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sabato 14 agosto 2021

Padre Kolbe

 San Massimiliano Maria Kolbe, O.F.M. Conv.

Religioso · Martire


Quello che colpisce, di questo frate francescano conventuale, è la sua vita piena. Piena di interessi, di studio, di curiosità, di cultura. Ebbe due lauree, una in filosofia e una in teologia, studiò le scienze sociali, si interessò al comunismo, alla tecnologia, al l'astronomia. Fu appassionato della matematica. Fondò in Polonia una città Convento dedicata a Maria con 1000 frati al proprio interno, utilizzando moderne tecnologie di comunicazione, come i giornali e la radio. Stessa cosa creò quando fu missionario in Giappone a Nagasaki. Creo' per i fedeli laici la Milizia dell'Immacolata, sempre fedele a Maria, secondo il carisma francescano che sempre aveva operato per arrivare a definire il dogma dell'Immacolata Concezione.

Poi si imbatte' nel nazismo e ne fu nemico fin dall'inizio. Il campo di Auschwitz praticamente inaugurò lo sterminio con la sua morte, il 14 agosto 1941. Al posto di un giovane padre di famiglia.


II


Memoria di san Massimiliano Maria (Raimondo) Kolbe, sacerdote dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali e martire, che, fondatore della Milizia di Maria Immacolata, fu deportato in diversi luoghi di prigionia e, giunto infine nel campo di sterminio di Auschwitz vicino a Cracovia in Polonia, si consegnò ai carnefici al posto di un compagno di prigionia, offrendo il suo ministero come olocausto di carità e modello di fedeltà a Dio e agli uomini.


San Massimiliano Maria Kolbe, al secolo Raimondo Kolbe (Zdunska-Wola, 8 gennaio 1894; † Auschwitz, 14 agosto 1941) è stato un sacerdote e martire polacco. Frate francescano conventuale, si offrì di prendere il posto di un padre di famiglia, destinato al bunker della fame nel campo di concentramento di Auschwitz. Beatificato nel 1971, nel 1982 è stato proclamato santo da Papa Giovanni Paolo II.


Nato con il nome di Raimondo in una povera famiglia in una zona polacca sotto il controllo della Russia, dal 1907 frequentò la scuola media dei francescani a Leopoli. Il 4 settembre 1910 vestì l´abito francescano. Nel 1912 cominciò a studiare filosofia a Cracovia e nello stesso anno si trasferì a Roma per continuare gli studi.


Nel 1914 professò i voti perpetui e il 22 novembre 1915 conseguì la laurea in teologia presso la Pontificia Università Gregoriana.


Favorito da un carattere molto socievole, Raimondo Kolbe riusciva molto facilmente a creare rapporti di amicizia con la maggioranza dei suoi compagni di seminario, in particolare si potrebbe segnalare quella con Bronislao Stryczny e con Ladislao Dubaniowski. Stryczny fu internato come lui nei campi di sterminio nazista, ma sopravvisse miracolosamente al campo di concentramento nazista di Dachau e finì i suoi giorni il 14 agosto 1941. Quando i confratelli organizzarono una commemorazione per il trentatreesimo anniversario della morte di padre Massimiliano, questo suo amico e compagno di formazione lasciò tra i suoi ricordi una descrizione molto bella del giovane Raimondo:


« Il mio amico si distingueva a scuola per il suo impegno e per il duro lavoro. Anche noi studenti, ma soprattutto gli insegnanti, ci meravigliavamo della sua padronanza della matematica, profonda e davvero non comune: in un batter d'occhio risolveva i problemi più difficili, quelli per i quali non solo noi studenti ma anche gli insegnanti avevano bisogno di molto più tempo e di molte più pagine per trovare la soluzione!

Dire che era gentile con noi è dire poco, ed era pronto ad aiutarci se eravamo in difficoltà con la matematica. Non c'è dubbio che godesse della nostra stima e del nostro affetto!


