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lunedì 20 aprile 2020

S.BENEDETTO E LA CIVILTA'

S. BENEDETTO E LA CIVILTA'
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LEO MOULIN
Cari amici, nell'anno stesso in cui S. Benedetto muore, gli Ostrogoti hanno espugnato la città di Roma: ormai è un impero che crolla, è una civiltà che si spegne e, nell'anno 568, i Longobardi entrano in Italia. E questo l'evo delle tenebre che ormai si schiudono sull'intera Europa; sopravvivono in questo caos spaventoso qualche isola di romanità, qualche tradizione imperiale e soprattutto il Cristianesimo, unica forza viva dell'epoca. Sopravvive la Chiesa che durante il V, Vi secolo, e riuscita a creare più di cento sedi episcopali e soprattutto i discepoli di San Benedetto. Egli è morto nel 547, la sua regola e stata scritta fra il 525 ed il 535, un minuscolo volume di cinquemila parole con 73 capitoli, e sono i rari uomini ispirati dal suo verbo e raggruppati prima della sua morte attorno a lui che riusciranno a salvare l'Europa e che certo meriteranno il termine e l'appellativo di Padri dell'Europa. Gli specialisti sono concordi nel ritenere che essi hanno avuto un ruolo decisivo nella ricivilizzazione dell'Europa. Io voglio crederlo, dopo aver studiato il problema per anni e anni; questa parte che hanno avuto i benedettini e i monaci, in genere nella elaborazione dell'Europa è assai importante. Si tratta di una sequenza di motivi dapprima naturali: vogliono veramente isolarsi dalle città o da ciò che rimane delle città, da tutto ciò che è stato annientato e che non rappresenta più un focolare di civiltà; vogliono creare una civiltà dei Monastero, un'economia basata sul monastero e questo per motivi di fede principalmente. Si ha qui un rovesciamento della tesi marxista; nel caso dei benedettini, infatti, la struttura è religiosa, la sovrastruttura è conseguenza socioeconomica. C'è poi una certa dispersione di questi monaci nell'Europa intera, dal fiume Vistola fino al Guadalquivir, dal Nord della Scozia fino al Sud, fino alla Sicilia e persino in Siria. Questa distribuzione avviene per trasmettere, per inculcare una serie di valori, di tecniche, d'esperienze, di regole di condotta, d'innovazioni, d'insegnamenti religiosi, artistici, morali, intellettuali e persino il modo di comportarsi a tavola, il galateo, che ormai sono diventati un'abitudine comune. In fin dei conti i monaci benedettini costituiscono un'assistenza tecnica efficace, efficiente, super-razionale, gratuita nei confronti dei contadini che sono la stragrande maggioranza della popolazione dell'epoca. Il modo di vivere dei frati benedettini, l'ascetismo, il lavoro, l'ora et labora, che diventerà il loro motto, aiuterà, impressionerà, una nuova civiltà dell'Europa intera. Proviamo un attimo ad immaginare come si può produrre questo ciclo di nuova civiltà. Pensiamo ad un Monastero, un'Abbazia con 25-40 membri: un certo numero di questi emigrano a due, tre, quattro giornate di cammino o persino di più, e là dove si impianteranno questi insediamenti, dureranno per sempre fedeli al loro ruolo e alla loro dimensione di stabilità. Cosa fanno? Pregano innanzi tutto, pregano perché San Benedetto dice: "nulla deve essere fatto prima dei servizio di Dio" - e per obbedire a questa regola, ovviamente si deve vivere, quindi costruiscono; vivere per costruire, costruire questa fantastica preghiera di pietra che sono i Monasteri dei benedettini nel mondo intero. Due secoli, e in due secoli una serie di capolavori architettonici che ancora oggi ci sconvolgono, le cucine, le cantine, il dormitorio; tutto è bello, tutto è segnato dal sigillo della bellezza. Devono nutrirsi, alimentarsi - tanti monaci sono morti di fame, bastava che la messe fosse andata male ed era la condanna a quell'epoca; quindi lavorano nei campi, creano praterie per il bestiame, lavorano i vivai, praticano l'apicoltura, perché ci vuole parecchia cera per dare un po' di luce nella chiesa e nella casa di Dio. Procedono ad uno sfruttamento intelligente delle foreste, talmente importanti come materia prima nel Medioevo, lavorano anche nell'ambito della vigneticoltura, ne sono i primi diffusori in Francia, in Inghilterra, in Belgio, in Germania; forse un po' meno in Italia. Diffondono la coltura della vigna non perché, come dicono le malelingue, amano la tavola, ma perché il vino è necessario per celebrare la messa. 
