Cosa disse Pasolini di Madre Teresa di Calcutta: «Una donna che dove guarda, vede»
redazionale
www.bergamopost.it – 5 settembre 2016
«Suor Teresa vive in una casetta non lontana dal centro della città, in uno sfatto vialone, roso dai monsoni e da una miseria che toglie il fiato». Erano i primi giorni del 1961, e Pier Paolo Pasolini era in viaggio in India, invitato insieme ad Alberto Moravia ed Elsa Morante, per le celebrazioni per il centenario del grande poeta nazionale Tagore. Allora Teresa aveva 50 anni, in pochi sapevano chi fosse e cosa stesse facendo. Anche in Italia nessuno aveva ancora parlato di lei. Arrivato a Calcutta Pasolini, mosso dalla curiosità, avendo sentito parlare di questa suora, aveva voluto conoscerla. Lei non era ancora “madre” ma semplicemente Suor Teresa. Aveva solo cinque o sei sorelle impegnate con lei nell’assistenza dei lebbrosi. A differenza dei suoi due compagni di viaggio, Pasolini ha un approccio diverso. Vuole vedere e toccare con mano, inoltrarsi nell’India profonda, mentre Moravia «con il suo meraviglioso igienismo», come scrive Pasolini, preferiva stare nelle hall degli alberghi lussuosi.
Lui si definisce invece un «viaggiatore ineconomico», pronto a immergersi nell’India profonda. Ed è questo suo approccio che lo portò a bussare alle porte di quella suora albanese. Il resoconto molto sobrio di quell’incontro oggi si può leggere nel bellissimo libro che Pasolini scrisse al ritorno, intitolato L’odore dell’India. Lo scrittore è colpito in generale dalla mitezza con cui gli indiani, di qualsiasi fede, accostano il tema religioso. «In India, più che alla manutenzione di una religione, l’atmosfera è propizia a qualsiasi spirito religioso pratico», scrive. E Suor Teresa è proprio un campione di questo spirito pratico, anche se si occupa di una causa senza speranza: «Esse hanno un piccolo ospedale dove i lebbrosi vengono raccolti a morire».
Dell’incontro Pasolini non riferisce nessun dialogo. Ma le sue parole valgono più di ogni eventuale virgolettato. «Suor Teresa è una donna anziana [in realtà aveva solo 50 anni, come detto], bruna di pelle perché è albanese, alta, asciutta, con due mascelle quasi virili, e l’occhio dolce, che dove guarda, “vede”». Geniale osservazione quest’ultima, indice di una sensibilità come può essere solo quella di una grande scrittore. Un’osservazione che dice tutto del metodo di Teresa, capace di cogliere immediatamente nelle persone il bisogno. Pasolini poi aggiunge che la suora «assomiglia in modo impressionante a una famosa Sant’Anna di Michelangelo» [in realtà si confonde con Leonardo e la sant’Anna del celebre cartone conservato al Louvre]. E poi continua: «Ha impressa la bontà vera, quella descritta da Proust nella vecchia serva Francesca: bontà senza aloni sentimentali, senza attese, tranquilla e tranquillizzante, potentemente pratica».
Pasolini è profondamente colpito. Dice che di fronte all’immenso problema dei lebbrosi in India ha provato «vero impulso di odio contro Nehru e i suoi 100 collaboratori intellettuali educati a Cambridge». Invece Suor Teresa «cerca di fare qualcosa: come lei dice, solo le iniziative del suo tipo possono servire, perché cominciano dal nulla». Infine una bellissima osservazione generale che, letta oggi, fa pensare molto a papa Bergoglio: «Ho conosciuto dei religiosi cattolici: e devo dire che mai lo spirito di Cristo mi è parso così vivido e dolce; un trapianto splendidamente riuscito». Domani, là dove è, anche Pasolini gioirà per la canonizzazione si quella suora incontrata un giorno nell’inferno di Calcutta.
Nessun commento:
Posta un commento