Il caso galilei
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La verità sul “caso Galilei”
…a proposito del
Papa che non ha potuto parlare all'università “La Sapienza”…e di tante
sciocchezze che si dicono sul processo allo Scienziato pisano
Il triste
caso de “la Sapienza” ha fatto tornare alla ribalta il Caso Galilei…e si
sentono rievocare i soliti luoghi comuni. Ma come davvero andarono le
cose? Questo libretto può essere utile a tutti quei cattolici che non
sanno rispondere a tante false accuse che si rivolgono alla Chiesa
quando si fa riferimento a quell'avvenimento
INTRODUZIONE
Le proteste per la
visita di Benedetto XVI all'università de “la Sapienza” hanno fatto
tornare alla ribalta il “caso Galilei”. I 67 docenti firmatari del
documento contro l'invito al Papa hanno fatto riferimento ad un discorso
pronunciato nel 1990 dall'allora cardinale Ratzinger, in cui, parlando del Caso Galilei, il futuro papa citò alcune parole del celebre filosofo della scienza Paul Feyerabend (1924-1994) – anarchico e ateo,
quindi al di sopra di ogni sospetto- in cui si affermava che nel
processo allo Scienziato pisano la ragione era dalla parte della Chiesa.
In realtà ciò che
capitò a Galilei (1564-1642) non fu causato dalla sua negazione della
concezione geocentrica (il Sole che gira intorno alla Terra) quanto dal
fatto che la sua posizione si faceva sostenitrice di un nuovo modo di
concepire la scienza, un modo in cui la scienza stessa sarebbe potuta
divenire l'unica ed esclusiva lettura della realtà. Titus Burckhardt (1908-1984) nel suo Scienza moderna e saggezza tradizionale (1968) scrive a pagina 134: “La
Chiesa, esigendo da Galileo di presentare le proprie tesi sul moto
della terra e del sole non come verità assoluta ma come ipotesi, aveva
le sue buone ragioni. (…). L'esaltazione letteraria di Galileo
ha fatto nascere in svariati dignitari ecclesiastici una sorta di
coscienza di colpa che li rende stranamente impotenti dinanzi alle
teorie scientifiche moderne, quand'anche queste siano in palese
contraddizione con le verità della fede e della ragione. La Chiesa, si
suol dire, non avrebbe dovuto immischiarsi nei problemi scientifici.
Eppure lo stesso caso di Galileo dimostra che, accampando la pretesa di
possedere la verità assoluta, la nuova scienza razionalista del
Rinascimento si presentava alla guisa di una seconda religione. ”
Dunque, la scienza come una sorta di “nuova religione”, ovvero il passaggio dalla scienza allo scientismo . Ma su questo ritorneremo tra pochissimo.
Iniziamo a sfatare alcuni luoghi comuni sul “caso Galilei”. Ci sono sette verità importanti da ribadire . Per quanto riguarda la bibliografia abbiamo attinto soprattutto un prezioso e documentato testo di Enrico Zoffoli, Galileo , Roma 1990.
PRIMA VERITA'
La Chiesa non aveva paura della teoria eliocentrica
A differenza di quanto
si dice , Galilei non ebbe i suoi problemi per la teoria eliocentrica
(la Terra ruota intorno al Sole), per il semplice fatto che questa
teoria non faceva paura alla Chiesa. Già quattro secoli prima di Galilei, san Tommaso d'Aquino (1225-1274) disse che la concezione tolemaica, proprio perché non suffragata da prove, non poteva considerarsi definitiva. Copernico (1473-1543), astronomo polacco e perfino sacerdote cattolico, morto ventuno anni prima di Galilei, aveva sostenuto la concezione eliocentrica ;
e molti contemporanei, perfino esponenti della gerarchia ecclesiastica
(tra questi anche pontefici come Leone X e Clemente VII) si mostrarono
aperti alle sue tesi. Nella celebre Università di Salamanca,
proprio negli anni di Galilei, si studiava e si insegnava anche la
concezione copernicana. Lo stesso Galilei era a conoscenza del fatto che
la Chiesa non aveva nulla da ridire sull'ipotesi di Copernico. Così scrisse a Cristina di Lorena: “ (Il trattato di Copernico) è
stato ricevuto dalla santa Chiesa, letto e studiato per tutto il mondo,
senza che mai si sia presa ombra di scrupolo nella sua dottrina (...) ”. Piuttosto era nel mondo protestante che l' eliocentrismo faceva paura. Riferendosi a Copernico, Martin Lutero (1483-1546) scrisse: “Cadde
un giorno il discorso sopra un astrologo moderno il quale voleva
dimostrare che la Terra si muove e non già il cielo o il firmamento col
Sole e con la Luna, (…) Ma le cose adesso vanno così: chi
vuole apparire savio e dotto non deve approvare quello che fanno gli
altri, ma deve fare alcunché di singolare e tale che a suo credere
nessun altro sia capace di fare. Il pazzo vuole rovesciare tutta l'arte
astronomica. ”
SECONDA VERITA'
Galilei ebbe problemi per motivi legati alla filosofia della scienza
Il motivo per cui Galilei ebbe problemi non fu dunque legato alla teoria eliocentrica ma a ragioni di filosofia della scienza.
