Camisasca:
«Oggi la famiglia può vincere la sfida
del “per sempre”»
aprile 30, 2012
Carlo Candiani
Don Massimo Camisasca, a margine
della presentazione del suo “Amare ancora. Genitori e figli nel mondo di
oggi e di domani”, risponde a tempi.it: «Appartenere oggi fa paura, ma è
l’unico modo per essere felici».
Nel suo libro, lei scrive: “Appartenere fa paura”. Che cosa significa?
Molti pensano che l’appartenenza significhi una riduzione di libertà; si dimentica che, all’opposto, l’uomo è libero quando è felice, ed è felice quando ama e si sente amato: nell’esperienza dell’amore sta il vertice dell’esperienza dell’appartenenza. Senza appartenenza non c’è sviluppo dell’umano. Quindi, libertà e appartenenza non solo non si escludono ma si implicano profondamente l’un l’altro. Quanto più riconosco quali sono le realtà che possono aiutare la realizzazione di me stesso, quali sono le persone, insomma, da cui sono amato e che amo, tanto più sono libero.
La famiglia oggi può ancora raccogliere la sfida del “per sempre”?
L’esperienza della famiglia è stata voluta da Dio per aiutarci a realizzare ciò che ci costituisce come uomini: quindi il modo migliore per fare camminare l’esperienza familiare è di vivere luminosamente confidando in Dio.
Lei è il fondatore di una fraternità sacerdotale, è superiore generale di un seminario. Il suo è un ruolo di “padre” per i giovani che vivono la vocazione sacerdotale. Anche lei ha “messo su famiglia”?
La vocazione è una sola ed è quella che ci è data nel Battesimo e poi si specifica. Ma ciò a cui siamo chiamati, tutti, è la stessa strada ed è la realizzazione della persona che avviene nella scoperta del servizio al Regno di Dio nel mondo e nell’aiuto agli altri a scoprire la Verità e il bene.
Un sacerdote che spiega che cos’è la famiglia. Non è strano?
Se ha un senso la vita sacerdotale, è proprio quello di aiutare gli uomini. Quindi, c’è un profondo legame tra tutte le vocazioni.
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