In primo luogo vi dico che una donna filosofa di nome Trotula, che visse a lungo e che fu assai bella in gioventù e dalla quale i medici ignoranti traggono grande autorità ed utili insegnamenti, ci svela una parte della natura delle donne. Una parte può svelarla come la provava in sé; l’altra perché, essendo donna, tutte le donne rivelavano più volentieri a lei che non a un uomo ogni loro segreto pensiero e le aprivano la loro natura.1
La
figura di Trotula (diminutivo di Trota, da Trocta o Trota o Trotta,
nome assai diffuso in età medievale nell’Italia meridionale), è
storica, non leggendaria, nonostante spesso, soprattutto da parte
maschile, si sia dubitato della sua esistenza, e talvolta sia stata
ritenuta anche uomo (Trottus o Eros); dama effettivamente vissuta
nell’ XI (secondo alcuni XII) secolo, fu la prima donna medico
della storia.
Dotta, scienziata, scrittrice, profondamente
sensibile e dalle idee innovative, non magistra,
non avendo il diritto di fregiarsi del titolo accademico, ma quasi
magistra, o tamquam
magistra, per
le competenze e la stima popolare di cui godeva, considerata, fra il
XII ed il XIV secolo, massima autorità in problemi di salute, igiene
e bellezza femminile, operò nella realtà della famosa Scuola medica
salernitana, 2 di
cui fu la prima e più famosa esponente.
In questa scuola, celebre
nei secoli perché vi si fusero le grandi correnti del pensiero
medico antico, la tradizione greco-latina e le
nozioni provenienti dalle culture arabe ed ebraiche, ed operarono i
massimi nomi dell’epoca, furono attive le mulieres
Salernitanae, una
schiera di donne, la cui esistenza è suffragata da numerose
testimonianze, esperte in medicina, che preparavano cosmetici
per le dame della nobiltà.
Sulle mulieres
Salernitane, tra il XIII e il XIV secolo,
circolavano, però, voci deplorevoli, le si credeva più
ciarlatane che scienziate, poiché il famoso medico e scienziato
spagnolo Arnaldo da Villanova attribuiva alle levatrici di Salerno la
pratica di somministrare alla donna, al momento del parto, una
pozione contenente tre granelli di pepe, accompagnando la recita del
Pater noster con una misteriosa formula magica:
Binomie
lamion lamium azerai vaccina deus deus sabaoth
Benedictus qui
venit in nomine Domini, osanna in excelsis.
Nonostante
queste voci di discredito, però, la loro fama accrebbe, ed insieme
anche quella di Trotula, il cui nome era legato, non solo in Italia
ma anche oltralpe.
Fra le mulieres
Salernitane, oltre a Trotula, si ricordano Abella, che
scrisse due trattati in versi Sulla bile nera e Sulla
natura del seme umano, Rebecca Guarna, autrice di opere Sulle
febbri, Sulle orine e Sull'embrione,
Mercuriade (forse uno pseudonimo), che compose Sulle crisi,
Sulla peste, Sulla cura delle ferite e Sugli unguenti,
Francesca di Roma, autorizzata dal duca Carlo di Calabria, nel 1321,
ad esercitare la chirurgia, e Costanza Calenda che, forse nella
prima metà del XV sec., grazie agli insegnamenti paterni, studiò
medicina all'università di Napoli.
Trotula nacque,
probabilmente, a Salerno dall’antica e nobile famiglia de
Ruggiero, attiva verso il 1050; sposa del celebre medico Giovanni
Plateario il vecchio, ebbe da lui due figli: Giovanni il giovane e
Matteo, pure famosi nella Scuola medica salernitana e conosciuti
come Magistri Platearii.
Sapiens matrona (secondo
la leggenda anche una delle donne più belle del tempo, il cui
funerale, nel 1097, sarebbe stato seguito da una coda di 3
chilometri), della sua competenza si legge nella Storia
ecclesiastica del
monaco anglo-normanno Orderico Vitale (III, pp. 28 e 76 Chibnall,
vol. II) a proposito di Rodolfo Malacorona, un nobile normanno che
aveva compiuto studi di medicina in Francia, che, giunto in visita a
Salerno nel 1059 “non trovò alcuno che fosse in grado di tenergli
testa nella scienza medica tranne una nobildonna assai colta”
([...]neminem in
medicinali arte, praeter quondam sapientem matronam sibi parem
inveniret).
E nel Dict de l’Herberie il
trovatore parigino Rutebeuf, attivo fra il 1215 e il 1280, fece
affermare ad un suo personaggio di essere al servizio di una
nobildonna salernitana di nome Trota (ainz suis à une dame qui a
nom madame Trotte de Salerne), la donna più saggia del
mondo (sachiez que c’est la plus sage dame qui soit enz
quatre parties du monde), che faceva uccidere dai suoi
emissari degli animali feroci dai quali estrarre unguenti per curare
i suoi ammalati.
