la certezza dell’autocoscienza
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Perciò tutte le circostanze per cui il Signore ci fa passare sono per maturare in noi «l’autocoscienza,
una percezione chiara ed amorosa di sé, carica della consapevolezza del
proprio destino e dunque capace di affezione a sé vera, liberata
dall’ottusità istintiva dell’amor proprio. Se smarriamo questa identità,
nulla ci giova» (L. Giussani, «È venuto il tempo della persona», op.
cit., p. 12).........La persuasione di cui parla san Paolo è la certezza dell’autocoscienza. Chi non desidera almeno un grammo di questa certezza? Allora, è solo se noi vediamo all’opera la contemporaneità di Cristo che siamo veramente vittoriosi. Essere vittoriosi non vuol dire «prendere il potere». Essere vittoriosi vuol dire vedere la vittoria di Cristo, anche se siamo spogliati di tutto. Essere vittoriosi significa essere traboccanti della Sua presenza.
Per questo, dobbiamo decidere dove troviamo la risposta al desiderio di felicità che ci scopriamo addosso perché siamo fatti per l’infinito. Solo così potremo collaborare alla missione della Chiesa, che «non è l’accanimento del proselitismo, ma una testimonianza che lascia trasparire l’attrattiva di Gesù, è lo struggimento perché tutti siano salvati» (A. Scola, Alla scoperta del Dio vicino, Centro Ambrosiano, Milano 2012, p. 31), come ci ha ricordato il cardinale Scola nella sua recente lettera pastorale.
Con negli occhi quella Presenza che l’ha guarito, Gesù lancia il cieco
nella mischia, non lo tira fuori. Cioè: Cristo genera un io in grado di
vivere il reale, come il cieco che ha la semplicità di riconoscere che
prima non ci vedeva e adesso ci vede. La sua coscienza era determinata
da quello che gli era successo. Con questa autocoscienza può stare
davanti a tutti, non perché sia più potente, ma per questa semplicità
nell’aderire a quello che gli è capitato. Questa è la potenza
dell’autocoscienza - e nell’ultimo arrivato! -, e tutti i sapienti tra i
farisei nulla hanno potuto rispetto a un io che aveva questa
autocoscienza.
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