I monaci sono agenti di diffusione della tecnologia; possediamo un testo dei decimo secolo, dove i frati decidono di impiantare un mulino ad acqua e il motivo è molto bello, molto attuale direi, per avere più tempo da dedicare alla preghiera. La tecnica è al servizio dell'uomo. Un altro aspetto bellissimo si trova nella regola di San Benedetto; dopo che io ho riletto tante volte la regola, dopo tanti anni, sono capitato su questa frase: "conservare ad ognuno e ad ogni momento il controllo degli atti propri".
Si ha qui la creazione dell'uomo moderno: non si può essere distratti, non si può essere assenti nei confronti di se stessi; ognuno deve essere un uomo ancorato, radicato nella realtà attuale e il monaco è punito se si distrae. Altro aspetto importante, e mi sono interessato a questo aspetto perché mi interesso alla sociologia della alimentazione, è che i monaci benedettini sono anche all'origine della moderna dietetica e persino della gastronomia; perché essi praticano una vita di povertà anzi di mortificazione, digiuni, astinenza di ogni tipo e lavorano, quindi si costituiscono delle provviste, delle riserve, cose che non si trovano mai nel contadino o nel signorotto dei luogo. Con il latte fanno i formaggi, i grandi grossi formaggi francesi sono di origine benedettina; con il miele si fa l'idromelo, una bevanda; con i cereali sì fa la birra, la cervesia; con la frutta il cedro, oppure liquori a base di frutta, con il vino si fa anche il vermut. Sono loro i primi che hanno avuto l'idea di introdurre nel vino - come lo faceva l'intero Medioevo di loro - le erbe più importanti, come l'assenzio che in tedesco in origine si chiama vermut e che ha dato il nome al liquore; c'è persino stato un Ordine, un Ordine Veneto, i Gesuati, che si chiamava gloriosamente "padri acquavite", cosa abbastanza simpatica. E conoscete tutti la famosa "Chartreuse"; sono loro poi che hanno sfruttato per primi le piante medicinali per farsi delle provviste di acquavite; non era una leccornia a quell'epoca, bensì un atto di carità, una cosa medicinale. Anche il buon vivere a tavola è stato creato dai benedettini; l'idea di mangiare sul tavolo con una tovaglia era un atto straordinario nel Medioevo, praticamente la si trova soltanto da loro, dai monaci, l'idea dei mangiare, intesa non soltanto come nutrimento ma anche come un atto di comunione, di ringraziamento. L'idea che si deve mangiare in modo più umano e più pulito è un'idea dei benedettini; essa si trova nei testi di San Benedetto. Ho ritrovato una frase dell'817, quindi in piena epoca Carolingia, che dice: "ognuno (l'abate in questo caso) nel refettorio sia prova di umanità", cioè deve comportarsi come un uomo, per mangiare e per bere; la coppa è presa con ambedue le mani e poi tutto va raccolto (è un'usanza ancora attuale tra i frati).Con queste briciole si faceva una specie di pappa il sabato, con un po' di miele e latte, che doveva assomigliare a una specie di budino liquido, perché andava mangiato con un cucchiaio. C'è pure il lavoro intellettuale, che è più conosciuto; sappiamo tutti che copiavano e ricopiavano manoscritti, che tutto ciò che possediamo oggi di opere dell'evo antico ci è stato tramandato dai lavoro dei monaci, in condizioni di cui oggi non possiamo nemmeno avere un'idea. La maggior parte infatti dei Monasteri dell'epoca non aveva nessun modo di riscaldarsi se non in cucina dove era permesso entrare non per scaldarsi ma per sciogliere l'inchiostro gelato. I libri erano la grande preoccupazione dei monaco. Nel corso di un incendio di un Monastero di Certosini, il padre priore ha avuto soltanto una preoccupazione, ha urlato: "ad libro", cioè i monaci dovevano salvare i libri. Anche quando è arrivato l'evo della stampa i monaci sono stati tra i promotori della previdenza sociale nel Medioevo. Hanno