Trotula, chiamata anche sanatrix
Salernitana (guaritrice di Salerno), nel Medioevo era
riconosciuta autorità indiscussa in disturbi e malattie femminili e
cosmesi, godendo in quanto donna di fiducia delle sue consimili,
offrendo a tutti garanzie per l’appartenenza alla Scuola
medica salernitana; fornita di una cultura medica superiore,
sottolineò l’importanza dell’igiene, del controllo delle
nascite, dei metodi per rendere il parto meno doloroso, ed ebbe anche
delle avanzate intuizioni, come, ad esempio, che l’infertilità
potesse dipendere anche dall’uomo.
Considerava in medicina
fondamentale la prevenzione e l’accurata anamnesi, al fine
d’individuare la giusta terapia ed evitare l’intervento
chirurgico, spesso erroneamente prospettato, o attuato, dai suoi
colleghi maschi, come si evidenzia dalla lettura del passo seguente:
…Poiché, infatti, si doveva praticare un’incisione a una ragazza che, appunto per un gonfiore del genere, minacciava una lacerazione, Trotula, dopo averla visitata, rimase assai stupita… La fece venire dunque a casa sua per scoprire in un luogo appartato la causa del disturbo… Avendo individuato che il dolore non era causato da una lacerazione o da un ingrossamento dell’utero, ma dal gonfiore, le fece preparare un bagno con un infuso di malva e paritaria, ve la fece entrare e le massaggiò la parte più volte e assai dolcemente per ammorbidire. La fece restare a lungo nel bagno e, quando ne uscì, le preparò un impiastro di succo di tasso barbasso, di rapa selvatica e di farina d’orzo e lo applicò ben caldo per far sparire il gonfiore. Quindi le prescrisse un secondo bagno eguale al precedente e la ragazza guarì.
A Trotula nel Medioevo si attribuivano due opere, il De ornatu mulierum (Come rendere belle le donne) noto anche come Trotula minor, e il De passionibus mulierum ante, in et post partum (Le malattie delle donne prima, durante e dopo il parto) noto anche come Trotula maior o semplicemente Trotula, delle quali non si tramandarono le copie originali bensì dei manoscritti contenenti i suoi trattati, e grande fu la confusione nei secoli, tanto che divenne difficile discernere fra le varie altre opere a lei attribuite, infine si pervenne ad una sistemazione e, grazie anche al ritrovamento di un manoscritto madrileno del XIII secolo, fu possibile fare chiarezza e scoprire le conoscenze, la competenza, talvolta superiore a quella dei colleghi maschi, l’acume delle sue osservazioni ed anche la profonda sensibilità verso le pazienti e le donne in generale.
Le donne di Salerno pongono una radice di vitalba nel miele e poi con questo miele si ungono il viso, che assume uno splendido colore rosato. Altre volte per truccarsi il viso e le labbra ricorrono a miele raffinato, a cui aggiungono vitalba, cetriolo e un po' di acqua di rose. Fa' bollire tutti questi ingredienti fino a consumarne la metà e con l'unguento ottenuto ungi le labbra durante la notte, lavandole poi al mattino con acqua calda. Questo rassoda la pelle delle labbra e la rende sottile e morbidissima, preservandola da qualsiasi screpolatura, se essa è già screpolata, la guarisce. Se poi una donna vorrà truccarsi le labbra, le strofini con corteccia di radici di noce, coprendosi i denti e le gengive con del cotone; poi lo intinga in un colore artificiale e con esso si unga le labbra e l'interno delle gengive. Il colore artificiale va preparato così; prendi quell'alga con cui i Saraceni tingono le pelli di verde, falla bollire in un vaso d'argilla nuovo con del bianco d'uovo finché sarà ridotta a un terzo, poi colala e aggiungi prezzemolo tagliato a pezzetti, fa' bollire di nuovo e lascia di nuovo raffreddare. Quando sarà il momento, aggiungi polvere di allume, mettilo in un'anfora d'oro o di vetro e conservalo per l'uso. Questo è dunque il modo in cui si truccano il viso le donne saracene: quando l'unguento si è asciugato, per schiarire il viso vi applicano qualcuna delle sostanze suddette, come l'unguento di cera e olio, o qualcos'altro, e ne risulta un bellissimo colore, misto di bianco e rosato.
Questi
consigli di bellezza venivano impartiti da Trotula nel De
ornatu mulierum, il
trattato di cosmesi che insegnava alle donne come conservare,
migliorare ed accrescere la propria bellezza e come curare le
malattie della pelle.
Citando spesso come fonte autorevole
le mulieres Salernitanae, oltre ad impartire insegnamenti
sul trucco, suggeriva come eliminare le rughe, il gonfiore dal volto,
le borse dagli occhi, i peli superflui, come rendere la pelle bianca
e rosea e privarla di lentiggini e impurità, come far tornare
i denti candidi e guarire le screpolature di labbra e gengive.
