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martedì 25 marzo 2014

Bagnasco: individualismo origine dei mali

Bagnasco: individualismo origine dei mali
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Il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, ha aperto i lavori del Consiglio episcopale permanente in corso a Roma fino a mercoledì 26. Una prolusione, la sua, che assume le categorie del messaggio del Papa per la Quaresima per poi allargarsi a un’analisi argomentata delle “idoelogie” che oggi “deformano la comprensione che la ragione e il cuore hanno della realtà” a cominciare dall’esaltazione dell’individuo (Bagnasco parla di “iperindividualismo”) e dalla deformazione dell’umanesimo. “È una visione iperindividualista – sintetizza il presidente dei vescovi italiani – all’origine dei mali del mondo”, di fronte alla quale – come già aveva affermato aprendo i lavori del precedente Consiglio Cei, in gennaio – “bisogna accelerare la conversione dall’io al noi e dal mio al nostro”.

Ecco i principali temi toccati nella sua Prolusione.
Giovani e lavoro. La grave crisi economica cominciata più di sei anni fa, ha ricordato Bagnasco, “chiede un prezzo altissimo al lavoro e all’occupazione”. In particolare a pagare questo prezzo sono “i giovani, che restano, come una moltitudine, fuori della porta del lavoro che dà dignità e futuro”. Senza dimenticare quanti, avendo perso il lavoro non più in giovane età, “si trovano esclusi da ogni circuito lavorativo e con la famiglia sulle spalle”. Di fronte a questa situazione è indispensabile, da un lato, “incentivare i consumi senza ritornare alla logica perversa del consumismo”, e dall’altro “sostenere in modo incisivo chi crea lavoro e occupazione, semplificando inutili e dannose burocrazie”.
Il Rapporto Caritas sulla povertà. Anticipando alcuni dati del rapporto Caritas intitolato “False partenze”, il presidente della Cei denuncia che la povertà in Italia “è in rapido e preoccupante aumento”. “Sembra di essere in prima linea su una trincea più grande di noi – è l’osservazione allarmata -, anche se sappiamo che la Chiesa non è chiamata a risolvere tutti i problemi sociali”. “I fondi diocesani di solidarietà aumentano dell’11% e gli sportelli, per aiutare la ricerca del lavoro o della casa, sono giunti a 216”. Il disagio sociale affligge gruppi che fino ad oggi ne erano estranei. “Il 66,1% dei separati dichiara di non riuscire a provvedere all’acquisto di beni di prima necessità”. Le 220 Caritas diocesane, gli 814 Centri di ascolto, tutte le 25.000 parrocchie e le molte aggregazioni sono uno “spiegamento che umilmente affronta un’onda sempre più grande e minacciosa”.

Il ritorno delle ideologie e l’obiezione di coscienza. Se negli ultimi decenni si è parlato, in Occidente, di tramonto delle ideologie, “oggi dobbiamo riconoscerne il ritorno, magari sotto vesti diverse, ma con la medesima logica e arroganza”. Un segno sta nel fatto che “l’obiezione di coscienza è ormai sul banco europeo degli imputati: non è più un diritto dell’uomo?”.
L’umanesimo si allontanerà dall’Occidente.
Se l’Occidente, che ha generato l’umanesimo plenario, finirà per negare a quell’umanesimo la linfa ispiratrice delle sue origini cristiane, corrompendolo, allora “sarà l’umanesimo che si allontanerà dall’occidente e troverà – come già succede – altri lidi meno ideologici e più sensati”. Il Sud della Terra, ricorda Bagnasco, “preme alla tavola della dignità e della giustizia”.
L’iperindividualismo e la rete virtuosa. All’origine dei mali del mondo “tanto all’interno delle famiglie quanto nell’economia, nella finanza e nella politica” – denuncia Bagnasco - c’è “una visione iperindividualista”. È questo “individualismo scellerato” il responsabile ultimo della violazione dei diritti umani: dalla tratta delle donne ai crimini contro il bambino, “oggi sempre più aggredito: ridotto a materiale organico da trafficare, o a schiavitù, o a spettacolo crudele, o ad arma da guerra, quando non addirittura esposto all’aborto o alla tragica possibilità dell’eutanasia”. Eppure, osserva Bagnasco, “il sentire profondo del nostro popolo è diverso”. I vescovi conoscono l’impegno della gente nei doveri quotidiani, il suo senso della famiglia, l’eroismo nella dedizione a malati e anziani, la passione responsabile nell’educare i figli. “È questa rete virtuosa che sostiene il Paese e la speranza nel futuro”.

La scuola e la famiglia. Ricordando l’appuntamento del 10 maggio in piazza San Pietro con il Papa, il presidente della Cei ribadisce “l’urgenza del compito educativo; la sacrosanta libertà dei genitori nell’educare i figli; il grave dovere della società di non corrompere i giovani con idee ed esempi che nessun padre e madre vorrebbero per i propri ragazzi; il diritto a una scuola non ideologica e supina alle mode culturali imposte”. Il riferimento, esplicito, è alla recente iniziativa “Educare alla diversità a scuola” di cui il cardinale denuncia la “logica distorta e ideologica” che mira a “omologare tutto fino a trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni”. “Viene da chiederci con amarezza se si vuol fare della scuola dei ‘campi di rieducazione’, di ‘indottrinamento’”. Da qui l’esortazione: “I genitori non si facciano intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza: non c’è autorità che tenga”.

 
" In questa logica distorta e ideologica, si innesta la recente iniziativa – variamente attribuita – di tre volumetti dal titolo “Educare alla diversità a scuola”, che sono approdati nelle scuole italiane, destinati alle scuole primarie e alle secondarie di primo e secondo grado. In teoria le tre guide hanno lo scopo di sconfiggere bullismo e discriminazione – cosa giusta –, in realtà mirano a “istillare” (è questo il termine usato) nei bambini preconcetti contro la famiglia, la genitorialità, la fede religiosa, la differenza tra padre e madre…parole dolcissime che sembrano oggi non solo fuori corso, ma persino imbarazzanti, tanto che si tende a eliminarle anche dalle carte. È la lettura ideologica del “genere” – una vera dittatura – che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni. Viene da chiederci con amarezza se si vuol fare della scuola dei “campi di rieducazione”, di “indottrinamento”. Ma i genitori hanno ancora il diritto di educare i propri figli oppure sono stati esautorati? Si è chiesto a loro non solo il parere ma anche l’esplicita autorizzazione? I figli non sono materiale da esperimento in mano di nessuno, neppure di tecnici o di cosiddetti esperti. I genitori non si facciano intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza: non c’è autorità che tenga. Anche il fenomeno dell’“alcol estremo” – cioè di bere fino allo sfinimento o peggio – non può lasciare indifferente nessuno, tranne chi si arricchisce sul male degli altri. Si dovrebbe, invece, sprigionare nell’intera società un brivido di rifiuto e di seria preoccupazione, tale da provocare investimenti seri di risorse umane, economiche e valoriali, ben più meritorie rispetto a iniziative ideologiche e maldestre."ultima parte del Discorso integrale
 Questo il testo completo della prolusione. 

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