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sabato 8 dicembre 2018

GRAZIE AL PROF. D'ANTONI PER QUESTA PROFEZIA DI RORTY CHE NEL 1997 ANTEVEDEVA UNA GLOBALIZZAZIONE IN CUI LA CASTA AL POTERE PROVOCHERA' L'IMPOVERIMENTO DI GRANDI MASSE DI LAVORATORI E LE NAZIONI IMPOVERITE SARANNO DISTRATTE DA SCONTRI ETNICO-RELIGIOSI E SULLE ABITUDINI SESSUALI
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Ecco uno straordinario testo del filosofo americano che nel 1997 già prefigurava quello che sta accadendo oggi. Ringrazio il prof. Massimo D'Antoni per averlo tradotto e pubblicato. Ne propongo alcuni brani.
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La globalizzazione sta producendo un’economia mondiale nella quale ogni tentativo di un paese di evitare l’impoverimento dei suoi lavoratori ha come risultato quello di togliere loro il lavoro. L’economia mondiale sarà presto governata da una classe dominante cosmopolita che non ha verso i lavoratori di qualunque paese un maggiore sentimento di comunanza di quanto non ne avessero i grandi capitalisti americani del 1900 verso gli immigrati che lavoravano nelle loro imprese.
(…)
Questo preoccupante cosmopolitismo economico ha, come sottoprodotto, un attraente cosmopolitismo culturale. Plotoni di giovani e vivaci imprenditori riempiono la Business Class dei voli transoceanici, mentre i posti dietro ai loro sono occupati da panciuti professori come me, che passano da una conferenza interdisciplinare all’altra in località amene.
Ma il nuovo cosmopolitismo culturale è limitato al venticinque per cento degli americani. Il nuovo cosmopolitismo economico prepara un futuro nel quale il rimanente 75% vedrà il proprio tenore di vita ridursi.
(...)
Se la formazione di caste ereditarie proseguirà senza ostacoli, e se le pressioni della globalizzazione creeranno tali caste non solo negli Stati Uniti ma in tutte le vecchie democrazie, l’esito sarà un mondo orwelliano.
In un mondo siffatto, potrebbe non esserci un corrispettivo sovranazionale del Grande Fratello, o un credo ufficiale analogo al Socing, ma vi sarà qualcosa di simile al Partito Interno: i super-ricchi internazionalisti e cosmopoliti, che prenderanno tutte le decisioni importanti.
L’analogo del Partito Esterno orwelliano sarà una classe di professionisti cosmopoliti istruiti e benestanti – la “sovraclasse” di Lind, le persone come voi e come me.
Il mestiere di quelli come noi sarà far sì che le decisioni prese dal Partito Interno siano attuate in modo fluido ed efficiente. Sarà nell’interesse dei super-ricchi garantire alla nostra classe una relativa prosperità e benessere, perché hanno bisogno di persone che facciano finta di essere la classe politica dei diversi stati nazionali.
Per tenere buone le masse, i super-ricchi dovranno mantenere viva l’illusione che le politiche nazionali possano un giorno fare la differenza.
Dal momento che le politiche economiche sono una loro prerogativa, incoraggeranno i politici, sia di destra che di sinistra, a dedicarsi alle grandi battaglie culturali.
L’obiettivo sarà quello di distrarre l’attenzione delle masse, tenere il 75% meno abbiente degli americani e il 95% meno abbiente della popolazione mondiale occupata nelle ostilità etniche e religiose, e nelle discussioni sulle abitudini sessuali.
Se le masse possono essere distratte dalle loro afflizioni da pseudo-eventi creati dai media, inclusa di quando in quando qualche breve e sanguinosa guerra, i super-ricchi avranno ben poco da temere.
(...)
Non stupisce che vedano, come risultato dell’apertura al commercio internazionale, a fronte dei vantaggi per manager e azionisti, e di un miglioramento del tenore di vita nei paesi emergenti, un forte peggioramento del tenore di vita dei lavoratori americani.
E non dovremmo stupirci se considerassero l’intellighenzia di sinistra come schierata a fianco dei manager e gli azionisti – a condividerne gli stessi interessi di classe – dal momento che noi intellettuali, per lo più membri dell’accademia, siamo relativamente protetti, almeno nel breve periodo, dagli effetti della globalizzazione.
A peggiorare le cose, è il fatto che spesso sembriamo più interessati ai destini dei lavoratori dei paesi meno sviluppati che a quello dei nostri concittadini.
(...)
La sinistra culturale sembra spesso convinta che lo stato nazionale sia qualcosa di obsoleto, e che pertanto non abbia senso tentare di resuscitare le politiche nazionali. Il problema è che lo stato nazionale è, e sarà anche nel futuro per noi prevedibile, la sola entità capace di fare la differenza
(…).
Non procura nessuna consolazione a coloro che rischiano di finire in miseria per effetto della globalizzazione sentirsi dire che, essendo gli stati nazionali ormai irrilevanti, dobbiamo trovare qualcosa che li sostituisca.
I super-ricchi internazionali non pensano che serva alcun sostituto, ed è probabile che siano loro a prevalere. Bill Reading aveva ragione a dire che “lo stato nazionale [ha cessato] di essere l’unità elementare del capitalismo”, ma esso rimane l’entità che prende le decisioni in merito ai benefici sociali, e quindi la giustizia sociale.
L’attuale abitudine della sinistra di guardare lontano oltre la realtà nazionale verso un’entità politica globale è tanto inutile quanto lo era la fede nella filosofia della storia di Marx, della quale è diventata un sostituto. Ma entrambe sono irrilevanti rispetto alla questione di evitare il riemergere di caste ereditarie, o evitare che i populisti di destra traggano vantaggio del risentimento che ne consegue.
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Richard Rorty
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Dal libro Achieving our country, del filosofo americano Richard Rorty. Si basa su un ciclo di lezioni da lui tenute all’Università di Stanford tra il 1996 e il 1997.

QUI L'INTERO BRANO TRADOTTO DAL PROF. D'ANTONI:

http://www.ragionidiscambio.it/posts/2017/12/profezie.html

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