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venerdì 18 novembre 2022

Sulla comunione

 Sulla comunione

. Dire: « C’è questa carenza di comunione, allora la voglia è quella di approfondire la comunionalità tra di noi » , porta a qualcosa di fittizio, come tale porterebbe a qualcosa di fittizio. È, invece, la voglia di approfondire la fede in me. È l’ultima domanda, che nessuno ha toccato. È l’ultima domanda: è l’approfondirsi della fede in me, è questo che mi coagula con voi in comunione. C’è un pericolo presente e molto diffuso nel movimento: quello di pensare che la riscossa è l’approfondire la propria appartenenza alla oggettività della comunione. Ma l’oggettività della comunione nasce dall’approfondirsi della fede personale, perché la fede è il rapporto con Cristo e Dio. È quanto più approfondisco la fede che mi unisco a te, perfino se tu resisti. Quando sarete sposati, quanto più un uomo approfondirà il senso del suo rapporto con Cristo dentro la funzione che gli è data, tanto più amerà sua moglie, anche se lei gli facesse le corna. È l’approfondirsi della fede nella persona che, come corollario, come conseguenza, matura la comunione. Non è volendo approfondire la comunione tra di noi che la nostra comunione matura: così emergono e si privilegiano, infatti, gli aspetti psicologici, sentimentali, ideologici. È questo il problema che da due anni il CLU cerca di fare venire a galla. Perciò, la presenza sarà una conseguenza di questo, una conseguenza, anche dal punto di vista dinamico, molto analoga: la presenza avviene quanto più è profonda la coscienza della fede che ho in me. Per questo io ho sottolineato certi termini: la presenza « riempie » , dà « gusto » , dà « pace » , perché sono tutti sintomi personali. A che cosa si oppone questa sottolineatura portata a galla, specialmente quest’anno, con l’idea di presenza? Si oppone all’idea di una presenza come « comunità » , come collettività, come gruppo. Non è che non ci debba essere, ma è la conseguenza. Altrimenti diventa ideologico, si sperpera più presto che tardi, ci si stanca. Per questo, lo volevo citare prima, quando è stato provocato dall’intervento di Parma – dico l’unico caso che io ho visto, de visu , con i miei occhi –, il modo con cui quelli della Cattolica hanno portato avanti, hanno gestito, l’azione dei Cattolici Popolari per far pagare meno la mensa e per le tasse all’Università Cattolica, è proprio stato per me il segno più grande di consolazione che il CLU era cambiato, non dico tutto, ma che il CLU stava cambiando, perché è realmente stata come una festa. Infatti hanno fatto anche una festa, con alcune migliaia di persone, davanti alla Cattolica, perché era stato proibito di farla dentro. Da allora, dalla sconfitta avuta quella volta, i capi dell’Università Cattolica hanno cambiato molto l’atteggiamento. Comunque, era una festa. Io ho visto queste persone ilari, cioè riempite, con gusto, in pace, a differenza di tutto quello che si era fatto in altri anni, come iniziative, in università. Cito questo per sottolineare che il problema è la persona, che tutto deriva dalla fede della persona. Per che cosa, amici miei, siamo qui? Che cosa ci riunisce? Fare CL? Ma fatevelo voi CL, se volete proprio giocare anche da grandi! È il problema della propria vita, della mia vita, del significato della mia vita, della verità della mia vita, della verità del mio rapporto col mondo e perciò della verità del mio rapporto col tempo, col destino! Questo è il problema: è la fede, che cosa realmente significhi che Cristo è il significato della mia vita. Il resto è tutto corollario, viene fuori, viene a galla, con i suoi strumenti mediativi, eccetera, ma è questo il punto. In questo senso, una gestione di CL ( si chiami CLE, si chiami CLU, si chiami insediamento), in cui prevalga  la « gestione » , cambia la faccia del significato della diaconia: o la diaconia è punto di gestione oppure è il primo luogo dove c’è gente che vive la fede. 


 Giussani Luigi, Dall'utopia alla presenza: (1975-1978),BUR

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