La beatificazione di Giuseppe
Toniolo (1845-1918)
di PAOLO VIAN
La beatificazione di Giuseppe
Toniolo (1845-1918) è un evento di straordinaria importanza per il
cattolicesimo italiano; e non solo per esso. Un padre di famiglia,
un docente universitario, un militante cattolico giunge agli onori
degli altari: attraverso un cammino incominciato nel 1933 negli ambienti
della Federazione Universitaria Cattolica Italiana. Un campione dunque
dell'Azione Cattolica, che in Toniolo ha visto il modello di un laico
fattivamente impegnato nella città secolare, in costante e continua
comunione con la gerarchia.
Ma Toniolo supera e oltrepassa le
appartenenze di gruppo. Anche allora il mondo cattolico era
attraversato, talvolta dilaniato, da anime diverse spesso in aperta
competizione, fra l'intransigenza monolitica dell'Opera dei Congressi di
Giovanni Battista Paganuzzi e le impazienze innovatrici dei giovani che
mordevano il freno finendo in molti casi per approdare politicamente al
murrismo più esasperato e idealmente alla deriva modernista.
Consapevole dei pericoli e dei rischi di entrambe le posizioni, Toniolo
fece di tutto per promuovere e animare, nella carità, un dialogo franco e
schietto fra le parti, rimanendo indefettibilmente fedele alla Chiesa e
ai suoi vescovi.
Toniolo ha voluto vivere in comunione con i pastori della Chiesa, di
cui spesso era amico e collaboratore; non per proteggersi da possibili
fulmini ma per muoversi in un ambiente vitale e nella garanzia della
verità. Chi poi anche sommariamente sfogliasse le sue lettere si
renderebbe conto della vita intensissima di questo intellettuale, di
questo accademico che non si è stancato di attraversare l'Italia e
l'Europa per sostenere la causa cattolica con tutti i mezzi possibili. E
che a costo di massacranti viaggi anche notturni mai mancava alle sue
lezioni universitarie a Pisa, per non venir meno ai doveri verso lo
Stato e verso gli studenti. Innumerevoli virtù Toniolo ha coltivato in
grado eminente. Ma evitiamo di diffonderne un santino, come pure le
circostanze indurrebbero a fare, perché la realtà è più bella della
rappresentazione agiografica che, con i suoi clichés, finisce spesso per
allontanare anziché avvicinare. Chi può legga invece le testimonianze
della Positio pisana e si accorgerà di quanta straordinaria umanità sia
capace, nella concretezza della quotidianità, una vita totalmente
immersa nella fede.
Eppure, quella di Toniolo è una figura rimossa
dalla memoria. Gli esponenti del cattolicesimo democratico lo hanno
ricordato sino alla generazione di Alcide De Gasperi e, immediatamente
dopo, fra i più giovani, di Amintore Fanfani, cresciuto nell'Università
Cattolica di Agostino Gemelli, che a Toniolo doveva buona parte della
sua ispirazione. Ma dopo di loro venne il diluvio dell'oblio, quasi che
la crisi dello Stato liberale, il fascismo e la guerra mondiale avessero
cancellato il profilo di un volto riducendolo a un'immagine svanita,
più che offuscata, su un muro consunto dal tempo. Nel professore pisano i
cattolici italiani potrebbero invece ora riscoprire un esempio di pieno
e totale coinvolgimento nella storia con lo sguardo oltre la storia.
Toniolo ha infatti sempre pensato in grande e in profondità, si è
confrontato con l'economia, con la società, con le crisi temibili del
suo tempo. Si direbbe che nessun aspetto dell'umana convivenza sia
rimasto da lui trascurato, dallo sfruttamento degli operai, dei minori e
delle donne al rispetto del riposo festivo, dai salari al credito,
dalla questione educativa alla ricerca scientifica. Con i suoi sforzi
per la Società Cattolica Italiana per gli Studi Scientifici, nata a Como
nel 1899, cercò di creare in Italia qualcosa di simile a quello che i
cattolici tedeschi, nell'aspro clima del Kulturkampf, avevano messo in
campo in Germania con la Görres-Gesellschaft (1876).
Ci riprovò in
seguito, fra il 1904 e il 1909, durante il pontificato di Pio X, con
un'associazione cattolica internazionale per il progresso delle scienze
che, negli anni difficili e arroventati del modernismo e della sua
repressione, finì per morire prima di nascere. Ma tutto il lavoro
compiuto nella convinzione che la vera scienza non può contraddire la
fede e la sua profonda ragionevolezza non andò perduto, perché fecondò
padre Gemelli nel dare vita all'Università Cattolica.
Non fu la
particolare condizione dei cattolici italiani, ancora necessariamente
estranei all'impegno politico, a spingere Toniolo alla riflessione
sull'economia e sulla società. Fu piuttosto la convinzione che nessun
problema di natura sociale o politica potesse essere affrontato senza
studiarne la genesi e la matrice ideale e culturale. Contro un
pragmatismo dal corto respiro, contro un empirismo senza prospettive, il
nuovo beato ci insegna che tutte le questioni in radice si ricollegano e
si riducono alla visione che dell'uomo e di Dio una società elabora; e
dunque che su quella frontiera, eminentemente culturale, bisogna
combattere la battaglia. Toniolo è sicuramente colui che più ha fatto
per sprovincializzare la cultura cattolica italiana, riscattandola
dall'angustia delle risentite rivendicazioni post-unitarie per elevarla
al dialogo con i movimenti cattolici europei, con i loro pensatori e con
i loro protagonisti; e al tempo stesso esponendola alle sfide del
confronto con le altre visioni del mondo, di matrice liberale e
socialista. A ben vedere, però, la sua lezione non è tanto di contenuto,
anche se i disastrosi sviluppi di un'economia svincolata dall'etica
sembrano dare singolarmente ragione a chi, nel dicembre 1873, tenne la
sua "prelezione" all'università di Padova sul tema "Dell'elemento etico
quale fattore intrinseco delle leggi economiche".
Con la
beatificazione di Toniolo i cattolici italiani non guadagnano soltanto,
nella comunione dei santi, un valido aiuto e protettore. Hanno
l'occasione di riscoprire in lui un esempio e un modello di cui, nelle
mutate circostanze storiche, seguire il cammino e soprattutto il metodo:
la fedeltà alla storia e alla società, per trascenderle. Perché essere
fedeli a Dio è l'unico modo per essere veramente fedeli all'uomo, che
nel Padre ha la premessa e il presidio della sua dignità. Toniolo ci
ricorda che l'amore e la fedeltà alla storia e alla società - in una
parola, all'uomo - sono tanto più veri ed efficaci quanto più nascono
dal desiderio di Dio, dal quale assumono regola e sostanza, per non
fallire e rovesciarsi nel loro contrario. Come il secolo XX, dopo la
morte di Toniolo, avrebbe eloquentemente dimostrato.
(©L'Osservatore Romano 29 aprile 2012)
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