Repubblica 27.5.15
SolgenitsynPerché la ribellione alla menzogna è la vera resistenza
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“Dopo i periodi di violenza i regimi usano le bugie come armi”: l’analisi attualissima del Nobel russo
“Se invece ci facciamo vincere dalla paura smettiamo almeno di lamentarci”
di Aleksandr Solgenitsyn
IL TESTO Il brano inedito in Italia che qui pubblichiamo è un estratto
del testo Vivere senza menzogna! scritto da Aleksandr Solgenitsyn il 12
febbraio 1974 a Mosca E ora pubblicato, insieme ad altri testi dello
scrittore premio Nobel russo, nella raccolta Il respiro della coscienza
(Jaca Book pagg. 236 euro 20) in libreria da domani
Ci siamo così irrimediabilmente disumanizzati che per la modesta
pappatoria di oggi siamo disposti a dar via tutti i nostri princìpi,
l’anima, tutti gli sforzi dei nostri predecessori e le opportunità dei
nostri posteri — qualsiasi cosa pur di non arrecare turbamento alla
nostra precaria esistenza. Non sappiamo più cosa siano l’orgoglio, la
fermezza, un cuore fervido. Non ci spaventa nemmeno la morte nucleare,
la terza guerra mondiale (ci sarà pure un buco dove nascondersi) — una
sola cosa temiamo: di dover fare quei pochi passi che ci separano dal
coraggio civico!
Purché non ci si debba allontanare dal gregge, andandocene un po’ per
conto nostro — e se poi ci ritroviamo senza il filoncino di pane bianco,
lo scaldabagno a gas, il permesso di soggiorno a Mosca? C’è un concetto
capace di assicurarci una vita tranquilla finché campiamo e ce l’hanno
inculcato in tutte le salse ai circoli di educazione politica, finché ci
è entrato bene in testa: l’ambiente, le condizioni sociali, non se ne
esce, l’essere determina la coscienza, e allora cosa c’entriamo noi? Noi
non possiamo farci niente. Possiamo al contrario fare tutto! Ma
preferiamo mentire a noi stessi, per metterci il cuore in pace. Non sono
affatto “loro” i colpevoli di tutto, siamo noi stessi, soltanto noi! Ci
obietteranno: ma in effetti che cosa si può fare concretamente? Ci
hanno tappato la bocca, non ci prestano ascolto, non chiedono il nostro
parere. Come fare per costringere quelli ad ascoltarci? Non c’è comunque
modo di far cambiare loro idea.
La cosa più naturale sarebbe non rieleggerli! — già, se nel nostro paese
ci fossero le rielezioni. Dunque, un circolo chiuso? Davvero senza via
d’uscita? E possiamo solo aspettare passivamente che, di punto in
bianco, qualcosa succeda da sé? Ma quel qualcosa che ci sta addosso non
si scollerà mai da sé, se noi tutti continueremo ad accettarlo,
ossequiarlo e rafforzarlo ogni giorno, se non ci decideremo ad
affrontarlo cominciando da dove è più vulnerabile. Dalla menzogna.
Quando la violenza irrompe nel pacifico consorzio umano il suo volto
arde di tracotante certezza ch’essa espone, grida perfino, sulle proprie
insegne: «Io sono la Violenza! Fate largo, muovetevi o vi metto
sotto!». Ma la violenza invecchia altrettanto rapidamente e di lì a
pochi anni già non è più così sicura di sé e per darsi un contegno, per
rendersi più presentabile si cerca immancabilmente un’alleata ed è la
Menzogna. Infatti la violenza non ha altro modo di mascherarsi se non la
menzogna, e la menzogna non può persistere se non per mezzo della
violenza. E la violenza non ha bisogno di farci sentire tutti i giorni,
su ogni spalla, il peso della propria zampa: essa pretende da noi solo
che ci sottomettiamo alla menzogna, che partecipiamo un giorno dopo
l’altro alla menzogna — e tanto basta per essere sudditi fedeli.
E proprio qui troviamo la chiave, da noi finora trascurata, e invece
così semplice e accessibile, per la nostra liberazione: la non
partecipazione personale alla menzogna! Se infatti sempre più gente non
vuole avere a che fare con la menzogna, essa inizia a scomparire. Come
una malattia contagiosa, che esiste finché ci sono persone da infettare.
