26-07-2014
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Il primo a opporsi alla linea del teologo tedesco su famiglia e matrimonio era stato il prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, all'epoca non ancora cardinale, Gerhard Ludwig Müller. Una pagina intera sull'Osservatore Romano, organo ufficiale della Santa Sede in cui il titolare dell'ex Sant'Uffizio metteva in guardia sul rischio di «banalizzare la misericordia, dando l'immagine sbagliata secondo la quale Dio non potrebbe far altro che perdonare». Anche perché, notava Müller, «al mistero di Dio appartengono, oltre alla misericordia, anche la santità e la giustizia». E «se si nascondono questi attributi di Dio e non si prende sul serio la realtà del peccato, non si può nemmeno mediare alle persone la sua misericordia».
E proprio in un volume da qualche giorno in libreria, La speranza della famiglia (Edizioni Ares), il porporato tedesco ricorda che «San Tommaso d'Aquino ha affermato che la misericordia è precisamente il compimento della giustizia, perché con essa Dio giustifica e rinnova la creazione dell'uomo. Pertanto, non dovrà mai essere una scusa per sospendere o rendere invalidi i comandamenti e i sacramenti». Concetti che Müller, attirandosi l'ira di Hans Küng, aveva già abbondantemente ripetuto, confermando la sua netta opposizione alla concessione della comunione ai divorziati risposati. Posizione mantenuta anche dopo la lunga relazione del cardinale Walter Kasper tenuta in Concistoro lo scorso febbraio: «Non si tratta di esprimere la mia opinione, ma è la dottrina a dirlo: Cristo in qualità di pastore e Cristo come maestro sono sempre la stessa persona».
Era stata poi la volta del cardinale Carlo Caffarra, primo preside dell'Istituto Giovanni Paolo II per studi su Matrimonio e famiglia, e ora arcivescovo di Bologna. Con una lunga intervista al Foglio, Caffarra aveva ribadito l'attualità di quanto scritto da Papa Wojtyla nella Familiaris Consortio, manifestando stupore davanti alle parole di Kasper che avvertiva sui rischi di deludere le aspettative che tanti fedeli hanno riposto sull'assise sinodale: «Di quali attese stiamo parlando? Di quelle dell'Occidente? É dunque l'Occidente il paradigma fondamentale in base al quale la Chiesa deve annunciare? Siamo ancora a questo punto? Sono molto perplesso e pensoso quando si dice che o si va in una certa direzione, altrimenti sarebbe stato meglio non fare il Sinodo. Quale direzione? La direzione che, si dice, hanno indicato le comunità mitteleuropee? E perché non la direzione indicata dalle comunità africane?», aggiungeva il porporato emiliano.
Una critica da eminente storico della Chiesa veniva firmata prima su Tagespost e poi su Avvenire dal cardinale Walter Brandmüller, presidente emerito del Pontificio Comitato di Scienze storiche. Brandmüller contestava il riferimento fatto da Kasper alle tesi di Giovanni Cereti, (sacerdote esperto in patristica e teologia) secondo il quale già nella Chiesa primitiva le seconde nozze dei divorziati erano riconosciute dalla Chiesa. «Tesi insostenibile», notava il porporato, che aggiungeva: «Sebbene alcuni Padri abbiano manifestato una certa tolleranza in riferimento a singole situazioni difficili, né nell’Occidente, né nell’Oriente si può però parlare di un regolare riconoscimento delle seconde nozze dopo il divorzio e di una ammissione all’Eucaristia dei divorziati risposati».
Posizione simile è quella del cardinale Velasio De Paolis, canonista già alla guida dell'Apsa, che aprendo l'anno giudiziario del Tribunale ecclesiastico dell'Umbria, citò interi passaggi della relazione di Kasper, osservando che «spesso, e giustamente, si dice che noi non siamo chiamati a condannare le persone; il giudizio infatti appartiene a Dio. Ma una cosa è condannare, un’altra è valutare moralmente una situazione, per distinguere ciò che è bene e ciò che è male; esaminare se essa risponde al progetto di Dio sull’uomo. Questa valutazione è doverosa».
Da ultimo, a prendere pubblicamente posizione con un'intervista pubblicata sul sito Word on Fire, è stato il cardinale canadese Thomas Collins, arcivescovo di Toronto: «Il comando di Gesù sull’indissolubilità del matrimonio è centrale per la concezione cristiana del matrimonio e non può essere cambiato dalla Chiesa. Spero che non si ripeta quanto accaduto per speculazioni infondate riguardo al cambiamento dell’esplicito insegnamento della Chiesa sul matrimonio».
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