Galilei, pretendendo presentare l' eliocentrismo non come ipotesi ma come una tesi comprovata, rappresentava un atteggiamento scientista e non scientifico . Mentre l'atteggiamento autenticamente scientifico si serve delle prove, parte sì da un'intuizione, ma sottopone questa intuizione a verifica; l'atteggiamento cosiddetto scientista è il contrario, cioè fa dell'intuizione scientifica, indipendentemente dalla verifica, l'intuizione per eccellenza da preferirsi a qualsiasi altra intuizione, tanto a quella della tradizione quanto a quella del senso comune. Galilei, avendo solo delle intuizioni e non delle prove, pretendeva che la mentalità scientifica, solo perché “scientifica”, potesse essere “giudice” della Rivelazione. Ma la Fede , se può e deve dialogare con la scienza , non può certo dialogare con lo scientismo , che è un'ideologia e che fa della scienza una “seconda religione” secondo la definizione del citato Burckhardt.
TERZA VERITA'
Galilei doveva limitarsi a presentare le sue teorie come semplici ipotesi
San Roberto Bellarmino (1542-1621), che svolse un ruolo importante nel processo a Galilei, non pretendeva che lo scienziato pisano rinunciasse alla convinzione eliocentrica bensì che ne parlasse per quello che effettivamente era, cioè un'ipotesi. Così scrive in una lettera del 12 aprile del 1615 al padre carmelitano Paolo Antonio Foscarini che appoggiava Galilei : “Dico
che il Venerabile Padre e il signor Galileo facciano prudentemente a
contentarsi di parlare ‘ex suppositione' e non ‘assolutamente', come io
ho sempre creduto che abbia parlato il Copernico. (...) Dico
che quando ci fusse ‘vera dimostrazione' che il Sole stia nel centro del
mondo e la Terra nel terzo cielo, e che il Sole non circonda la Terra ,
ma la Terra circonda il Sole, all'hora bisogneria andar con molta
consideratione in esplicare le Scritture che paiono contrarie, ed è
meglio dire che non le intendiamo, piuttosto che dire che sia falso
quello che si dimostra.” Che poi il Bellarmino dica queste cose non
improvvisando né formulando “novità”, è dimostrato dal fatto che egli
nel 1571 (cinquant'anni prima) scriveva nelle sue Praelectiones Lovanienses : “Non spetta ai teologi investigare diligentemente queste cose (...) . Possiamo scegliere la spiegazione che ci sembra più conforme alle SS. Scritture (...) .
Se però in futuro sarà provato con evidenza che le stelle si muovono
con moto del cielo e non per loro conto, allora dovrà vedersi come
debbano intendersi le Scritture affinchè non contrastino con una verità
acquisita. E' certo, infatti, che il vero senso della Scrittura non può
contrastare con nessun'altra verità sia filosofica come astronomica (...) . ”
QUARTA VERITA'
Galilei non portava vere prove
Galilei non portava prove convincenti per suffragare la sua ipotesi.
Una prova in realtà la
portava, ma era sbagliata. Inviò una lettera al cardinale Orsini dove
affermava che la rotazione della Terra intorno al Sole sarebbe provata
dalle maree, cioè , secondo lui, il movimento della Terra provocherebbe
scuotimento e quindi le alte e basse maree. I giudici però contestarono
questa “prova” e dissero giustamente che le cause delle maree dovevano
ricercarsi in altro.
