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mercoledì 14 agosto 2013

L'idea di Fraternità

L'idea di Fraternità

Appunti da una conversazione con don Giussani al Consiglio di presidenza di Cl, 5 ottobre 1993

Lo spunto della discussione di oggi mi ha fatto ricordare l’origine dell’idea di Fraternità.
Già allora (negli anni Settanta, ndr) si facevano le assemblee responsabili. Normalmente in quel tempo si facevano vicino a Varese (a Leggiuno, alla Domus Mariae). Erano circa 250 persone. Una domenica di quelle, ebbi quest’idea, fui colpito da quest’idea: sono grandi, sono maturi, sono adulti, hanno la responsabilità di botteghe, di fabbriche, hanno la responsabilità di iniziative di lavoro, hanno la responsabilità di uffici, soprattutto hanno la responsabilità della famiglia, che è l’azienda più importante per la natura, e non debbono avere responsabilità, non devono sentire responsabilità matura per la loro santità?
Questa fu la prima idea che mi venne in mente. Se ricordate, lo dissi esplicitamente: siete adulti, come avete la responsabilità di cose umane, di incrementare cose umane, così dovete avere responsabilità del vostro cammino verso il destino. Responsabilità: perciò, non più curati come bambini, organizzati come ragazzi o messi in moto come universitari. Dovete vivere il vostro cammino umano verso il destino, che si chiama cammino di santità, dovete rendervene conto voi e assumerlo come vostra responsabilità!
E la seconda idea fu questa. Il movimento ci ha abituato a percepire la metodologia cristiana in ogni avvenimento di impegno e di realizzazione della persona. Ora, il metodo cristiano di avvenimento della persona è quello della comunionalità: è solo se la persona si "traduce", traduce se stessa, in una comunione vissuta e perciò in una comunità, che il suo sforzo può essere sostenuto. Allora io propongo che la vostra vita sia caratterizzata da questo fenomeno: che vi mettiate liberamente insieme formando un gruppo (per non dire sempre la parola "comunità"), l’origine del quale può essere di qualsiasi tipo: amicizia, conoscenze, preferenze, vicinanza di lavoro, prossimità occasionale, locale, parrocchiale. Vi ricordate che avevo detto quasi testualmente così? Vi mettete insieme, un prete in questo caso può appartenere al gruppo come uno tra gli altri, prevalendo in lui il fatto del Battesimo, non il fatto dell’Ordinazione, e così si aiuta sul serio di più lui stesso.
Il gruppo non può essere enorme: 20-25 persone; dev’essere libero e spontaneo. Il contenuto del vostro riconoscimento di gruppo dev’essere, l’uno vedendo l’altro, sentire la necessità di aiutarvi perché la vostra fede cammini. Perciò tutta quanta la realtà di valore del gruppo deve consistere nella stima e nell’amore che ognuno deve portare all’incremento della fede dell’altro.
Questo deve portare come conseguenza: primo, la preghiera comune, che preghiate insieme, anche un’ Ave Maria alla settimana, per modo di dire, ma che preghiate insieme, che ci sia un’espressione di preghiera comune; in secondo luogo, lapprofondimento della conoscenza della fede, perciò la Scuola di comunità; in terzo luogo, la carità vicendevole: se vedete uno che sta male, non potete almeno non telefonargli, dopo; se uno ha il papà molto vecchio e non sa come fare, dovete per forza cercare di aiutarlo.
È la stessa identica idea che, dal punto di vista sociologico, abbiamo trovato nel famoso pezzo di MacIntyre che abbiamo letto all’inizio di quest’anno*. La stessa idea. Avevo detto allora: il moltiplicarsi di questi gruppi è il radicarsi del movimento nella società, è influenza nella società.
