Cristo il più grande rivoluzionario della storia. Ho bisogno – e credo che tutti abbiano bisogno – di considerarlo come uomo e di considerare “umana” tutta la sua storia. Perché se lo si considera un Dio, non si può imitare; se lo si considera un uomo, sì.
Fabrizio De AndréGesù secondo De Andrè è il più grande rivoluzionario di tutti i tempi: un esempio da imitare. Già nel suo primo disco egli scrive una canzone dedicata a lui: Si chiamava Gesù. In essa esprime in modo diretto ed esplicito la propria convinzione: l’hanno chiamato Dio, ma era solo un uomo, una persona straordinaria, ma pur sempre uno come noi.
Non intendo cantare la gloria
né invocare la grazia e il perdono
di chi penso non fu altri che un uomo
come Dio passato alla storia
ma inumano è pur sempre l’amore
di chi rantola senza rancore
perdonando con l’ultima voce
chi lo uccide fra le braccia di una croce.
(Tratto dalla canzone “Si chiamava Gesù)
De Andrè non professa la divinità del Cristo, ma nei suoi gesti e nelle sue parole non può fare a meno di vedere la traccia di qualcosa che va oltre una logica meramente umana: “inumano”, dice, a proposito del perdono pronunciato da Gesù nei confronti di chi l’ha messo in croce. “Ma inumano è pur sempre l’amore/ di chi rantola senza rancore/ perdonando con l’ultima voce/ chi lo uccide fra le braccia di una croce”. Gesù uomo inumano e non disumano, né sovrumano. De Andrè come il centurione romano ai piedi della croce, riconosce in Gesù qualcosa di inumano. Non arriva a chiamarlo Figlio di Dio (anzi, non può, non vuole, non deve), ma riconosce in lui una forza d’amore che va aldilà dell’umano! De Andrè insiste molto sulla solidarietà di Gesù nei confronti degli ultimi, dei poveri e degli sconfitti. Gesù si è fatto compagno di viaggio di tutti i crocifissi della storia. Sempre in Si chiamava Gesù egli prende la terra per mano e appare come uno di loro. Tutto ciò risulta evidente anche nel passaggio dal Laudate Dominum al Laudate hominem, nella Buona Novella (1970), dove De Andrè esprime chiaramente la sua intenzione di pensare e cantare Gesù come pienamente uomo, “fratello anche mio”.
Poi, poi chiamò dio
poi chiamo dio
poi chiamò dio quell’uomo
e nel suo nome
nuovo nome
altri uomini,
altri, altri uomini
uccise “.
Non voglio pensarti figlio di Dio
ma figlio dell’uomo, fratello anche mio.
(tratto dalla canzone Laudate Hominen)
Gesù è dunque pienamente uomo, uomo in pienezza, modello di umanità. Il guardare a lui permette di comprendere in modo profondo, ricco e completo l’uomo. Nella sua umanità si rivela il senso pieno della “moralità”, intesa non semplicemente come codice formale di norme da rispettare, ma come possibilità di autenticità e di bene presente in ogni uomo. E’ questo il messaggio centrale dell’album La buona novella, nella quale De Andrè mira a contestare la morale formale e dogmatica dell’istituzione (incapace di comprendere la singolarità della persona e di custodire la dignità di ogni uomo, specie se debole, povero e sconfitto) riscoprendo il senso puro e autentico della “moralità” alla luce della testimonianza data dall’umanità di Gesù (vedi ultima strofa de Il Testamento di Tito). L’amore “in-umano” di Gesù interpella, scuote la coscienza (come a Tito), fa vedere tutta la realtà in modo diverso: apre il cuore e lo spinge a riscoprire una coscienza pura, una moralità fondata sul “comandamento” dell’amore.
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