Siccome le donne sono per natura più fragili degli uomini, sono anche più frequentemente soggette a indisposizione, specialmente negli organi impegnati nei compiti voluti dalla natura. Siccome tali organi sono collocati in parti intime, le donne, per pudore e per innata riservatezza, non osano rivelare a un medico maschio le sofferenze procurate da queste indisposizione. Perciò la compassione per questa loro disgrazia e, soprattutto la sollecitazione di una nobildonna, mi hanno indotto a esaminare in modo più approfondito le disposizioni che colpiscono più frequentemente il sesso femminile. Dunque, poiché le donne non hanno calore sufficiente a prosciugare l'eccedenza di umori cattivi che si formano quotidianamente in loro e poiché l'innata fragilità non consente loro di sopportare lo sforzo di espellerli naturalmente attraverso il sudore, come fanno gli uomini, allora la natura stessa, in mancanza del calore, ha assegnato loro una forma speciale di purificazione, cioè le mestruazioni, che la gente comune chiama "i fiori". Infatti come gli alberi senza fiori non producono frutti, così le donne senza i propri fiori sono private della facoltà di concepire.
Questo
passo è tratto, invece, dal prologo del De
passionibus mulierum ante, in et post partum,
l’opera più importante di Trotula, un vero e proprio manuale di
ostetricia, ginecologia e puericultura, il primo trattato sistematico
di ginecologia attribuibile a una donna, in cui i rimedi e le
prescrizioni, talvolta molto semplici o semplicistici, riguardavano
le malattie delle donne ed aspetti squisitamente
femminili come il ciclo mensile, la gravidanza, il parto, i rischi
del parto, l’allattamento, le difficoltà del concepimento, i
disturbi fisiologici, le malattie dell’utero, l’isteria, ma che
offriva consigli e suggerimenti su malesseri anche degli uomini, come
il vomito, le malattie della pelle e persino i morsi del
serpente.
Trotula, in osservanza dell’insegnamento del
padre della medicina antica, Ippocrate, Regolerò
il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il
mio giudizio, mi asterrò dal recar danno ed offesa,3 in
attenzione delle afflizioni delle donne, si adoprava sempre per il
giovamento del corpo, penetrando nei loro più intimi segreti,
procurando, con garbo e discrezione, di offrire un
rimedio per ogni tipo di disturbo che le affliggesse, senza
pregiudizi e preconcetti, senza scandalizzarsi su quelli che
avrebbero disturbato la morale del tempo, come descritto, ad esempio,
nel capitolo De
virginitate restituendo sophistice (Come
ripristinare ingannevolmente la verginità), in cui offre consigli
per parere
vergini, a
chi in tale stato più non si trovava, o quello in cui in cui
spiega come apportare sollievo ai problemi delle vergini o delle
vedove private della regolare attività sessuale:
Ci sono donne cui non sono consentiti rapporti sessuali, vuoi perché hanno fatto voto di castità, vuoi perché sono legate dalla condizione religiosa, vuoi perché sono rimaste vedove. A certune, infatti, non è consentito di cambiare condizione e poiché, pur desiderando il rapporto sessuale, non lo praticano, sono soggette a gravi infermità. Per esse dunque si provveda in questo modo: prendi del cotone imbevuto di olio di muschio o di menta e applicalo sulla vulva. Nel caso che tu non disponga di quest’olio, prendi della trifora magna e scioglila in un po’ di vino caldo e applicalo sulla vulva con un batuffolo di cotone o di lana. Questo infatti è un buon calmante e smorza il desiderio sessuale placando dolore e prurito.
Comprensiva
dell’universo femminile, Trotula era dotata di approfondite
conoscenze, sicuramente maggiori di quelle maschili, sulla fisiologia
della donna (ad esempio aveva ben identificato i segni della
gravidanza incipiente relazionandola alla cessazione del fluxus
matricis e
alla duritio
subita mammarum,
l’aumento e l’indurimento delle mammelle) e ciò non stupisce dal
momento che, in misoginia scientifica, nel generale clima
sfavorevole al “sesso debole”, che faceva considerare le
donne inferiori anche per la diversa anatomia e fisiologia, la
maggior parte dei medici non le visitava approfonditamente
(nemmeno aveva accesso alla stanza del travaglio e neppure
presenziava al parto, considerato “affare di donne”).
A
Trotula, dunque, va ascritto anche il merito di aver offerto
ai medici
ignoranti, che
lasciavano le donne alle terapie delle altre donne, offrendo cure
solo all’altro sesso, utili
insegnamenti, sulla natura delle donne.
Francesca Santucci
NOTE
1) [C. A. Thomasset (ed.), Placide et Timéo ou Li secrés as philosophes, Genève 1980, pp. 133-134] in « Medioevo al femminile", Laterza, Roma- Bari, 1989.
2) La Scuola Medica Salernitana fu la prima e più importante istituzione medica d'Europa all'inizio del Medioevo ed accolse anche molte donne nella pratica e nell'insegnamento della medicina.
3) dal Giuramento di Ippocrate.
FONTI
F. Bestini, F. Cardini, C. Leopardi, M.T. Fumagalli Beonio Brocchieri-Medioevo al femminile, Laterza, Roma- Bari, 1989.
Né Eva né Maria, a cura di Michela Pereira, Zanichelli, Bologna, 1981.
P. Arès- g. Duby- La vita privata dall’Impero romano all’anno mille, Edizione CDE S.p.a.Milano, 1987.
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