Una pagina splendida di un grande santo monaco del medioevo. Da leggere, gustare e meditare!
Dai «Discorsi» di sant’Aelredo di Rievaulx, abate
«Sarà chiamato Emmanuele: che significa “Dio con noi”» (Mt 1, 23). Dunque Dio è con noi. Sinora Dio era sopra di noi, di fronte a noi: oggi è l’Emmanuele, oggi Dio è con noi nella nostra natura, è con noi nella sua grazia; con noi nella nostra infermità, con noi nella sua bontà. Con noi nella nostra miseria, con noi nella sua compassione. O Emmanuele, o Dio con noi! Figli di Adamo, che cosa fate? Dio è con noi, veramente! Voi non siete potuti ascendere al cielo per essere con Dio, e Dio discese dal cielo per essere l’Emmanuele. Egli viene per essere il Dio con noi, e noi trascuriamo di andare a Dio per essere con lui! «Figli degli uomini, fino a quando sarete duri di cuore, perché amate la vanità e cercate la menzogna?» (Sal 4, 3). Ecco la verità: «Perché amate la verità e cercate la menzogna?». Ecco la verità e la parola sincera. «Perché cercate la menzogna?». Qui c’è l’Emmanuele, Dio si trova in noi.
Come potrebbe essermi più vicino? È stato piccolo con me, infermo come me, nudo come me: si è conformato a me in tutto (cfr. Eb 2, 17), ha assunto quanto era mio e mi ha elargito quanto era suo. Giacevo come morto: privo di voce, di sensi, di luce degli occhi (cfr. Sal 37, 11). Ed ecco che oggi è disceso quel grande profeta, potente in opere e in parole (cfr. Lc 24, 19): ha posto il suo volto sopra il mio volto, la sua bocca sopra la mia bocca, le sue mani sopra le mie mani ed è diventato l’Emmanuele, il Dio con noi (cfr. 2 Re 4, 34).
In due modi si possono conoscere le cose: o per sapienza o per esperienza. Ora la nostra miseria, la nostra afflizione, la nostra infermità e corruzione erano note a Dio in virtù della sua sapienza, adesso lo sono mediante la sua esperienza. A sua volta il bene eterno che si trova in Dio poté conoscerlo per fede e parzialmente qualche santo, ma nessuno per esperienza. Ora il bene pieno, perfetto, eterno che la natura umana non poté conoscere in se stessa per esperienza, assunta in Dio poté conoscerlo nella natura divina; così il male, che Dio non conosce per esperienza in se stesso, assumendo l’umanità nell’unità della persona, si è degnato di sperimentarlo nella nostra natura.
O Emmanuele, dov’è il tuo convito? O tu, che sei l’oggetto del mio amore, dove ti riposi a mezzogiorno? (Cfr. Cant. 1, 6). Egli risponde: «Ecco io sto alla porta e busso; se uno mi aprirà io entrerò da noi, cenerò con lui e lui cenerà con me» (Ap 3, 20). Felice colui che ti apre la porta del cuore, o buon Gesù! Lì tu entrerai e prenderai il tuo cibo, lì riposerai nell’ora del mezzogiorno. La tua venuta, Signore, diffonde nel cuore casto il meriggio luminoso del cielo; la tua venuta componendo ogni moto del cuore con l’infusione della pace divina, prepara un letto soavissimo, dove puoi riposare, e lo cosparge gioiosamente di fiori e di profumi spirituali. Così l’anima, contemplandoti e gustando l’improvvisa dolcezza di quella quiete, con mirabile affetto e con voce esultante esclama: «Sei bello, o mio diletto, e splendido, e pieno di fiori è il nostro giaciglio» (Ct 1, 15).
O Signore, che cosa ti pasce in noi se non la dedizione del nostro cuore e il pio e dolce affetto, che sorge contemplando l’umanità e la divinità di Cristo? Felice l’anima che trova pascolo e nutrimento da questa santa esperienza; che, rapita verso la delizia dei piaceri celesti contempla la gloria del suo Creatore, e, estasiata dallo splendore di quel volto meraviglioso, con l’ardore di un desiderio ineffabile e la dolcezza di un inestimabile affetto, si lascia tutta trasportare in Dio, dove, ricolma del miele delle soavità del cielo, gusta e vede quanto è dolce il Signore (cfr. Sal 33, 9), quanto è beato chi spera in lui (cfr. Sal 83, 13).
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