creato Ospedali, le Ladronies, dove si rifugiavano gli ammalati e i lebbrosari. Vorrei, per concludere, indicarvi un altro aspetto della vita dei Monastero che, certo, è meno conosciuta. Sono loro ad avere inventato, gettato le basi, dello spirito democratico. Ogni volta che un problema importante va studiato - dice San Benedetto - l'abate deve consultare la comunità ed è la comunità a decidere, a dare il parere perché sta alla base decidere. Il Capitolo generale di Citeaux è praticamente un primo abbozzo perfetto, nato un secolo prima, della Magna Charta inglese, che e alla base dei regime parlamentare europee) Altri principi sono ancora alla base della mentalità democratica, l'idea che ciò che riguarda tutti deve essere dibattuto, discusso da tutti. Un altro principio sempre applicato, almeno fino a che il mondo civile, quello dei principi, dei re, degli abati, dei vescovi non è intervenuto nella vita privata delle Abbazie, era il principio secondo cui alla testa dell'Abbazia deve trovarsi colui che è stato eletto dai monaci, i quali poi gli sono sottomessi. Le tecniche oratorie e deliberative, lo scrutinio, il ballottaggio, lo scrutinio segreto, il voto a maggioranza semplice, a maggioranza assoluta, il voto con i due terzi dei voti - tra il V e VI secolo fino al XIII secolo - sono state un'invenzione esclusiva della Chiesa e, più particolarmente, degli Ordini religiosi e dei benedettini che dovevano regolarmente eleggere l'abate, oppure decidere su cose fondamentali. Quindi, quelle che io chiamo tecniche elettorali, sono di origine monastica e non di origine romana; ormai erano secoli che Roma non aveva più utilizzato queste tecniche elettorali, e la Grecia era praticamente sconosciuta. Per quanto riguarda i Comuni, in Italia o in Fiandra, essi sono venuti dopo, e le tecniche comunali che ho potuto enucleare sono assai primitive, quindi dobbiamo attribuire l'uso di tecniche deliberative agli Ordini religiosi, in particolar modo ai Benedettini che praticamente erano gli unici esistenti tra il VI ed il XIII secolo, data di apparizione degli ordini mendicanti. Dobbiamo ascrivere a loro l'apparire di un Ordine sanamente e prettamente democratico. Tutta questa vita si svolge in un ambiente molto civilizzato; in fondo - ciò che oggi stupisce è che gli unici ad essere veramente civili e ad avere rapporti fraterni gli uni con gli altri, sono i monaci. Ciò spiega come tanti cavalieri che sognavano di battaglie gloriose, fermandosi per caso in un'Abbazia, finiscono coi rimanere fino alla fine della loro vita. Le esigenze più radicali della fede si univano alla dolcezza di vivere con i monaci. C'è tutta una serie di regole e di raccomandazioni di San Benedetto, che sono le più attuali, le più belle che si possano immaginare; ad esempio - amare i giovani -, San Benedetto spesso ritorna su questo tema, amare i giovani, ascoltare i giovani, perché Dio spesso parla con la bocca dei più giovane. Bisogna venerare i vecchi, gli avi, praticare la carità fraterna, cercare di aiutarsi gli uni e gli altri (cap. 72), obbedirsi a vicenda e poi: "rientrare in pace prima dei crepuscolo, vivere in un ambiente cortese, educato, dove regna la dolcezza, una spiritualità profonda, una vita di preghiera, di meditazione, una vita equilibrata, una vita di lavoro". In fondo, quindici secoli orsono, San Benedetto aveva già stabilito quell'equilibrio che troviamo oggi nella nostalgia dell'uomo moderno, il quale nella casa di campagna cerca la pace dei cuore, un po' di lavoro manuale, un cibo sano, il silenzio, un albero, un uccello che canta. Credo obiettivamente, scientificamente, che da un punto di vista sociale ed economico, e da un punto di vista religioso a maggior ragione, i benedettini siano stati i padri dell'Europa.

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