Ecco perché il
già citato Paul Feyerabend, pur essendo ateo ed anarchico, ha affermato
che nel processo a Galilei il rigore scientifico fu più dalla parte
della Chiesa che non da quella dello Scienziato pisano.
QUINTA VERITA'
Galilei non subì nulla di eclatante, anzi…
Galilei non subì nulla di eclatante a differenza di quanto molti pensano. Alcuni sondaggi dicono che la stragrande maggioranza degli studenti italiani credono che Galilei subì torture e che fu addirittura arso vivo.
I nostri docenti di scuola e di università invece che fare tanta
cagnara dovrebbero riflettere sulla scientificità dei loro insegnamenti.
Ecco cosa davvero subì Galilei .
Nel febbraio del 1632 lo Scienziato pisano pubblicò a Firenze il famoso “Dialogo sopra i massimi sistemi del mondo…” e
nell'agosto dello stesso anno, a Roma, se ne proibì la diffusione. Il
16 giugno del 1633 il Sant'Uffizio condannò l'autore. Il 22 giugno dello
stesso anno Galilei abiurò e fu condannato a recitare una volta alla
settimana i sette salmi penitenziali e al carcere, ma questo fu subito
commutato in domicilio coatto. Prima nel Giardino di Trinità dei Monti
(alloggio con cinque camere, vista sui giardini vaticani e cameriere
personale); poi nella splendida Villa dei Medici al Pincio; quindi a
Siena presso l'amico e arcivescovo Ascanio Piccolomini, in seguito a
Firenze nella sua casa di Costa San Giorgio e, infine, nella Villa di
Arcetri, presso il Monastero delle Clarisse di San Matteo dove vivevano
le sue due figlie suore. Di tortura neanche a parlarne.
Lo stesso Galilei fu
consapevole della mitezza della pena, tanto che ringraziò i giudici e
confessò di aver fatto di tutto per indisporli.
La stessa scelta
dell'affezionatissima figlia Virginia di farsi suora (suor Celeste)
dimostra la mitezza della pena. Lei che era così attaccata al padre,
qualora Galilei fosse stato maltrattato dalla Chiesa, avrebbe avuto il
desiderio di consacrarsi?
Galilei, malgrado la
condanna, poté continuare a pubblicare e a curare l'amicizia di vescovi e
scienziati; e proprio dopo la condanna pubblicò l'opera più importante,
“Discorsi e dimostrazioni sopra due nuove scienze”.
Morì ad Arcetri l'8
gennaio del 1642, assistito da discepoli come Vincenzo Viviani ed
Evangelista Torricelli; morì con i conforti religiosi e finanche con
l'indulgenza plenaria e la benedizione del Papa.
SESTA VERITA'
Il processo a Galilei deve essere collocato nel clima del XVII secolo
Il processo a Galilei si può capire solo collocandolo all'interno del XVII secolo;
secolo tutt'altro che facile. Verrebbe da dire che se lo Scienziato
pisano fosse vissuto in pieno XIII secolo non avrebbe avuto i problemi
che ebbe.
Iniziamo col
considerare che nel XVII secolo il riferimento ad Aristotele non era un
riferimento critico, capace cioè di selezionare e discernere (come
invece riuscì a fare il vertice della Scolastica e in particolar modo
san Tommaso), bensì pedissequo: Aristotele doveva essere accettato
integralmente, anche per quanto riguardava la sua visione cosmica.
Inoltre, c'era stato
da poco (meno di un secolo) lo scoppio della Riforma, imperversavano le
guerre di religione…e il mondo protestante accusava quello cattolico di
non amare la Bibbia, di leggerla poco, di non rispettarla. Tutto questo
portò, per reazione, anche alcuni ambienti cattolici ad un atteggiamento
di protezione letteralistica della Bibbia stessa. Per finire, durante
la Guerra dei Trent'anni si erano diffusi i manifesti dei Rosa-Croce,
che (come ha ampiamente dimostrato la storica inglese Frances Yeats)
furono scritti per riproporre una visione ermetica e magica del reale
collegata alla prisca philosophia , da contrapporre alla
visione cattolica fatta propria dalla parte asburgica. Ora, la visione
ermetica e magica si fonda sul monismo e sulla identificazione del
creato con il creatore (panteismo) per cui il concepire la Terra non più
al centro poteva, secondo alcuni, avvalorare una concezione infinita e
divina dell'universo stesso.
