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lunedì 7 febbraio 2022

Tolstoj e la religione

Tolstoj e la religione

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«Nonostante il fatto che io fossi assolutamente convinto dell’impossibilità di dimostrare l’esistenza di Dio (Kant mi aveva dimostrato – e io l’avevo perfettamente capito – che dimostrarla era impossibile), nondimeno io cercavo Dio, speravo di trovarlo e, secondo l’antica abitudine, mi rivolgevo con la preghiera a colui che cercavo e non trovavo… Con la disperazione nel cuore, perché Dio non c’era, dicevo: “Signore, abbi pietà, salvami! Signore, illuminami, Dio mio!”. Ma nessuno aveva pietà di me e io sentivo che la mia vita si arrestava. Ma sempre di nuovo, da diverse parti arrivavo a quella stessa conclusione, che non potevo essere venuto al mondo senza un motivo, una causa, un senso qualsiasi, che non potevo essere come un uccellino caduto dal nido, quale appunto sentivo di essere. Ammettiamo che io, uccellino caduto dal nido, me ne stia disteso sul dorso e pigoli nell’erba alta, ma io pigolo perché so che una madre mi ha portato dentro di sé, mi ha covato, riscaldato, nutrito, amato. Dov’è questa madre? Se sono stato abbandonato, chi è che mi ha abbandonato? Non posso nascondermi che qualcuno mi ha generato con amore. Chi è dunque questo qualcuno? Ancora una volta, Dio». Lev Tolstoj, Confessione, 1882


 «“Signore, aiutami, abbi pietà di me!” mormorò. Svetlogub non credeva in Dio, anzi spesso aveva riso di quelli che ci credevano. Non credeva in Dio neanche in quel momento, non ci credeva perché non solo non sarebbe riuscito a esprimere il concetto di Dio con le parole, ma neppure a contenerlo entro il proprio pensiero. Ma ciò che egli intendeva ora pensando a colui al quale si rivolgeva – egli lo sapeva bene – era qualcosa di più reale di tutto quel che egli sapeva. Sapeva anche che era necessario e importante rivolgersi a lui. Lo sapeva perché quell’invocazione gli aveva dato subito calma e forza».

 Lev Tolstoj, Il divino e l’umano, 1903-1905

«Tutti i concetti con l’aiuto dei quali si eguaglia il finito all’infinito e si ottiene il senso della vita, i concetti di Dio, di libertà, di bene, noi li sottoponiamo a un’indagine logica. E questi concetti non reggono alla critica della ragione. Se non fosse così terribile, sarebbe ridicolo; con quanta superbia e presunzione noi, come bambini, smontiamo l’orologio, ne togliamo la molla, ne facciamo un giocattolo e poi ci meravigliamo che l’orologio non cammina più» 

(Confessione). 

 «“L’anima dell’uomo è la lucerna di Dio”, afferma un saggio detto ebraico. L’uomo è un animale debole e infelice finché nella sua anima non arde la luce di Dio; ma appena questa luce s’accende (e può ardere unicamente nell’anima religiosa), l’uomo diventa l’essere più possente del mondo. E non può essere altrimenti, perché allora in lui agisce non più la sua forza ma la forza di Dio. Ecco che cos’è la religione e in che cosa consiste la sua essenza» 

(Che cos’è la religione e in che cosa consiste la sua essenza, 1902).

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