Già tra il 1907 e il 1910, Raimondo ipotizzò la possibilità di raggiungere la luna con un razzo e si ingegnò in molte altre invenzioni non certo comuni... Da studenti, facevamo insieme molte escursioni sulle colline intorno a Leopoli. Le nostre conversazioni vertevano per lo più su questi argomenti »


(Patricia Treece, Massimiliano Kolbe, il santo di Auschwitz, Edizioni dell'Immacolata, Bologna 1999, p. 20)

Un altro amico di studi, Ladislao, poi, lasciò di lui una bella testimonianza sullo spirito di fede e di orazione di Kolbe:


« Parlavamo molto del futuro della Polonia, discutendo tra le altre cose, di come liberare Leopoli. Penso che lui si distinguesse da noi per il modo eccezionale con cui si dedicava alle sue pratiche religiose, per il modo che aveva di pregare il rosario o di adorare il Santissimo Sacramento. Ricordo che di norma si inginocchiava sempre in prima fila per evitare le distrazioni causate da altri compagni.

Nelle difficoltà non si abbatteva e non cadeva mai nello sconforto; al contrario, diceva con gioia: "La prossima volta tutto andrà meglio". Sono convinto che questa capacità non venisse da una predisposizione mentale (anche se credo che avesse un temperamento sereno e gioioso), ma dalla sua profonda fiducia nella Madre di Dio.


Quando era provato nel corpo e nello spirito, non lo faceva mai vedere, si controllava perfettamente. Potrei dire che era eroico »


(Patricia Treece, op.cit., p. 21.)

Nel cammino vocazionale, lui e il fratello ebbero qualche ripensamento, ma nell'incertezza intervenne anche la loro mamma. In una delle sue visite accadde qualcosa di misterioso. Nessuno sa quello che disse Maria Dabrowska Kolbe, fatto sta che i ragazzi tornarono sui loro passi: Raimondo iniziò il noviziato e gli fu dato il nome di Massimiliano, senza avere il minimo rimpianto. Durante l'anno scolastico 1910-1911, i superiori assegnarono a padre Bronislao, più anziano e con esperienza, il compito di occuparsi del suo compagno di stanza Massimiliano, durante l'ultimo attacco di scrupoli, manifestatosi in maniera improvvisa e violenta. A lui fu detto di aprirsi completamente ai consigli di Padre Bronislao, del quale faceva bene a seguire ogni minimo consiglio. La cura ebbe il successo sperato.


Il 15 settembre 1911 Massimiliano e gli altri novizi emisero i voti temporanei come francescani conventuali. I suoi superiori apprezzarono le doti intellettuali del giovane Kolbe che fu inviato a Roma per perfezionarsi negli studi. Nei primi tre anni trascorsi alla Pontificia Università Gregoriana, si dedicò alle scienze e alla matematica, compresa la trigonometria, la fisica e la chimica, poi allo studio della filosofia e della teologia, grazie alle quali conseguì due lauree, una nella sede dell'università stessa e l'altra al Collegio Internazionale Francescano.


Negli studi universitari mostrava un acume davvero eccezionale: Uno dei suoi insegnanti Padre Domenico Stella[1].


Un altro professore, Padre Leone Cicchino, lo chiamava sorridendo, "un vero impiastro, uno che, più vai avanti, più ti assedia con un' infinità di domande". Poi tornando serio, Cicchino aggiungeva: "era il giovane più dotato tra quelli con cui sono stato in contatto durante quel periodo. Aveva un raro talento naturale."


I suoi compagni studenti non si soffermano sulla sua intelligenza e questo perché Kolbe la usava con discrezione, con delicatezza e non gli fu mai attribuito il titolo di "sgobbone".


Nonostante i buoni voti era proprio come un ragazzino ingenuo e spontaneo.


