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venerdì 27 agosto 2021

Ivemectina ok

 

Covid. Studio britannico: «Tassi sopravvivenza superiori all'83%»

Invermectina efficace contro il Covid. Studio britannico: «Tassi sopravvivenza superiori dell'83%»

Una corsa contro il tempo senza precedenti, gli scienziati di tutto il mondo stanno analizzando possibili terapie contro il Covid-19. Terapie alternative ai vaccini, prima che questi siano disponibili per tutti. In questo contesto, l’Istituto di biofisica (Ibf) del Cnr di Milano ha attivato una collaborazione con il Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologia (Icgeb di Trieste) per testare direttamente sul Covid-19 le molecole caratterizzate dai ricercatori Ibf nei laboratori del Cnr di Milano. Fra i risultati del gruppo di ricerca, particolarmente interessante è stata la scoperta della nuova attività antivirale dell’ivermectina, antiparassitario già utilizzato nella cura di alcune gravi malattie tropicali. La scoperta risale addirittura al 2009 grazie ad un lungo e approfondito studio computazionale e sperimentale su alcune proteine virali, e ha portato al deposito di un brevetto che purtroppo, per mancanza di fondi, non è stato portato avanti. Già dal 2005, infatti, i ricercatori Ibf-Cnr Eloise Mastrangelo e Mario Milani, che guidano il gruppo di biologia strutturale, si sono dedicati alla caratterizzazione e inibizione del meccanismo replicativo dei virus a Rna attraverso studi strutturali e funzionali delle proteine coinvolte nella replicazione virale.


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Ivermectina, le proprietà

Oggi, la necessità di affrontare l'emergenza sanitaria ha portato a un nuovo interesse per le proprietà antivirali dell’ivermectina, caratterizzandone l’attività inibitoria sulla replicazione di altri virus, come il recente virus Zika, l’influenza e l’HIV. Pochi giorni fa un gruppo di ricercatori australiani ha pubblicato, sulla rivista Antiviral Research, la capacità dell’ivermectina di eliminare il Covid-19 entro 48 ore dall’infezione su cellule umane. Il farmaco, riscoperto nel 2009, potrebbe dunque rappresentare una nuova arma contro il Coronavirus. A questi studi dei ricercatori italiani si aggiunge ora la ricerca effettuata dall'università di Liverpool che ha dimostrato come il vermifugo sia associato a una riduzione dei livelli di infiammazione fino all'eliminazione del coronavirus, oltre a una riduzione della mortalità e della durata della degenza ospedaliera.

 

Ivermectina, lo studio di Liverpool

Lo studio di Liverpool è ciò che gli scienziati chiamano meta-analisi: una revisione degli studi sull'argomento, non uno studio originale. L'autore, il dottor Andrew Hill, afferma che nessuno degli studi analizzati è sufficientemente robusto individualmente da stabilire un livello di efficacia. Ma in combinazione, possono indicare se il farmaco è efficace. Tanto che in Brasile, è sceso in campo addirittura il presidente Bolsonaro per sollecitare l'uso di questa molecola. Il ministero della Salute brasiliano avrebbe fatto pressioni sul Comune di Manaus, la più grande città dell'Amazzonia, dove le strutture sanitarie sono al collasso, per curare i pazienti affetti da coronavirus con farmaci come l'ivermectina (oltre alla più nota clorochina). Secondo il giornale Folha de Sao Paulo, Bolsonaro avrebbe inoltre chiesto di poter fare un giro negli ospedali locali per incoraggiare l'uso di questi farmaci, affinché «il trattamento precoce possa essere diffuso e adottato come un modo per ridurre il numero di ricoveri e di decessi», si legge in una lettera inviata alla segreteria comunale alla Salute. L'alternativa, di non utilizzarli, è considerata «inammissibile», afferma il documento.

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Ivermectina, altri studi

I risultati degli studi analizzati a Liverpool - ed effettuati in Spagna, Argentina, Egitto, Iran, India, Bangladesh, Nigeria, Pakistan, Turchia, Argentina e Iraq - mostrano una riduzione del tempo fino all'eliminazione del virus, una riduzione della degenza ospedaliera, un tasso di recupero clinico superiore al 43% e tassi di sopravvivenza superiori all'83%. Tuttavia i ricercatori britannici sconsigliano di approvare l'uso di ivermectina fino a quando non saranno effettuati ulteriori studi. «L'efficacia deve essere convalidata in studi randomizzati più ampi prima che i risultati siano sufficienti per la revisione da parte delle autorità di regolamentazione», si legge nella ricerca di Liverpool. E c'è anche uno studio "Dose Finding Clinical Trial on Ivermectin for the early Treatment of Covid-19" promosso dall' IRCCS Sacro Cuore Don Calabria a Negrar di Valpolicella che ha come obiettivo valutare se l'ivermectina, somministrata una volta al giorno per cinque giorni consecutivi è sicura nei pazienti con infezione SARS-CoV2 iniziale, asintomatica o paucisintomatica e se, riduce la carica virale di SARS-CoV2 al 7 ° giorno. L'ivermectina, un vecchio farmaco utilizzato per una vasta gamma di infezioni parassitarie, con più ampie potenziali indicazioni si è dimostrata efficace nel ridurre la carica virale del 99,98% P. Come dimostra anche la ricerca australiana pubblicata nell'aprile 2020 che descrive l'effetto dell'ivermectina sul SARS-CoV2 in un ambiente di laboratorio. Ma secondo l'agenzia di regolamentazione statunitense, la FDA, questo tipo di studi di laboratorio è comunemente utilizzato in una fase iniziale dello sviluppo di farmaci: l'agenzia avverte quindi che sono necessari ulteriori test per determinare se l'ivermectina può essere appropriata per prevenire o trattare il Covid-19.

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Ivermectina, un vermifugo

L'ivermectina è un vermifugo utilizzato per favorire l'eliminazione da parte dell'organismo di vari parassiti. È approvato dal punto di vista medico per il trattamento di oncocercosi, elefantiasi, pediculosi, ascariasi e scabbia. Quindi è un farmaco molto utilizzato per prevenire altre malattie, e nonostante non sia stata ancora dimostrata l'efficacia contro il coronavirus, in Brasile migliaia di persone si sono affrettate a utilizzare il farmaco per prevenire o curare la malattia, farmaco che è andato esaurito in molte farmacie. Il manager della catena di farmacie Super Popular, Pollyanna Portes, ha affermato che la vendita del farmaco è al di sopra delle aspettative. E questo crea un altro problema: l'impossibilità a curare, in alcune aree del Paese, malattie come la scabbia. Per Regina Casz Schechtman, coordinatrice del Dipartimento di Micologia della Società Brasiliana di Dermatologia (SBD), l'assenza del farmaco nelle farmacie può contribuire alla trasmissione: «La persona che ne è affetta non è in grado di curarsi e quindi alimenta la diffusione della malattia

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