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venerdì 29 luglio 2022

Ettore Majorana

 “Ginevra, 18 luglio 1965.

Caro Amaldi,

in una discussione che si ebbe tempo fa sul libro che stai scrivendo su Ettore Majorana, ti dissi come io pure ebbi un tenue contatto con Majorana poco prima della sua fine. Tu esprimesti allora il desiderio che ti descrivessi con maggiore dettaglio il mio ricordo, e qui cerco di accontentarti. Nel gennaio 1938, appena laureato, mi fu offerto, essenzialmente da te, di venire a Roma per sei mesi nell’Istituto di Fisica dell’Università come assistente incaricato, ed una volta lì ebbi la fortuna di unirmi a Fermi, Bernardini (che aveva avuto una Cattedra a Camerino pochi mesi prima) ed Ageno (lui pure giovane laureato), nella ricerca dei prodotti di disintegrazione dei “mesoni” mu (allora chiamati mesotroni ed anche yukoni) prodotti dai raggi cosmici. La loro esistenza era stata già proposta circa un anno prima, ed il problema del loro decadimento era già molto attuale.

Fu proprio mentre mi trovavo con Fermi nella piccola officina del secondo piano, intenti lui a lavorare al tornio un pezzo della camera di Wilson e io a costruire un trabiccolo per l’illuminazione della camera, che Ettore Majorana venne in cerca di Fermi. Gli fui presentato e scambiammo poche parole e fu tutto lì. Un episodio dimenticabile se dopo poche settimane, mentre ero ancora con Fermi nella medesima officina, non fosse arrivata la notizia della scomparsa da Napoli del Majorana. Mi ricordo che Fermi si dette da fare telefonando da varie parti sinché, dopo alcuni giorni, si ebbe l’impressione che non lo si sarebbe ritrovato più. Fu allora che Fermi si espresse in modo alquanto insolito, lui che era così serenamente severo quando si trattava di giudicare il prossimo. Ed a questo punto vorrei ripetere le sue parole, così come da allora me le sento risuonare nella memoria:

«Perché, vede, al mondo ci sono varie categorie di scienziati; gente di secondo e terzo rango, che fan del loro meglio ma non vanno molto lontano. C’è anche gente di primo rango, che arriva a scoperte di grande importanza, fondamentali per lo sviluppo della scienza (nota dello scrittore: e qui ho netta l’impressione che in quella categoria volesse mettere sé stesso). Ma poi ci sono i geni, come Galileo e Newton. Ebbene, Ettore era uno di quelli. Majorana aveva quel che nessun altro al mondo ha; sfortunatamente gli mancava quel che invece è comune trovare negli altri uomini, il semplice buon senso».”


Così si conclude la lettera che Giuseppe Cocconi scrisse a Edoardo Amaldi, che in quegli anni si stava impegnando a scrivere uno dei primi (se non il primo in assoluto) resoconto storico e scientifico di Majorana (“La Vita e l’Opera di E. Majorana” edito dall’Accademia dei Lincei). Un altro elogio di Fermi verso la figura di Majorana proviene dal ricordo di un testimone diretto del periodo, Bruno Pontecorvo, che disse:

“Majorana possedeva già una erudizione tale ed aveva raggiunto un tale livello di comprensione della fisica da poter parlare con Fermi di problemi scientifici da pari a pari. Spesso ne rimaneva stupito [..] Ricordo esattamente queste parole di Fermi: «Se uno problema è già posto, nessuno al mondo lo può risolvere meglio di Majorana»

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