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martedì 23 dicembre 2014

Preghiera di residenza in Tapisserie de Notre-Dame


Preghiera di residenza in Tapisserie de  Notre-Dame
                                  ***                            

O regina, ecco, dopo la lunga via,
Prima di riandare per quel cammino,
Il solo asilo nel cavo della vostra mano
E il giardino dove l’anima si schiude.


Ecco il pilastro e la volta che si alza;
E l’oblio di ieri, e l’oblio di domani
E l’inutilità dei calcoli umani;
E più che il peccato, la saggezza in rovina.

Ecco il luogo del mondo ove tutto diviene facile,
Il rimpianto, la partenza e anche l‘avvenimento,
E l’addio temporaneo e la separazione,
Il solo angolo della terra ove tutto si fa docile.
[...]
Ecco il luogo del mondo ove la tentazione
Si rovescia e si dispone all’inverso,
Perché qui ciò che tenta è la sottomissione;
Ed è l’oscurarsi nell’immenso universo.
[…]
È la ribellione a divenire impossibile
E ciò che viene è l’abbandono.
Ed è la modestia che diviene invincibile
E tutto non è che saluto e riverenza.
[…]
E ciò che dappertutto altrove è
un’oppressione
Qui non è che l’effetto di un nobile
annientarsi,

Ciò che dappertutto altrove è un indaffararsi
Qui non è che eredità e successione.
[…]
Ciò che dappertutto altrove è la vecchiaia
Seduta al focolare, le mani sulle ginocchia
Qui non è che tenerezza e premura
E due braccia materne che si tendono a noi.
[…]
Abbiamo battuto strade così lontane
Non abbiamo più gusto per terre straniere.
Regina dei confessori, delle vergini e degli angeli
Eccoci tornati ai nostri primi villaggi.


Ce ne han dette tante, o regina degli apostoli,
Abbiamo perso il gusto per i discorsi
Non abbiamo più altari se non i vostri
Non sappiamo nient‘altro che una preghiera semplice.
[…]
Ciò che dappertutto altrove richiede un esame
Qui non è che l’effetto di un’inerme giovinezza.
Ciò che dappertutto altrove chiede un rinvio
Qui non è che una presente fragilità.

Ciò che dappertutto altrove richiede un attestato
Qui non è che il frutto di una povera tenerezza.
Ciò che dappertutto altrove chiede un tocco di
destrezza
Qui non è che il frutto di un’umile inettitudine.

Ciò che dappertutto altrove è squilibrio
Qui non è che misura e gradazione,
Ciò che dappertutto altrove è una baracca
Qui non è che una solida e durevole dimora.
[…]
Ciò che dappertutto altrove è costrizione di regola
Qui non è che un impeto e un abbandono;
Ciò che dappertutto altrove è una dura penale
Qui non è che una debolezza che viene sollevata.
[…]
Ciò che dappertutto altrove sarebbe un duro sforzo
Qui non è che semplicità e quiete;
Ciò che dappertutto è la scorza rugosa
Qui non è che la linfa e le lacrime del tralcio.
[…]
Ciò che dappertutto altrove è una ritorsione
Qui non è che distensione e inermità;
Ciò che dappertutto altrove è una contrazione
Qui non è che coinvolgimento calmo e silenzioso.

Ciò che dappertutto altrove è un bene deperibile
Qui non è che quieto e veloce disimpegno;
Ciò che dappertutto altrove è un impettirsi
Qui non è che una rosa e un’impronta sulla sabbia.
[...]
Ciò che dappertutto altrove si questiona e si prende
Qui non è che un fiume chiaro vicino alla sorgente;
O regina, è qui che ogni anima viene
Come un giovane guerriero caduto nella corsa.

Ciò che dappertutto altrove è una strada erta,
O regina che regnate nella vostra alta corte,
Stella del mattino, regina dell’ultimo giorno,
Ciò che dappertutto altrove è la mensa pronta,

Ciò che dappertutto altrove è il senso della strada
compiuta
Qui non è che un pacifico e forte distacco,
E in un tempio calmo e lontano dalla piatta angoscia
L’attesa di una morte più viva della vita.

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