Qual era la colpa di Bernadette? Animata dallo Spirito, rifuggiva gli angusti e tetri canoni ascetici dell’epoca, rivendicando spazi di libertà. Come racconta su ilLibraio.it il biblista Alberto Maggi
A proposito di Lourdes è stato detto che “la prova migliore dell’apparizione è Bernadette stessa”. Ma chi è Bernadette Soubirous? “Sarà una peste!”, esclamò il giorno del battesimo il padrino di Bernadette, in quanto la piccolina pianse disperata per tutto il tempo della celebrazione. Nessuno avrebbe mai immaginato che la venuta al mondo di Bernadette sarebbe stata un autentico terremoto per tutto il piccolo paese, allora sconosciuto, di Lourdes.
Per scoprire Bernadette, occorre liberarla dai pii detriti che hanno soffocato la sua splendida figura e l’hanno trasformata in un santino. Era una nanerottola (non arrivava neanche al metro e mezzo), dalla testa troppo grande, malaticcia, analfabeta, così tarda di comprendonio da non essere stata ammessa alla prima comunione perché non riusciva a imparare le formule del catechismo, tanto imbranata da non sapere neanche che età avesse (tredici… o quattordici anni). Una ragazzina non più devota delle altre, primogenita di una famiglia emarginata, nota per l’enorme miseria. Bernadette è nata, infatti, nella famiglia più indigente di Lourdes, tanto povera da non avere neanche un’abitazione e costretta a vivere in una cella dell’ex carcere che era stata abbandonata perché insalubre. Con un padre finito in galera con l’imputazione di furto aggravato (ma poi assolto), e una madre della quale, si legge nel rapporto del Procuratore Imperiale, “È a tutti notorio che questa donna si abbandona all’ubriachezza”.
Neanche i suoi parenti godono di buona fama: due sue zie erano state scacciate dalle “Figlie di Maria” per essere rimaste incinta prima del matrimonio. A dispetto dei tanti ritrattini ascetici che le saranno costruiti addosso ancora vivente, Bernadette, ragazza normale che non disdegnava il vino (abitudine che probabilmente le era venuta quando da piccola serviva al bancone dell’osteria di sua zia), verrà apostrofata come “ubriacona”, “sgualdrina”, “puttanella”, al suo primo interrogatorio.
A quanti si meravigliavano scandalizzati e increduli che la Madonna potesse apparire a una nullità come Bernadette, lei candidamente rispondeva: “Se la santa Vergine ha scelto me, è perché ero la più ignorante. Se ne avesse trovata un’altra più ignorante, avrebbe scelto lei”.
In Bernadette trova conferma il metodo di Dio, che per le sue azioni sceglie sempre ciò che agli occhi degli uomini non è degno di stima (1 Cor 1,27), e la sua risposta riecheggia quella di Francesco d’Assisi: “[Dio] non ha veduto fra li peccatori nessuno più vile, né più insufficiente, né più grande peccatore di me; e però a fare quell’operazione maravigliosa, la quale egli intende di fare, non ha trovato più vile creatura sopra la terra…” (Fioretti, X).
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L’episodio che doveva cambiarle la vita avvenne l’11 febbraio del 1858, in un luogo malfamato, pascolo di porci, la grotta di Massabielle, dove si era recata insieme alla sorellina e a un’amica per raccogliere legname per il focolare. La descrizione iniziale fatta da Bernardette richiama un’esperienza dello Spirito: tutto è cominciato con “un rumore come un colpo di vento”, come per la Pentecoste (“Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo…”, At 2,2).
Indubbiamente un’intensa esperienza dello Spirito, del divino nel quale sono tutti immersi ma che pochi riescono a percepire. Il messaggio delle apparizioni, rivolto esclusivamente a Bernadette, è un invito alla conversione, tema evangelico per eccellenza, e in lei si adempiono le parole di Gesù “Ai poveri è predicata la buona notizia” (Mt 11,5). La disinvoltura dimostrata da Bernadette di fronte ai ben trentamila interrogatori ai quali fu sottoposta, rimanda alla promessa di Gesù: “Non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi” (Mt 10,19-20). Donna dello Spirito, e quindi libera (2 Cor 3,17), Bernadette è sempre stata se stessa. Lei, ignorante, non si è fatta mai mettere soggezione da nessuno, fosse anche un vescovo (“Devo di nuovo andare in parlatorio…. Sapeste quanto mi costa! Specialmente se si tratta di vescovi!”).