Pochi nel campo studentesco pensarono di vedere in Padre Kolbe qualcosa di particolare. Un suo caro amico, il sacerdote francescano Giuseppe Pietro Pal, che morì nel 1947 in Romania, sua terra natale e che fu considerato un santo, scrisse:


« Nel 1913 sentii dire da alcuni compagni studenti che avevamo un santo tra noi. Chiesi a un frate italiano di indicarmelo. Dopo allora, fino al 1919 quando ci separammo, udii cose delle quali nemmeno le parole avrebbero potuto convincermi. »

L'amore fraterno di Massimiliano era davvero come quello del Vangelo. Quando nelle nostre conversazioni parlavamo di quanto poco venissero osservate le regole nel nostro collegio, mi diceva di pregare per i peccatori. Non l'ho mai sentito parlare male di qualcuno. Soffriva nel vedere gli altri trasgredire le regole (..) Lui le osservava così attentamente...[1].


Le lettere di Kolbe e i commenti degli osservatori lo mostrano in continua crescita spirituale, in quell'amore di Dio che suscita nel cristiano il desiderio di protendersi a tutta l'umanità, di far conoscere e di far amare Dio, Padre buono per tutti gli uomini. Provava in tutti i modi ad avvicinare coloro che si professavano atei o che organizzavano qualcosa contro la Chiesa.


Esistevano pericoli politici causati da un nazionalismo rampante e dal comunismo, pericoli sociali dati da una continua industrializzazione, dal materialismo e dallo sviluppo dei mass-media, a cominciare dalla radio e dai film. Incominciò a studiare tutto, dal comunismo all'industria dello spettacolo e, veder quali aspetti positivi presentano, per poi costruire su queste basi.


Nel bel mezzo dei suoi studi spirituali e intellettuali, Massimiliano contrasse la tubercolosi. Mentre stava giocando a calcio in un'assolata giornata di estate, come lui stesso ricorda in seguito, tutto a un tratto sentì qualcosa salire alla bocca. Era sangue. Il dottore gli ordinò di mettersi a letto e Massimiliano disse tra sé: sembra proprio la fine; ma non lo era, anche se di tanto in tanto avrebbe sofferto di serie ricadute per il resto della vita.


Massimiliano Maria Kolbe

Pian piano aveva capito che doveva combattere per Dio, sotto la guida di Maria, non una battaglia vera e proprio, ma una battaglia spirituale. Per chissà quale ragione, fu proprio quando fisicamente era in queste condizioni che, con il permesso del suo Rettore, Massimiliano iniziò a reclutare membri per una Milizia Spirituale. Per la maggior parte amici molto stretti.


Il 22 luglio 1919 ricevette la sua seconda laurea, in teologia: aveva 25 anni. Il giorno successivo partì per la Polonia. Il suo Rettore Padre Stefano Ignudi, che era rettore del collegio, a proposito di lui annotò: "Massimiliano Kolbe, diocesi della Galizia; arrivato il 29 ottobre 1912; ordinato presbitero il 28 aprile 1918; laurea in filosofia nella Pontificia Università Gregoriana; laurea in Sacra Teologia in questo collegio, il 22 luglio 1919; partito il 23 luglio 1919. Un giovane santo."


Da uomo di cultura, come ogni soggetto pensante nella sua vita, Massimiliano Kolbe si è posto l'eterno interrogativo sull'essere supremo. Egli prima di dare una risposta su Dio cerca di dare una risposta sull'uomo. L'uomo, secondo la fede, non viene dal nulla e va verso il nulla. Egli porta scritto nel più profondo del suo essere, una insaziabile sete di felicità, che chiede di essere appagata. Vi è una pienezza a cui egli aspira e che lo attrae inesorabilmente verso una méta.


Il rapporto intimo e personale con la fonte stessa di Colui che può colmare ogni sete e ogni inquietudine, crea nella creatura un riposo davvero esaustivo e totalizzante.


Niepokalanow, città di Maria

Durante tutta la sua vita di religioso Massimiliano si spese principalmente per promuovere la venerazione di Maria, madre di Gesù. Cosciente dell'impegno soprattutto teologico e intellettuale che il suo Ordine religioso aveva speso nei secoli per promuovere il riconoscimento dell'Immacolata Concezione di Maria, nel 1917 con altri suoi confratelli fondò la "Milizia dell'Immacolata", per dare continuità anche sul fronte esistenziale e pastorale al legame dei Frati Minori Conventuali con Maria Immacolata.


