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domenica 27 settembre 2020

SANT'ERMANNO LO STORPIO

 UN SANTO AL GIORNO TOGLIE LA TRISTEZZA DI TORNO

SANT'ERMANNO LO STORPIO

24 settembre, Beato Ermanno lo storpio, Altshausen, 18 luglio 1013-24 settembre 1054


«Salve, Regina, madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra, salve. A Te ricorriamo, noi esuli figli di Eva; a Te sospiriamo gementi e piangenti in questa valle di lacrime». Chi l’ha scritta, quasi mille anni fa, sapeva che cos’è una valle di lacrime. La Salve Regina fu infatti composta da Ermanno di Reichenau, meglio conosciuto come Ermanno lo storpio. Oltre al Salve Regina, compose l’Alma Redemptoris mater, l'Ufficio di alcuni santi (Gregorio, Afra, Wolfgango, ecc.) e le Sequenze della Croce e della Pasqua (Grates, honos, hierarchia e Rex regun, Dei agne); alla liturgia si riferiscono anche i trattati De musica e De monochordo. Lo chiamavano anche “il contratto”. 

Hermann der Lahme (1013-1054) è un monaco benedettino vissuto nel  monastero di Reichenau, sulla sponda tedesca del lago di Costanza. I suoi genitori appartenevano a famiglie nobili: ebbero 15 figli, tra i quali Ermanno, che fin da piccolo fu soprannominato “il Rattrappito”, tanto era storto e contratto a causa di una sclerosi multipla. Egli faticava a star ritto, stentava a camminare e, per farlo stare seduto, avevano dovuto costruire una sedia speciale; le sue dita erano troppo rattrappite per scrivere; le sue labbra e il palato erano deformati al punto che le sue parole uscivano stentate e si capivano a fatica. In un mondo pagano sarebbe stato lasciato morire all’atto stesso della nascita. Tanta gente oggi direbbe che il piccolo Ermanno non avrebbe mai dovuto nascere. I suoi genitori, in quegli anni del Medioevo, invece lo mandarono in un monastero e pregarono per lui. In quel luogo, il ragazzo crebbe. Ermanno, che poteva a mala pena biascicare poche parole, si accorse, con la pace che sperimentava nel monastero, che la sua mente si apriva. Nonostante non fosse affatto liberato dal dolore, una biografia dell’epoca lo descrive piacevole, amichevole, gaio, che si sforzava in ogni modo di essere gentile con tutti. I documenti che ne danno notizia parlano di un uomo deforme, con gli arti come attorcigliati a impedirgli non solo di camminare normalmente ma anche di trovare pace disteso o seduto nella sedia costruita apposta per lui. La preghiera alla Madonna entrata nella storia liturgica della Chiesa è solo uno degli aspetti del suo studio e della sua fede poderosamente intrecciati. Poi ci sono le cronache della storia del mondo, lo studio delle costellazioni, la costruzione di astrolabi. Ancora oggi chi cerca notizie su di lui nelle biblioteche trova i trattati scritti nelle notti insonni nell’abbazia di Reichenau, in un’isoletta nel lago di Costanza. 

Fu il gesuita inglese Cyril Martindale ad appassionarsi alla sua storia dopo il ritrovamento nella biblioteca di Oxford di un volume in latino che ne riferiva la vita. Quelle pagine, racconta Martindale in un volume molto amato da don Luigi Giussani (Santi, Jaca Book) non parlavano di un handicappato abbandonato, ma di un piccolo affidato alle amorevoli cure dei monaci e diventato presto un compagno prezioso per i religiosi. Così la biografia parla di un uomo «piacevole, amichevole, conversevole; sempre ridente; tollerante; gaio; sforzandosi in ogni occasione di essere galantuomo con tutti». Quello che doveva essere un peso diventa presto l’orgoglio del monastero e la sua fama arriva fino all’imperatore Enrico III e a papa Leone IX, che visitarono Reichenau rispettivamente nel 1048 e nel 1049.

Ermanno, nell’introduzione a uno dei suoi volumi più complicati, spiega come si costruiscono gli astrolabi, marchingegni antenati degli orologi, utilizzati per localizzare o calcolare la posizione del Sole, della Luna, dei pianeti e delle stelle, ma anche per determinare l’ora conoscendo la longitudine. «Ermanno – scrive –, l’infimo dei poveretti di Cristo e dei filosofi dilettanti, il seguace più lento di un ciuco, anzi, di una lumaca è stato indotto dalle preghiere di molti amici a scrivere questo trattato scientifico». Tra gli amici c’è Bertoldo, incaricato di aiutarlo nelle incombenze quotidiane e testimone dei momenti cruciali della sua vita. È a lui che Ermanno affida i suoi pensieri nei giorni della pleurite che lo condurrà alla morte. E l’amico si commuove e si tura le orecchie quando il piccolo monaco, già assaporando la pace della liberazione dal corpo, si dice stanco di vivere.

Venne sepolto ad Altshausen, ma la sua tomba è oggi sconosciuta. Se ne conservano reliquie ad Altshausen, a Zurigo ed altrove. Nel calendario benedettino è ricordato come beato, ma è una celebrazione dovuta al Bucelino. Il vescovo di Friburgo dichiarò inammissibile il culto pubblico verso Ermanno come beato, ma permise la continuazione del culto nel territorio in cui fino allora vigeva.

Rappresentazioni di Ermanno sono nel coro di Zwiefalten e ad Andechs; in un dipinto del soffitto della distrutta chiesa di Montecassino era raffigurato come Doctor marianus.

«La Vita, come la scrisse Bertoldo – osserva Martindale –, è così piena di vita pulsante, Ermanno ne esce veramente vivo! Non perché sapesse scrivere sulla teoria della musica e della matematica, né perché seppe compilare minuziose cronache storiche e leggere tante lingue diverse, ma per il suo coraggio, la bellezza dell’anima sua, la sua serenità nel dolore, la sua prontezza a scherzare e a fare a botta e risposta, la dolcezza dei suoi modi che lo resero “amato da tutti”. (…) Ermanno ci dà la prova che il dolore non significa infelicità, né il piacere la felicità».

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