Quando era già suora, un vescovo in visita al convento si faceva baciare l’anello dalle suore, con l’intenzione di farselo baciare da Bernadette. Lei capì, e si defilò. Una consorella le fece notare che così aveva perduto i quaranta giorni d’indulgenza concessi per il bacio dell’anello, e Bernadette pronta, replicò con una giaculatoria (“Gesù mio misericordia!”), e disse, “Ecco, così sono trecento!”. Un altro vescovo, per poter avere una reliquia della veggente ormai inferma, fece in modo che il suo zucchetto cadesse sul letto di Bernadette… se lei l’avesse preso e dato, il vescovo avrebbe avuto il suo zucchetto toccato dalle mani di colei che aveva visto e parlato con la Madre di Dio. Ma Bernadette restò imperturbabile. Il vescovo allora fu costretto a prendere l’iniziativa: “Sorella, volete restituirmi il mio zucchetto?”. E Bernadette: “Monsignore, io non ve l’ho mica chiesto… potete riprendervelo voi!”.
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Nel messaggio del 28 febbraio, l’Apparizione disse a Bernadette per tre volte “Penitenza… penitenza… penitenza!”. La penitenza Bernadette la fece quando entrò dalle suore di Nevers, un convento dove andavano le figlie della borghesia e dove, per essere ammesse, occorreva portare una ricca dote. Bernadette, poverissima, fu accolta senza entusiasmo, e solo perché fu imposta dal vescovo. In convento capitò sotto le grinfie della maestra delle novizie, madre Marie Thérèse Vauzou, donna tanto pia quanto disumana. Madre Vauzou, che proveniva dall’alta borghesia, e conservava la sua aria aristocratica, altezzosa e fredda, fin dal primo incontro detestò quella rozza pecoraia che millantava di aver visto nientemeno che la Madonna, e non le risparmiò nessuna umiliazione. Alla radice del disprezzo di madre Vauzou verso Bernadette, c’era pura invidia, come traspare da questa sua ammissione: “Se la santa Vergine voleva apparire su questa terra, perché avrebbe scelto una contadina rozza e ignorante, invece di una religiosa virtuosa e istruita. Non capisco come la santa Vergine abbia potuto comparire a Bernadette. Ci sono tante altre anime, così delicate e nobili… Insomma!”.
La stessa madre Vauzou confiderà a una suora: “Tutte le volte che avevo da dire qualcosa a Bernadette ero spinta a dirglielo con acredine… In noviziato avevo delle novizie di fronte alle quali mi sarei inginocchiata, ma non davanti a Bernadette”. Quando, alla fine del noviziato a ogni suora fu affidato un incarico, Bernadette fu l’unica a essere esclusa, perché, disse acida la maestra, “Non è buona a nulla”. Madre Vauzou, sfogava la sua rabbia e frustrazione su questa suora che non riusciva a plasmare secondo il cliché di religiosa ereditato dalla tradizione, Bernadette era animata dallo Spirito, rifiutava di conformarsi ai modelli proposti, e non si adattava alle pie usanze del convento. Alla mistica della sofferenza, imperante all’epoca, Bernadette contrapponeva un sano equilibrio: “San Bernardo amava la sofferenza… io invece la evito più che posso!”. Quando le proposero di imitare una sua consorella che, pur sofferente, chiedeva al Signore di mandarle ancora più tribolazioni, lei replicò: “Mi bastano quelle che già mi manda!”. Del resto Bernadette era talmente maltrattata e disprezzata, che le altre suore dicevano di lei: “Che fortuna non essere Bernadette!”.
C’era indubbiamente della ruggine tra la maestra e la novizia, che sfociava in episodi che, se non fossero drammatici, sarebbero comici, come quella volta in cui Bernadette si aggravò così tanto che si pensò che non avrebbe passato la notte, e le fecero amministrare l’estrema unzione. Bernadette non aveva ancora emesso i voti, e le suore decisero di farglieli pronunciare in extremis, e chiamarono il vescovo per accoglierli. Bernadette, stremata, non aveva la forza neanche per sussurrare le parole di rito, che furono pronunciate dal vescovo, e alle quali lei rispondeva solo con un Amen. Il vescovo benedì la suora morente, le chiese di ricordarsi di lui in paradiso e si allontanò. Presso il letto di Bernadette restò madre Vauzou in attesa di chiuderle gli occhi. Invece, colpo di scena, non appena il vescovo uscì dalla stanza, Bernadette, vispa più che mai, esclamò gioiosa “Cara madre, mi avete fatto fare la professione credendo che sarei morta questa notte, invece, non morirò questa notte!”. Madre Vauzou, anziché rallegrarsi, furibonda, la investì con parole rabbiose: “Come, sapevate di non morire e ci avete fatto disturbare monsignor Vescovo in un’ora così inopportuna?! Siete soltanto una piccola sciocca e vi assicuro che, se non morirete entro domani, vi tolgo il velo di professa e vi rimando in noviziato!”.