Come uno di voi ha ricordato, dapprima ho detto la cosa in modo massimalista, vale a dire come se un gruppo di Fraternità dovesse essere un gruppo di gente decisamente votata a questo. Poi, siccome nessuno «si votò», passarono mesi e raduni senza che nulla cambiasse. Allora sono passato al rilancio della cosa in termini assolutamente minimalisti: «Mi raccomando la Fraternità almeno come iscrizione. Per vivere la Fraternità bisogna iscriversi e - seconda idea che avevo raccomandato -, almeno come espressione che rappresenti il distacco dalle cose terrene e l’amore alle celesti o povertà, come si dice in termini cristiani, dare l’obolo al fondo comune mensile: iscriversi e dare l’obolo al fondo comune mensile, mantenendo prima di tutto la preghiera in comune e in secondo luogo l’obbedienza alle direttive del movimento, cioè lo stare nell’alveo del movimento».
Così si fecero i gruppi di Fraternità, si moltiplicarono (non so quanti ce ne siano, centinaia e centinaia), si fecero regolarmente le iscrizioni, si fecero gli Esercizi spirituali tutti gli anni, con crescente buon esito, si incominciarono i ritiri mensili, ora qua ora là.
Ma è da un mese, da circa un mese, che è come scoppiata una stella cometa sulla capanna di Gesù Bambino; da quando venne una donna, che è magistrato, a dirmi che lei e alcune sue amiche (e magari, chissà, anche i loro mariti) volevano fare un gruppo come una casa del Gruppo Adulto: non mettersi insieme in una casa, ma avere una regola e una direzione (lei veramente mi ha detto: «Un prete che ci dirigesse», il che non è uguale al Gruppo Adulto). Per voi sarà una stupidaggine, ma io sono rimasto colpitissimo dalla cosa, perché questo era ritornare al massimalismo iniziale, era il segno che era cresciuto di molto il livello sia pur sotterraneo del desiderio del bene tra di noi, era il segno che il movimento aveva fatto crescere un seme, aveva fatto crescere delle coscienze. Mi è venuta l’evidenza: se questo andamento si moltiplicasse, si incrementasse!
Questo è un vero revival, nel senso stretto della parola. Sicuramente c’è qualche altro caso, ci sono altri casi. Dunque, dobbiamo pregare Iddio e impegnarci innanzitutto a incrementare questa realtà, che non possiamo incrementare se non facendone parte: non predicando, ma facendone parte. La differenza con l’inizio della Fraternità è che non è più possibile l’ambiguità: o c’è o non c’è, uno non si può illudere di farla, quando non la fa. Allora ci si poteva illudere.
Perciò, case del Gruppo Adulto, case dedicate a Dio, Fraternità: è lo stesso, l’identico fenomeno. È il Battesimo che fa diventare così maturi da essere protagonisti nel mondo di una nuova realtà umana. Ho sempre detto: se quelli del Gruppo Adulto diventassero 100mila, l’Italia ne sarebbe un po’ scossa. Ma non era lo stesso ragionamento, questo è più globale. Dobbiamo pregare la Madonna che ci faccia la grazia di diventare testimoni almeno dell’inizio di questo revival: è solo da questo, come dice il sociologo MacIntyre, che può nascere un argine alla barbarie rinascente.

* Alasdair MacIntyre, riguardo alla situazione europea del tardo impero, fa notare quanto segue: «Un punto di svolta decisivo in quella storia più antica si ebbe quando uomini e donne di buona volontà si distolsero dal compito di puntellare l’imperium romano e smisero di identificare la continuazione della civiltà e della comunità morale con la conservazione di tale imperium. Il compito che invece si prefissero fu la costruzione di nuove forme di comunità entro cui la vita morale potesse essere sostenuta, in modo che sia la civiltà sia la morale avessero la possibilità di sopravvivere all’epoca di incipiente barbarie e di oscurità»
(A. MacIntyre, Dopo la virtù, Feltrinelli, Milano 1988, p. 313).


[da «Tracce - Litterae Communionis», (edizione speciale), maggio 2002, pp. 1 e 4]

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