SETTIMA VERITA'
L' uso strumentale del “caso Galilei”
E per finire…la famosa frase che campeggia su buona parte dei libri scolastici, e cioè che Galilei avrebbe detto “ eppur si muove” , in realtà non fu mai pronunciata. Fu inventata da un giornalista italiano, Giuseppe Baretti, a Londra nel 1757.
Una frase ad effetto,
che doveva servire per creare il mito di una chiesa arroccata nel suo
oscurantismo e quindi incapace ad aprirsi al progresso delle conoscenze
scientifiche . Insomma, un uso strumentale del “caso Galilei”.
Paul Feyerband e il Caso Galilei
L'allora cardinale Joseph Ratzinger (siamo nel 1990) lo citò in un suo discorso. Si tratta dell'austriaco Paul Feyerband
(1924-1994), filosofo della scienza, allievo di Karl Popper e docente
nella celebre università di Berkeley. Il suo pensiero nega qualsiasi
regola metodologica, affermando un vero e proprio anarchismo metodologico .
Non vi è –egli dice- alcun metodo generale a governare la costruzione e
lo sviluppo della scienza, perché essa si avvarrebbe di volta in volta
delle regole che ritiene più opportune.
Feyerband è autore di scritti famosi, fra cui Contro il metodo (1975) e La scienza in una società libera (1978).
Dunque, un filosofo
tutt'altro che sensibile a tentazioni metafisiche o di assolutismo
culturale; un filosofo molto letto negli ambienti cosiddetti
“alternativi” e per nulla condivisibile da una prospettiva di filosofia
naturale e cristiana. Eppure Feyerband dice delle cose molte
interessanti sul Caso Galilei: dice che la Chiesa aveva ragione. Ne
parla dedicando un capitolo della sua opera Contro il metodo .
Abbiamo scelto alcuni passaggi del suo scritto, servendoci della traduzione italiana di Maria Sepa, pubblicata sul Corriere della sera del
25.1.2008. Una precisazione: la scelta di questi passaggi non significa
che è da condividere tutto, piuttosto è una scelta per evidenziare ciò
che sorprendentemente afferma un filosofo anarchico sul “caso Galilei”.
Leggiamoli. Le parole di Feyerband sono tra virgolette e in corsivo.
· La Chiesa si attenne alla ragione: “La
Chiesa all'epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso
Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali
della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e
giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare
la revisione.
· Il tentativo di “nascondere” le scoperte scientifiche è di sempre: “Oggi
la ben più modesta aspirazione dei creazionisti a veder insegnate le
loro opinioni nelle scuole, affiancandole e mettendole in competizione
con idee diverse, si scontra con le leggi che stabiliscono la
separazione tra Chiesa e Stato. Una quantità crescente di conoscenze e
tecnologie è tenuta segreta per ragioni militari ed è pertanto esclusa
dagli scambi internazionali. Gli interessi commerciali generano le
stesse tendenze restrittive. Così la scoperta della superconduttività
nella ceramica a temperatura (relativamente) alte, frutto di una
collaborazione internazionale, ha indotto il governo americano ad
adottare misure protettive. Accordi finanziari possono rendere possibili
o interrompere programmi di ricerca, e influire su un intero ambito
professionale. Vi sono molti modi di mettere a tacere le persone, oltre a
impedir loro di parlare, e oggi li vediamo usati tutti. Il processo
della produzione e della distribuzione del sapere non è mai stato lo
scambio libero, ‘ oggettivo' e puramente intellettuale che i
razionalisti dipingono.”