Qual era la colpa di Bernadette? È che lei “sa quel che vuole”. Animata dallo Spirito, lei rifuggiva gli angusti e tetri canoni ascetici dell’epoca, rivendicando spazi di libertà. Bernadette, a differenza delle altre novizie fabbricate in serie, era capace persino di protestare e manifestare il suo dissenso, e questo tra le suore era considerato un crimine. Così fu prontamente etichettata come ribelle e caparbia: “Molto spesso mi sento chiamare ostinata… ciò mi umilia, però non riesco a correggermi”. La montanara ruspante, pur ingabbiata nelle rigide strutture conventuali, ha conservato sempre la sua libertà, e si ostinava a seguire la strada dello Spirito, mentre la maestra delle novizie pretendeva farle percorrere quella del conformismo religioso. Per costringerla a questo, come testimoniò una suora al processo, “la maestra non si lasciava sfuggire nessuna occasione per farle subire qualche umiliazione”. La vita tra le suore, per Bernadette fu un autentico martirio. Forse, prevedendo questo, l’Apparizione il 18 febbraio le aveva detto: “Non vi prometto di farvi felice in questo mondo, ma nell’altro”.
Del resto occorre riconoscere che in convento Bernadette non faceva nulla per conservare l’aureola di santità o di guadagnarsi la stima delle consorelle. Suscitò grande scandalo quando le suore scoprirono che tra i pochissimi effetti personali di questa anomala novizia figurava… una fiaschetta di vino! Bernadette, che aveva conservato i suoi antichi gusti di popolana, non faceva mistero del suo gustare un goccio di buon vino, e non essendo sufficiente quel poco che le passavano in convento, doveva farselo portare da casa, e quando si sentiva un po’ giù, un goccio e via! Ma c’era di più, da far svenire la madre maestra e tutte le suore: Bernadette… fiutava tabacco! Sì, proprio come un maschio, o come certe donne di mondo! E nella sua spudorata innocenza, non lo faceva di nascosto, ma pubblicamente, anche durante le lezioni, e tentava persino di corrompere le sue virtuose consorelle offrendo loro qualche presa dalla tabacchiera…
Madre Vauzou, che non aveva mai creduto alle apparizioni, detestò così tanto Bernadette che si deve a lei il ritardo del processo di beatificazione. Bernadette morì nel 1879, ma il processo si aprì solo nel 1907, con ventotto anni di ritardo, perché la maestra aveva detto: “Aspettate che io sia morta!”. Per ironia della sorte, quando ormai anziana, madre Vauzou venne portata al ricovero delle suore a Lourdes e fu collocata in una stanza dalla cui finestra si vedeva la grotta e il flusso crescente di pellegrini, lei si innervosiva e, sempre più stizzita, chiedeva di chiudere le imposte. Gesù ha proclamato beati i perseguitati (Mt 5,10), ma la persecuzione più feroce e dolorosa non viene dai nemici della fede, ma da quelli più vicini: “e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa” (Mt 10,36).
*Le informazioni contenute in questo articolo sono tratte dalla poderosa opera del più grande studioso di Lourdes, René Laurentin, pubblicata in sei volumi (Lourdes, Documents authentiques, Paris, 1966).
L’AUTORE – Alberto Maggi, frate dell’Ordine dei Servi di Maria, ha studiato nelle Pontificie Facoltà Teologiche Marianum e Gregoriana di Roma e all’École Biblique et Archéologique française di Gerusalemme. Fondatore del Centro Studi Biblici «G. Vannucci» a Montefano (Macerata), cura la divulgazione delle sacre scritture interpretandole sempre al servizio della giustizia, mai del potere.
Maggi ha pubblicato diversi libri, tra cui: Chi non muore si rivede – Il mio viaggio di fede e allegria tra il dolore e la vita, Roba da preti; Nostra Signora degli eretici; Come leggere il Vangelo (e non perdere la fede); Parabole come pietre; La follia di Dio e Versetti pericolosi, L’ultima beatitudine – La morte come pienezza di vita, Di questi tempi e Due in condotta.
Maggi ha pubblicato diversi libri, tra cui: Chi non muore si rivede – Il mio viaggio di fede e allegria tra il dolore e la vita, Roba da preti; Nostra Signora degli eretici; Come leggere il Vangelo (e non perdere la fede); Parabole come pietre; La follia di Dio e Versetti pericolosi, L’ultima beatitudine – La morte come pienezza di vita, Di questi tempi e Due in condotta.
Qui tutti gli articoli scritti da Alberto Maggi per ilLibraio.it
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