L'obiettivo dell'associazione era la diffusione nel mondo della devozione a Maria, utilizzando anche i mezzi permessi dalla tecnologia, quali la stampa e successivamente anche la radio.


In questo senso va vista la pubblicazione della rivista "Il Cavaliere dell'Immacolata", stampato dagli stessi frati francescani e arrivato a una tiratura di più di 120.000 copie alla vigilia della seconda guerra mondiale.


Negli anni venti fondò in Polonia, non lontano da Varsavia, un convento chiamato Niepokalanow, cioè "Città di Maria" (letteralmente: "Proprietà dell'Immacolata"). Sottolineando l'importanza della devozione a Maria, Kolbe amava ripetere che


«Chi ha Maria per madre,ha Cristo per fratello.»

Pur con un fisico indebolito dalla tubercolosi, nel 1930 partì come missionario alla volta del Giappone dove rimase fino al 1935. Qui fondò a Nagasaki un'altra Città di Maria, una Mugenzai no Sono (“Giardino dell’Immacolata”) e la rivista, in lingua giapponese, «Mugenzai no seibo no kishi» («Il Cavaliere dell’Immacolata»).


Nel convento di Niepokalanow, in Polonia, alla vigilia del conflitto mondiale c'erano quasi 1.000 tra frati professi, novizi e seminaristi. Il convento cattolico più grande del mondo: era quasi una città autonoma. Nei primi anni della guerra offrì riparo a numerosi rifugiati polacchi, compresi molti ebrei.


La prigionia e la morte


Vetrata con San Massimiliano Kolbe nella chiesa francescana a Szombathely Ungheria

Nel mese di maggio 1941 fu arrestato dalle SS e portato nel campo di prigionia di Auschwitz, immatricolato con il numero 16670.


Alla fine del mese di luglio dello stesso anno un uomo del block di Kolbe era riuscito a fuggire dal campo: per rappresaglia i tedeschi selezionarono dieci persone della stessa baracca per farle morire nel bunker della fame.


Quando uno dei dieci condannati, Francesco Gajowniczek, scoppiò in lacrime dicendo di avere una famiglia a casa che lo aspettava, Kolbe uscì dalle file dei prigionieri e si offrì di morire al suo posto. In modo del tutto inaspettato, lo scambio fu concesso. I campi di concentramento erano infatti concepiti per spezzare ogni legame affettivo e le azioni "generose" non erano accolte volentieri.


Dopo due settimane senza acqua né cibo nel bunker, visto che quattro dei dieci condannati, tra cui Kolbe, erano ancora vivi, furono uccisi il 14 agosto 1941 con una iniezione di acido fenico e il loro corpo fu poi cremato. Una volta, profeticamente, Massimiliano aveva detto:


« Vorrei essere come polvere per viaggiare con il vento e raggiungere ogni parte del mondo e predicare la Buona Novella. »

Dopo la sua morte la madre riportò un episodio che Massimiliano le aveva raccontato quando aveva circa 10 anni: disse che gli era apparsa la Vergine Maria con due mazzi di fiori, uno rosso e uno bianco, chiedendogli quale volesse. Il bambino disse che li voleva tutti e due. Alla mattina, svegliandosi, li trovò entrambi sul suo cuscino. Il mazzo bianco rappresentava una vita pura al servizio di Dio, quello rosso il sangue che avrebbe sparso con il martirio. Vedendo la sua vita a posteriori si può dire che ha avuto gli aspetti caratterizzati dai due mazzi di fiori.


Francesco Gajowniczek riuscì a sopravvivere ad Auschwitz. Tornato a casa, trovò sua moglie viva, ma i suoi due figli erano rimasti uccisi durante un bombardamento russo. Morì nel 1995.

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