· Il processo a Galileo è stato montato da una conventicola di intellettuali:
“Il processo a Galileo fu uno dei tanti. Non ebbe alcuna caratteristica
speciale, se non forse il fatto che Galileo fu trattato con una certa
moderazione, nonostante le sue bugie e i suoi sotterfugi. Ma una piccola
conventicola di intellettuali, con l'aiuto di scrittori sempre alla
ricerca dello scandalo, sono riusciti a montarlo enormemente, così quel
che in fondo era solo un contrasto tra un esperto e un'istituzione che
difendeva una visione più ampia delle cose ora sembra quasi una
battaglia tra paradiso e inferno. E' una posizione infantile e anche
ingiusta nei confronti delle molte altre vittime della giustizia del
XVII secolo.
· Il processo a Galilei non si è voluto capirlo: “ Non è l'interesse per l'umanità, sono piuttosto interessi di parte ad avere un ruolo importante nell'agiografia di Galileo. (…) (Questo processo) consistette
di due procedimenti, o processi, separati. Il primo si tenne nel 1616.
Fu esaminata e criticata la dottrina copernicana. Galileo ricevette
un'ingiunzione, ma non fu punito. Il secondo processo si tenne nel
1632-33. Questa volta il punto principale non era più la dottrina
copernicana. Fu invece esaminata la questione se Galileo avesse obbedito
all'ordine che gli era stato impartito nel primo processo e se avesse
ingannato gli inquisitori facendo loro credere che l'ordine non fosse
mai stato promulgato. (…) . Il primo processo fu preceduto da
voci e denunce in cui ebbero una parte avidità e invidia, come in molti
altri processi. Si ordinò ad alcuni esperti di dare un parere su due
enunciazioni che contenevano una descrizione più o meno corretta della
dottrina copernicana. La loro conclusione toccava due punti: quel che
oggi chiameremmo il contenuto scientifico della dottrina, e le sue
implicazioni etiche (sociali). Riguardo al primo punto, gli esperti
definirono la dottrina ‘insensata e assurda in filosofia' o, usando
termini moderni, la dichiararono non scientifica. Questo giudizio fu
dato senza far riferimento alla fede o alla dottrina della Chiesa, ma fu
basato esclusivamente sulla situazione scientifica del tempo. Fu
condiviso da molti scienziati illustri; ed era corretto fondandosi sui
fatti, le teorie e gli standard del tempo. Messa a confronto con quei
fatti, teorie e standard, l'idea del movimento della Terra era assurda.
Uno scienziato moderno non ha alternative in proposito. Non può
attenersi ai suoi standard rigorosi e nello stesso tempo lodare Galileo
per aver difeso Copernico. Deve o accettare la prima parte del giudizio
degli esperti della Chiesa o ammettere che gli standard, i fatti e le
leggi non decidano mai di un caso e che una dottrina non fondata, opaca e
incoerente possa essere presentata come una verità fondamentale. Solo
pochi ammiratori di Galileo si rendono conto di questa situazione.
· Gli aristotelici di allora non sono diversi dagli studiosi contemporanei: “Gli
aristotelici, non diversi in questo dai moderni studiosi che insistono
sulla necessità di esaminare vasti campioni statistici o di effettuare
‘precisi passi sperimentali', chiedevano una chiara conferma empirica,
mentre i galileiani si accontentavano di teorie di vasta portata, non
dimostrate e parzialmente confutate. Non li critico per questo (…).
Voglio solo mostrare la contraddizione di coloro che approvano Galileo e
condannano la Chiesa, ma poi verso il lavoro dei loro contemporanei
sono rigorosi come lo era la Chiesa ai tempi di Galileo.”
· Qualsiasi critica al rigore della Chiesa è valida anche verso i moderni detentori del sapere scintifico : “La
Chiesa Romana sosteneva inoltre di possedere un diritto esclusivo sullo
studio, l'interpretazione e la messa in atto delle Sacre Scritture. I
laici, secondo la Chiesa, non avevano né le conoscenze né l'autorità per
occuparsi delle Scritture ed era loro proibito farlo. (…).
