la legge della vita
***
La legge dell'esistenza umana è l'amore nella sua realtà dinamica che è l'offerta, il dono di sé. Come Gesù aveva detto: «Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà» (Lc. 9,24). Ci viene così sottolineata la paradossalità di questa legge: la felicità attraverso il sacrificio. Ma quanto più uno
lo
accetta, tanto più sperimenta già in questo mondo una maggiore completezza.
Gesù la chiamava «pace». Ci viene così proposta una personalità umana come risultante di due componenti: il sacrificio e l'amore. «Non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle
o
madre o padre o figli o campi a causa del vangelo, che non riceva
già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri
e
figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna»
(Mc.10, 29s).
Ogni legge non è altro che la descrizione di un
meccanismo stabile. Anche l'uomo in quanto tale (essere cosciente e volente) è
un meccanismo fondamentalmente fissato. La descrizione di questa stabilità
fondamentale è data dalla cosiddetta legge morale.
In base a quale criterio l'uomo stabilirà questa legge del suo agire?
Per descrivere un meccanismo occorre guardare innanzitutto la sua funzione, il
fine di esso.
Ora, la destinazione dell'io essendo il tutto, la sua legge è darsi al tutto. L'uomo al di fuori della coscienza del tutto si sentirà sempre prigioniero o annoiato. Occorre a questo punto notare che il ifine della vicenda umana
Ora, la destinazione dell'io essendo il tutto, la sua legge è darsi al tutto. L'uomo al di fuori della coscienza del tutto si sentirà sempre prigioniero o annoiato. Occorre a questo punto notare che il ifine della vicenda umana
viene
perseguito con i mezzi che si hanno a disposizione, con «ciò
che si è». Due fattori noteremo perciò nell'umano dinamismo, come ci
vien definito dall'eredità cristiana.
a) L'istintività.
È ciò che mi trovo addosso, ciò che mi determina, mi attrae, mi stimola.
Proprio da questo l'uomo è introdotto ai servizio della realtà: da un complesso
di dati da cui non può prescindere.
b) Tale attrattiva, stimolo, impulso
contingente hanno un fine. Perciò il secondo fattore è la coscienza del fine
proprio a questo fascio di istintività. La natura umana infatti ha
come fattore del suo dinamismo non solo la sua urgenza ma anche la
consapevolezza dello scopo di quell'urgenza stessa. '
L'uomo cioè a differenza degli animali e delle
altre cose è consapevole del rapporto che passa tra il suo emergente istinto e
il tutto, cioè l'ordine delle cose.
L'ordinare l'istinto allo scopo (cioè al Tutto) è
il fondamentale dono di sé al tutto: è il cosiddetto dovere, la cui essenza
quindi non può essere che amore, cioè consegna di sé.
Il capitolo 19 del
Vangelo di Matteo contiene l'esplicitazione e la esemplificazione forse più
chiara di questa immagine del comportamento etico dell'uomo. La risposta al
problema dell'indissolubilità del matrimonio ha la stessa motivazione della
verginità: la dedizione «al Regno dei cieli», il servizio al grande disegno. li
procedimento che la natura esige «da principio» sollecita allo stesso dono di
sé in funzione del tutto così come viene affermato nella radicale volontà di
una mortificazione verginale,-di coloro «che si sono fatti eunuchi per il regno
dei cieli» (Mt. 19, 8.12).
Ma non è umano dare se
stessi se non ad una persona, non è umano amare se non una persona. li «tutto»
in ultima analisi è l'espressione di una persona: Dio. «L'agire dell'uomo nel mondo si identifica, nel suo livello
più cosciente, con la preghiera.
In questo senso non c'è nulla di profano, tutto è collaborazione,
dialogo nel grande tempio dell'Essere, di Dio. «Si ha un'armonizzazione:
il Vangelo insegna che per il cristiano nulla è profano, perché tutto è
santificabile. I Padri non hanno trascurato di sottolineare questa
novità. La nuova creazione instaurata da Gesù non si pone sotto il segno
della contrapposizione sacro-profano. Dio impegna nella storia del mondo
un'azione che completa in pienezza la creazione...»8. Ed ecco anche
un'osservazione, nello stesso senso, di Eliade: «Ad ogni modo nulla di tutto
ciò che, attraverso il Cosmo,manifesta la Gloria – per dirla in termini
cristiani – può lasciare indifferente il credente.».L'uomo è di fatto incapace di vivere compiutamente la grande Dipendenza che è la sua verità, e la proiezione di essa nella vita come dono, amore e servizio. Ha la coscienza annebbiata e una volontà invincibilmente annoiata nel dovere della preghiera, vive uno strano egocentrismo, per cui a lungo andare, invece di ordinarsi al tutto, tenta di ordinare il tutto a sé; invece di darsi tenta di prendersi, invece di amare di sfruttare.
Questo dato di fatto
dipende da una situazione originale, nativa. La tradizione cristiana lo
attribuisce a un disordine che l'uomo eredita dalle origini della sua razza,
responsabilmente introdotto. Esso determina il clima del mondo umano in una
direzione contraria al disegno di Dio: «11 mondo è stato fatto per mezzo di
Lui, ma il mondo non lo ha riconosciuto... Ora è il giudizio di questo mondo;
ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori... Se il mondo vi odia,
sappiate che prima ha odiato me» (Gv. 1,10; 12,31; 15,18).
È ciò che la
tradizione cristiana chiamerà peccato
originale. La persona non ha l'energia sufficiente a
realizzare se stessa. Quanto
più un uomo è sensibile e cosciente, quanto più cioè può essere uomo, tanto più
si accorge di non riuscire ad esserlo.
Nella lettera ai Romani il
grido con cui S. Paolo termina la sua constatazione è esattamente la domanda
umana cui Gesù Cristo è risposta: «Me infelice, chi mi libererà da questa
situazione mortale?» (Rom. 7,24). Questo
grido è l'unica origine perché un uomo possa considerare seriamente la proposta
di Cristo. Se un uomo non attende alla domanda come farà a capire la risposta?
Per essere me stesso ho bisogno di un altro: «senza di me non potete far nulla» (Gv. 15,5). Gesù
ci ha insegnato che chi accetterà il suo messaggio di salvezza non potrà esimersi
dall'affrontare questo problema di sincerità con se stessi, da questo
realismo nel considerare l'uomo: non si può essere se stessi da soli. La
compagnia, quella - che poi si chiamerà la comunità cristiana, è
essenziale per il suo cammino. «Nessuno viene al Padre se non
attraverso me» (Gv. 14,6).
Il che
equivale a dire una volta di più che l'uomo non può realizzare
se stesso se non
accettando l'amore di un Altro - di un Altro con un
nome preciso, che
indipendente dalla volontà tua è morto per te: «Nessuno ha un amore più grande di questo: Dare la vita per i propri amici» (Gv. 15,13). Di
sé Lui disse: «lo sono la resurrezione e la vita» (Gv. Il,25).
don Giussani All'origine della pretesa cristiana cap.8
Nessun commento:
Posta un commento