato: "In Vaticano è famosa la storia di una persona senza dimora, di origine polacca, che generalmente sostava in piazza Risorgimento a Roma. Un uomo schivo, non parlava con nessuno, neppure con i volontari della Caritas che la sera gli portavano un pasto caldo. Solo dopo lungo tempo riuscirono a farsi raccontare la sua storia: ’Sono un prete, conosco bene il vostro Papa, abbiamo studiato insieme in seminario’. La voce - ha proseguito Francesco nel suo racconto - arrivò a San Giovanni Paolo II che sentito il suo nome, confermò di essere stato con lui in seminario. Così volle incontrarlo. Si abbracciarono dopo quarant’anni, e alla fine di un’udienza il Papa gli chiese di essere confessato dal sacerdote che era stato suo compagno. ’Ora però tocca a te’, gli disse il Papa. E il compagno di seminario divenne il confessore del
Papa".

"Grazie al gesto di un volontario, - è stata la morale della storia tratta da Papa Francesco - di un pasto caldo, a qualche parola di conforto, a uno sguardo di bontà questa persona ha potuto risollevarsi e intraprendere una vita normale che lo ha portato a diventare cappellano di un ospedale. Il Papa l’aveva aiutato, certo questo è un miracolo ma - ha concluso - è anche un esempio per dire che le persone senza dimora hanno una grande
dignità".

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