L'atteggiamento dell' American Medical Association verso i
professionisti che non ne fanno parte è rigido come quello della Chiesa
verso gli esegeti laici, e ha la benedizione della Legge. (…) Qualsiasi
critica al rigore della Chiesa Romana è valida anche nei confronti dei
suoi moderni successori che hanno a che fare con la scienza. ”
· Galilei sbagliava perché pretendeva spacciare l'ipotesi come verità provata : “ (…) la
Chiesa era assai più moderata. Non diceva: quel che è in contraddizione
con la Bibbia interpretata da noi deve scomparire, per quanto siano
forti le ragioni scientifiche in suo favore. Una verità sostenuta da un
ragionamento scientifico non era respinta. Era usata per rivedere
l'interpretazione di passi della Bibbia apparentemente incoerenti con
essa . Molti passi della Bibbia sembrano suggerire che la Terra sia
piatta. Tuttavia la Chiesa ha accettato senza problemi che la Terra sia
sferica . Dall'altro lato la Chiesa non era pronta a cambiare solo
perché qualcuno aveva fornito delle vaghe ipotesi. Voleva prove
scientifiche. In questo agì in modo non dissimile dalle istituzioni
scientifiche moderne, che di solito aspettano a lungo prima di
incorporare nuove idee nei loro programmi. Ma allora non c'era ancora
una dimostrazione convincente della dottrina copernicana. Per questo fu
consigliato a Galileo di insegnare Copernico come ipotesi; gli fu
proibito di insegnarlo come verità. “(…) mentre la Chiesa era preparata
ad ammettere che certe teorie potessero essere vere e anche che
Copernico potesse avere ragione, se sostenuto da prove adeguate, ci sono
ora molti scienziati che considerano tutte le teorie strumenti
predittivi e rifiutano le discussioni sulla verità degli assunti. La
loro motivazione è che gli strumenti che usano sono così palesemente
progettati a fini di calcolo e che i metodi teoretici dipendono in modo
così evidente da considerazioni sull'eleganza e sulla facile
applicabilità, che una tale generalizzazione sembra ragionevole.
Inoltre, le proprietà formali delle ‘approssimazioni' differiscono
spesso da quelle dei principi di base, molte teorie sono primi passi
verso un nuovo punto di vista che in un qualche tempo futuro potrebbe
renderle approssimazioni, e un'inferenza diretta dalla teoria alla
realtà è, pertanto, piuttosto ingenua. Tutto questo era noto agli
scienziati del XVI e del XVII secolo. (…) Il punto di vista copernicano
era interpretato dai più come un modello interessante, nuovo e piuttosto
efficiente. La Chiesa chiedeva che Galileo accettasse questa
interpretazione. Considerate le difficoltà che quel modello aveva a
essere considerato una descrizione della realtà, dobbiamo ammettere che
la ‘logica era dalla parte di…Bellarmino e non dalla parte di Galileo',
come scriveva lo storico della scienza e fisico Pierre Duhem.
· La Chiesa voleva proteggere la scienza dallo scientismo : “Riassumendo:
il giudizio degli esperti della Chiesa era scientificamente corretto e
aveva la giusta intenzione sociale, vale a dire proteggere la gente
dalle macchinazioni degli specialisti . Voleva proteggere la gente
dall'essere corrotta da un'ideologia ristretta che potesse funzionare in
ambiti ristretti, ma che fosse incapace di contribuire a una vita
armoniosa. Una revisione di quel giudizio potrebbe procurare alla Chiesa
qualche amico tra gli scienziati, ma indebolirebbe gravemente la sua
funzione di custode di importanti valori umani e superumani.”
Il Caso Galilei
di
Vittorio Viccardi
tratto da
Il Timone - n. 1 Maggio/Giugno 1999
E'
il paladino della libertà scientifica
e il testimone dell'oscurantismo religioso
cattolico. Questo nell'immaginario popolare
e sui libri di testo scolastici. Ma la verità
storica è un'altra. "Eppur si
muove!". Chi non ricorda questa celebre
frase attribuita a Galileo Galilei che volle
così rispondere, ci viene detto, con
fiero cipiglio, alla lettura della sentenza
di quei feroci inquisitori che lo condannavano
per le sue scoperte scientifiche? Gran parte
degli studenti ne sono persuasi. Processato,
condannato, torturato, incarcerato e, cosi`
credono in buona percentuale, anche bruciato
sul rogo: questo l'insieme delle cognizioni
che la scuola e i mass media ci propinano
a proposito dello scienziato pisano. Solo
una minoranza esigua, più preparata,
risponderà che Galileo è giustamente
famoso per aver applicato per primo il metodo
sperimentale, tipico della scienza moderna,
per aver perfezionato e utilizzato a fini
scientifici il cannocchiale, per aver scoperto
il termometro, la legge che regola le oscillazioni
del pendolo, la montuosità della luna,
la natura stellare della Via Lattea, i 4 satelliti
di Giove, le anomalie di Saturno, le macchie
solari e le fasi di Venere. Diciamo la verità:
più che per la sua opera scientifica.
