Ti ama chi ama la tua anima
(Socrate in Platone)
da Platone, Alcibiade maggiore, 128E-133D
Socrate: Ebbene: con quale arte potremo prenderci cura di noi stessi?
Alcibiade: Non lo so. (e)
So. Non dovrà comunque trattarsi di un'arte che renda migliore qualcosa che ci riguardi, ma noi stessi.
AL. È vero. [...]
So. E potremo sapere quale arte renda migliori noi stessi, se non sappiamo chi siamo noi stessi? (129a)
AL. Impossibile.
So. Ma pensiamo che sia facile conoscere se stesso e che fosse uno sciocco chi pose quell'iscrizione nel tempio di Delfi [“Conosci te stesso”], o non piuttosto una cosa difficile e non da tutti?
AL. Molte volte facile, altre difficilissima, Socrate. [...] (b)
So. L'uomo non si serve di tutto il corpo?
AL. Sì.
So. Allora, l'uomo è diverso dal suo corpo?
AL. Mi pare di sì.
So. Che cos'è allora l'uomo?
AL. Non so cosa rispondere.
So. Sai però che è ciò che si serve del corpo.
AL. Sì. (130a)
So. E che cosa si serve del corpo, se non l'anima?
AL. Niente altro. So. Ed è comandandogli che se ne serve?
AL. Sì.
So. C'è un altro punto su cui nessuno potrà dissentire.
AL. Quale?
So. Che l'uomo sia almeno una di queste tre cose.
AL. Quali?
So. O anima, o corpo, o ambedue insieme, come un tutto unico.
AL. Non c'è dubbio.
So. Ma non avevamo detto che l'uomo è ciò che comanda al corpo? (b)
AL. D'accordo.
So. E può il corpo comandare a se stesso?
AL. In nessun modo.
So. E infatti, abbiamo detto che è comandato.
AL. Sì.
So. Non può quindi essere ciò che cerchiamo.
AL. No.
So. Allora, sono ambedue insieme a comandare il corpo, e questo è l'uomo?
AL. Può darsi.
So. Ma no: se una della due parti non partecipa al governo, è impossibile che comandi il loro insieme.
AL. Giusto. (c)
So. E allora, se non è uomo né il corpo, né l'insieme di corpo e anima, non resta da concludere, mi pare, o che l'uomo non sia nulla, o che, se è qualcosa, non sia altro che anima.
AL. Esatto. [...] (e)
So. Chi ci comanda di conoscere se stessi, dunque, ci comanda di conoscere l'anima.
AL. Sì, mi pare. [...]
So. E così, chi si prende cura del corpo, si cura di ciò che gli è proprio, ma non di se stesso.
AL. Sembra di sì. [...]
So. Allora, se uno ama il corpo di Alcibiade, non ama Alcibiade, ma qualcosa che gli appartiene.
AL. Vero.
So. Ti ama invece chi ama la tua anima.
AL. Necessariamente, date le premesse.
So. Ma chi ama il tuo corpo, non ti abbandona quando sfiorisce?
AL. Evidente. (d)
So. Chi invece ama la tua anima, non se ne va finché essa avanza sulla via del meglio.
AL. Naturale.
So. Ebbene, io sono quello che non ti abbandona... [...] ( 133b)
So. Ebbene, caro Alcibiade, se l'anima vuole conoscere se stessa, dovrà guardare in se stessa, e soprattutto dove si trova la sua virtù, la sapienza.
AL. Mi pare di sì, Socrate.
So. E allora, possiamo dire che ci sia un luogo dell'anima più divino di quello in cui risiedono la conoscenza e il pensiero?
AL. No. [...]
So. Perciò, guardando al divino e, tra le cose umane, alla virtù dell'anima, potremo conoscere noi stessi nel modo migliore possibile.
AL. Sì.
So. Ma non abbiamo convenuto che il conoscere se stessi è saggezza?
AL. Certo.
So. Quindi, senza conoscere noi stessi ed essere saggi, non potremo sapere se qualcosa è male o bene per noi.
AL. E come sarebbe possibile? (d)
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