Dove resiste la Croce, il matrimonio è indissolubile
La piccola città di Siroki Brijeg, a 40 minuti da Medjugorje in Bosnia Erzegovina, vanta uno straordinario primato in tutta l’Europa: non è mai stato registrato un solo divorzio a memoria d’uomo tra i suoi 20mila parrocchiani (su 30mila abitanti), nessuna famiglia si è mai divisa. Il segreto? Un forte cattolicesimo popolare unito alla serietà con cui si vive la tradizione croata, che coinvolge moltissimi paesi bosniaci, verso il matrimonio e dove la difesa della Famiglia Naturale, come unione tra uomo e donna, è stata perfino scritta nella Costituzione per volontà popolare. Per secoli, prima sotto la dominazione turca, e poi sotto quella comunista, queste popolazioni hanno sofferto crudelmente perché si voleva strappare la loro fede cristiana. In particolare, alle spalle della gente di Siroki Brijeg, c’è anche una grande storia di dolore. Il 7 febbraio 1945 divenne la sede della terribile strage di 66 frati francescani, ad opera di partigiani comunisti durante la Seconda Guerra Mondiale.
In questa cittadina il matrimonio viene vissuto come indissolubilmente unito alla croce di Cristo. Quando un giovane si prepara al matrimonio, non gli si racconta che ha trovato la persona ideale, il miglior partito. No! Che cosa dice il sacerdote? Hai trovato la tua croce. Ed è una croce da amare, da portare, una croce che non si dovrà rifiutare ma amare. La Croce evoca l’amore, e il crocifisso è il tesoro della casa. Quando i fidanzati vanno in chiesa, portano con loro un crocifisso, che è benedetto dal prete e, durante la pronuncia del SI, riveste un’importanza capitale. La fidanzata posa la mano destra sulla croce; a sua volta il fidanzato pone la sua su quella della sposa e le loro due mani si trovano così riunite sulla croce, fuse sulla croce. Il sacerdote mette allora la sua stola sulle loro mani, ed essi pronunciano il loro “si” e si promettono fedeltà secondo il rito della Chiesa. Dopo di ciò, gli sposi non si abbracciano, ma abbracciano la croce. Sanno di abbracciare così la fonte dell’amore. Chi si avvicina e vede le due mani stese sulla croce, capisce che se il marito abbandona la moglie o che se la moglie abbandona il marito, in realtà abbandona la croce. E quando si è abbandonata la croce non resta più niente, si è perso tutto perché si è lasciato Gesù, si è perso Gesù. Dopo la cerimonia, gli sposi portano a casa il crocifisso e gli danno il posto d’onore. Diventerà il centro della preghiera in famiglia poiché hanno la convinzione che la famiglia è nata da questa croce. Se c’è un problema, se scoppia un diverbio, è davanti a questa croce che gli sposi vengono a cercare soccorso. Non andranno da un avvocato, non consulteranno un mago o un astrologo, non faranno assegnamento su uno psicologo per sistemare i loro problemi. No, andranno davanti al loro Gesù, davanti alla croce. Si metteranno in ginocchio e davanti a Gesù verseranno le loro lacrime, grideranno le loro sofferenze e soprattutto si perdoneranno a vicenda. Non si addormenteranno con un peso sul cuore perché saranno ricorsi al loro Gesù, al Solo che ha il potere di salvare. Insegneranno ai loro figli ad abbracciare la croce ogni giorno e a non addormentarsi come dei pagani senza aver ringraziato Gesù. Per i bambini, fin dai più lontani ricordi, Gesù è l’amico di famiglia, che si rispetta e si abbraccia. Questi bambini non hanno animaletti da stringere durante la notte per sentirsi sicuri, ma dicono Buona notte a Gesù e abbracciano la croce. Si addormentano con Gesù, non con un peluche. Sanno che Gesù li custodisce tra le sue braccia e che non hanno niente da temere, le loro paure si spengono nel loro abbraccio a Gesù.
Per i cristiani, il matrimonio, ha un carattere sacramentale e rappresenta, quindi, una realtà soprannaturale, il matrimonio è inteso come una completa comunione corporale e spirituale di vita e di amore tra uomo e donna, che si donano e si accolgono l’un l’altro in quanto persone. Attraverso l’atto personale e libero del reciproco consenso viene fondata per diritto divino un’istituzione stabile, ordinata al bene dei coniugi e della prole, e non dipendente dall’arbitrio dell’uomo: «Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l’indissolubile unità».
L’indissolubilità matrimoniale è un dono che viene fatto da Cristo all’uomo e alla donna che si sposano in lui. È un dono, non è prima di tutto una norma che viene imposta. Non è un ideale cui devono tendere. E’ un dono e Dio non si pente mai dei suoi doni. Non a caso Gesù, rispondendo ai farisei, fonda la sua risposta rivoluzionaria su un atto divino. ‘Ciò che Dio ha unito’, dice Gesù. E’ Dio che unisce, altrimenti la definitività resterebbe un desiderio che è sì naturale, ma impossibile a realizzarsi. Dio stesso dona compimento. L’ uomo può anche decidere di non usare di questa capacità di amare definitivamente e totalmente. La teologia cattolica ha poi concettualizzato questa visione di fede attraverso il concetto di vincolo coniugale. Il matrimonio, il segno sacramentale del matrimonio produce immediatamente tra i coniugi un vincolo che non dipende più dalla loro volontà, perché è un dono che Dio ha fatto loro.
La comunione coniugale si caratterizza non solo per la sua unità, ma anche per la sua INDISSOLUBILITA’: «Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l’indissolubile unità. Il dono del sacramento è nello stesso tempo vocazione e comandamento per gli sposi cristiani, perché rimangano tra loro fedeli per sempre, al di là di ogni prova e difficoltà, in generosa obbedienza alla santa volontà del Signore: «Quello che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi». Il principio nel quale Dio ha creato l’uomo a sua immagine, maschio e femmina, perché fossero una sola carne e che nessuno avrebbe mai dovuto separare: l’amore che Dio ha pensato per ogni uomo, trova il compimento nella Croce del Figlio, nel suo amore infinito.
Purtroppo, la conferma della concretezza, della ricchezza, del valore salvifico dell’indissolubilità del Matrimonio, la ritroviamo quotidianamente nelle cronache in cui troviamo i frutti della dissoluzione dell’istituto della Famiglia.
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