Galileo
è noto per i due processi subiti dall'Inquisizione
nel 1616 e nel 1633, che lo hanno fatto diventare
un paladino della scienza moderna e del progresso
ed una vittima dell'oscurantismo religioso
e conservatore della Chiesa cattolica. Eccoci
dunque di fronte ad una vittima innocente
immolata sull'altare di quel cattolicesimo
che pretendeva di possedere verità
assolute anche in materie scientifiche, ad
un martire della scienza, ad un testimone
dell'irriducibile contrapposizione tra la
Fede religiosa e la scienza. Senza pretesa
di esaurire l'argomento, qualche considerazione
ci aiuterà ad avere le idee più
chiare. In primo luogo: Galileo non si considero`
mai avversario della Chiesa, come tenta di
convincerci una delle più grandi menzogne
che ci siano mai state propinate. Conservo`
la fede cattolica fino alla morte, fu amico
per lungo tempo di papi e di cardinali, (il
cardinale Maffeo Barberini, poi eletto Papa
con il nome di Urbano VIII, fu suo grande
ammiratore) e da molti religiosi fu protetto
e incoraggiato nelle sue ricerche. Quando
nel 1611 si reco` a Roma fu molto ben accolto
dal padre Cristoforo Klaus (Clavio) e dai
gesuiti del Collegio Romano. Fu ricevuto persino
da Papa Paolo V, con il quale ebbe un lungo
e caloroso colloquio. Qualche mese prima,
si era convinto delle fasi di Venere analoghe
a quelle della Luna, segno che il pianeta
girava intorno al Sole dal quale riceveva
la luce. Il sistema tolemaico era cosi` confutato,
quello eliocentrico non era certamente dimostrato,
e tutto questo non sembrava pregiudicare i
suoi rapporti con il mondo ecclesiale. Anzi,
mentre i colleghi scienziati, con in testa
il famoso Cremonini, accusavano Galileo di
vedere "macchie sulle lenti del telescopio",
non mancava al pisano l'appoggio dei potentissimi
astronomi e filosofi della Compagnia di Gesù
(gesuiti), capitanati da san Roberto Bellarmino,
generale dell'Ordine dei Gesuiti e consultore
del Sant'Uffizio. E ancora. Quando padre Cavini
attaccherà Galileo a Firenze, nella
chiesa di santa Novella, lo scienziato verrà
difeso dal padre Benedetto Castelli, suo discepolo
e professore di matematica a Pisa, e dal maestro
Generale dei Domenicani, padre Luigi Maraffi.
Sara` poi il cardinale Giustiniano ad ordinare
al Cavini di ritrattare pubblicamente le sue
accuse. Senza dimenticare che a Napoli, un
altro religioso, il padre Foscarini, pubblicava
un elogio di Galileo e del sistema copernicano
(che molti gesuiti dotti approvavano) ottenendo
l'approvazione ecclesiastica. E ancora. Anche
dopo la sentenza del 1633, che, oltre all'abiura,
lo "condannava" a recitare una volta
la settimana i sette salmi penitenziali per
un periodo di tre anni, fu ospitato nella
villa del cardinale di Siena, Ascanio Piccolomini,
"uno dei tanti ecclesiastici che gli
volevano bene" (Messori).
Quindi,
si trasferì nella sua villa di Arcetri,
detta "il gioiello", alla periferia
di Firenze. Morì con la benedizione
del Papa e ricevendo l'indulgenza plenaria,
segno che la Chiesa non lo considerava certamente
un avversario né lui considerava tale
la Chiesa. Proprio una favola quella dell'inimicizia,
della contrapposizione invincibile, dell'insanabile
rottura tra lo scienziato pisano e la Chiesa
cattolica. Una favola che per primo contesterebbe
proprio lo scienziato pisano. Non va dimenticato,
infatti, che al termine della sua vita movimentata,
lasciò scritto che "in tutte le
opere mie, non sarà chi trovar possa
pur minima ombra di cosa che declini dalla
pietà e dalla riverenza di Santa Chiesa".