Non ci viene chiesto di scendere in piazza, non siamo abbastanza maturi
per proclamare in pubblico la verità, esprimere ad alta voce quel che
pensiamo — non fa per noi, troppo rischioso. Ma almeno rifiutiamoci di
dire quello che non pensiamo. Presa coscienza del limite oltre il quale
inizia la menzogna (e la sensibilità al riguardo è soggettiva) —
ritrarsi da questa cancrenosa frontiera! E allora ciascuno di noi si
faccia coraggio e scelga: o restare servo cosciente della menzogna (oh,
certo, non perché vi sia propenso, ma per mantenere la famiglia, per
tirare su i figli, e nello spirito della menzogna!) oppure decidere che è
giunto il momento di riscuotersi, di diventare una persona onesta che
merita il rispetto dei figli e dei contemporanei. (...) Sì, all’inizio
non sarà facile. Qualcuno perderà temporaneamente il lavoro. Ai giovani
che vogliono vivere secondo verità questo complicherà parecchio fin
dall’inizio la loro giovane esistenza: infatti anche le verifiche a
domande e risposte sono infarcite di menzogna e bisogna scegliere. Ma
per nessuno che voglia mantenersi onesto rimangono comunque scappatoie
di sorta: non c’è giorno, per nessuno di noi, neanche nelle più
inoffensive scienze tecniche, nel quale non si debba scegliere in che
direzione andare: verso la verità o verso la menzogna, verso
l’indipendenza dello spirito o il servilismo spirituale. E chi non avrà
avuto coraggio bastante neanche per difendere la propria anima eviti
perlomeno di menar vanto per le proprie idee progressiste, non si
pavoneggi dei suoi titoli di accademico, artista del popolo, benemerito
di questo o di quello, o generale e dica semplicemente a se stesso: sono
una bestia e un vigliacco, voglio solo restarmene al calduccio e a
pancia piena.
Per gente come noi intorpidita dall’inazione, perfino questa via — la
più moderata tra le varie forme di resistenza — risulterà tutt’altro che
facile. Più facile comunque, senza paragoni, dell’immolarsi col fuoco o
anche di uno sciopero della fame: le fiamme non ti avvolgeranno le
membra, gli occhi non ti scoppieranno per il calore e un po’ di pane
nero e un bicchiere d’acqua potabile si troveranno sempre per la tua
famiglia. Quel grande popolo d’Europa che abbiamo ingannato e tradito —
il popolo cecoslovacco — non ci ha forse mostrato che un petto inerme
può resistere anche ai carri armati se in esso batte un cuore degno?
Sarà una via irta di ostacoli? — però la meno gravosa di quelle
possibili. Una scelta non facile per il corpo — ma l’unica per l’anima.
Una via non facile — tuttavia anche da noi ci sono persone, decine di
persone, che da anni si attengono a questi criteri, vivono secondo
verità. Non si tratta allora di avviarsi per primi su questa via ma di
unirsi a chi l’ha già fatto! Quanto più numerosi e concordi saremo
nell’intraprenderla, tanto più agevole e breve ci sembrerà! Se saremo
migliaia, non potranno tenerci testa, neanche ci proveranno. Se
diventeremo decine di migliaia, il nostro paese cambierà talmente da non
riconoscerlo più.
Se invece ci facciamo vincere dalla paura, smettiamo almeno di
lamentarci di quelli che ci toglierebbero anche l’aria per respirare —
siamo noi stessi a farlo! Incurviamo ancor di più la schiena, aspettiamo
di vedere come va, e i nostri amici biologi contribuiranno ad
avvicinare il giorno in cui potranno leggerci nel pensiero e
riprogrammare i nostri geni.
Se anche stavolta ci lasceremo vincere dalla paura vorrà dire che siamo
delle nullità, che per noi non c’è nessuna speranza e che ci meritiamo
il disprezzo di Puškin: «A che pro alla mandria della libertà i doni?...
/ Il loro sol retaggio da generazioni / Sono il giogo, la frusta ed i
sonagli».
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