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martedì 7 maggio 2024

Per vivere

 UNA CERTEZZA E UNA SPERANZA: Per scampare da una vita impossibile l’uomo, an­che quando non se ne avvede o addirittura lo nega, ha sem­pre bisogno di tre sussidi primari: un patrimonio di certez­ze, una qualche speranza affidabile, un’appartenenza. Quando vengono meno, si profila nell’animo la tentazione orrenda del suicidio.

Senza certezze non solo non si può agire, ma neppure si può pensare o parlare. Nel momento che pongo un at­to qualsivoglia o proferisco una parola, per ciò stesso mi appoggio a una persuasione. Anzi, senza che si abbiano le idee chiare su come stanno le cose, non ci sarebbe le­gittimamente concesso di fare un solo passo avanti nell’e­sistenza,

Tanto è vero che, in mancanza di certezze autentiche, gli uomini sono costretti ad avvalersi di sicurezze puramen­te funzionali; che sono inconsistenti in sé, ma che vengono deputate a surrogare il compito proprio della verità. Così fioriscono le varie ideologie: tutte si fondano su assiomi che, senza giustificarsi razionalmente e senza darsi nemme­no la briga di millantare un’origine da una divina rivelazio­ne, cercano di imporsi come indiscutibili finché da sole dis­seccano al vento della storia.

C’è perfino – la più patetica forse di tutte – l’ideologia dello scetticismo, del dubbio sublimato a valore, della com­piaciuta impossibilità di asseverare qualcosa; ed è quella di solito difesa e propagandata con più indubitabile convinzio­ne e più dogmatica intransigenza,

È fatale che tutti si diano, più o meno arbitrariamente, dei punti fermi. Chi colpevolizza le certezze, si riferisce sempre, anche se non se ne accorge, alle certezze altrui.

Ma per vivere ci vuole anche un traguardo, un futuro auspicato migliore verso cui tendere, una finalizzazione del proprio agire.

Sia un ideale «imperiale» di dominio politico, sia il «so­le» di una società di perfetta giustizia, sia un assetto econo­mico di inesauribile prosperità, gli uomini si sono sempre inventati qualcosa verso cui guardare. Non si può vivere senza una speranza, che però miseramente non cada «al­l’apparir del vero».

Infine è indispensabile che ci sia dato il conforto di qualche appartenenza, perché siamo stati creati per essere membra di un organismo vivo e ci sentiamo persi se restia­mo soli. In mancanza di questo organismo vivo, che è stato pensato per noi nel disegno del Padre, si impongono i suc­cedanei più diversi: una loggia che assicuri solidarietà, un partito-chiesa, un club tra persone socialmente affini, una squadra di calcio che diventa una ragione di vita, ecc.

L’avvenimento cristiano offre tutti e tre questi necessari aiuti all’esistere nella loro forma più alta, che è anche l’uni­ca vera perché corrisponde all’eterno progetto divino: una Rivelazione che illumina tutto dall’alto, una speranza che non appassisce, una vita di comunione nella famiglia di Dio.

Se ne ricava che una proposta del Vangelo che evita di porre in risalto le verità della fede e, come vergognandose­ne, le annebbia privilegiando la presentazione dei valori umanitari e sociali; che quasi non parla più della «vita eter­na» e del «mondo che verrà»; che non canta la gioia e la fie­rezza dell’appartenenza ecclesiale, e anzi pare che se ne senta imbarazzata, non corrisponde alle richieste più intime e sostanziali dell’uomo di tutti i tempi. (Guai a me)

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