In secondo luogo: la teoria eliocentrica (la
Terra e i pianeti ruotano attorno al sole)
non fu inventata da Galileo. Già Aristarco
di Samo e la scuola pitagorica, cinque-sei
secoli prima di Cristo avevano sostenuto fosse
la Terra a ruotare annualmente intorno al
sole. Questa teoria venne ripresa da Copernico,
sacerdote polacco, morto 21 anni prima della
nascita di Galileo. Se Copernico decise di
pubblicare i suoi studi solo l'anno della
sua morte fu per timore di essere dileggiato
dai colleghi di studi, non certo da uomini
di Chiesa (i papi Clemente VII e Paolo III,
cui l'opera di Copernico era dedicata), dai
quali ebbe favori e incoraggiamenti. Proprio
come accadde a Galileo, che ebbe tra i suoi
più fieri avversari i colleghi, peraltro
irritati dal carattere tutt'altro che facile
dello scienziato pisano, non i religiosi.
In terzo luogo: Galileo non porto` alcuna
prova scientifica che potesse sostenere senza
ombra di dubbio la teoria eliocentrica. Per
"provare" che la Terra ruotava intorno
al sole sosteneva che le maree erano dovute
allo "scuotimento" delle acque causato
dal movimento terrestre. Ma questo argomento
era scientificamente insostenibile. Avevano
ragione i suoi "giudici inquisitoriali",
i quali sapevano bene che le maree sono dovute
all'attrazione lunare. Sentiamo Messori: "In
quel 1633 del processo a Galileo, sistema
tolemaico (Sole e pianeti ruotano attorno
alla Terra) e sistema copernicano (Terra e
pianeti ruotano attorno al Sole) non erano
che due ipotesi quasi in parità, su
cui scommettere senza prove decisive. E molti
religiosi cattolici stessi stavano pacificamente
per il "novatore" Copernico, condannato
invece da Lutero". Il Cardinale Bellarmino
sosteneva che la teoria eliocentrica, considerata
come "ipotesi" scientifica (e ipotesi
doveva correttamente considerarsi, fino a
quando non fosse stata dimostrata vera) non
era da scartare a priori, ma bisognava portare
le prove. La posizione del Bellarmino è
assai più corretta di quella di Galileo,
che senza prove la spacciava per tesi inconfutabile.
Anzi, in questo specifico caso, proprio il
Bellarmino aveva assunto allora una posizione
che la fisica moderna, quella dei nostri tempi,
dà per scontata. In quarto luogo: nel
processo del 1616 di Galileo non si parla
nemmeno. Ma, successivamente convocato al
Sant'uffizio, gli fu reso nota la condanna
della tesi copernicana e imposto di non insegnarla
prima che venisse corretta (quattro anni dopo
la teoria fu corretta e qualificata come ipotesi
e non come tesi). L'ingiunzione gli venne
comunicata privatamente per non esporlo al
dileggio dei colleghi. Galileo promise di
obbedire (e non lo fece) e venne ricevuto
dal Papa in persona. Una "condanna"
straordinariamente mite.
Come
mite fu la "condanna" subita nel
processo del 1633. Galileo non passò
nemmeno un minuto in carcere, non venne mai
torturato, non gli fu impedito di incontrare
colleghi e religiosi (vanno a trovarlo uomini
del calibro di Hobbes, Torricelli e Milton),
di scrivere, di studiare e di pubblicare,
tant'è che il suo capolavoro scientifico
- Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno
a due nuove scienze - risale al 1638, cinque
anni dopo la condanna. Ci manca ancora un
punto. La famosa frase "Eppur si muove"
con la quale abbiamo aperto queste considerazioni.
Un altro falso storico. Fu inventata a Londra,
nel 1757, dal brillante e spesso inattendibile
giornalista Giuseppe Baretti. Come si vede,
nel caso Galilei abbiamo bisogno di un po'
di verità.
BIBLIOGRAFIA
Rino
Cammilleri, La verità su Galileo,
in Fogli, n. 90, Anno XI, settembre 1984.
Jean
Pierre Lonchamp, Il caso Galileo,
edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1990.