STORIA/
C'è un altro Massimiliano Kolbe che non conosciamo
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lunedì 24 settembre 2012
Nel 1927, poiché il
convento di Grodno era ormai diventato troppo piccolo, fondò non lontano
da Varsavia, su un terreno ricevuto in dono, il convento di
Niepokalanów (La città dell’Immacolata).
La sera prima del trasferimento definitivo e Niepokalanów, padre Kolbe rivolse queste parole ai suoi confratelli: “Niepokalanów,
dove tra poche ore ci recheremo, è il luogo che l’Immacolata ha scelto e
destinato unicamente alla diffusione del Suo culto. Tutto ciò che c’è e
ci sarà a Niepokalanów è Suo. Anche noi siamo stati scelti
dall’Immacolata e per questo siamo divenuti Suoi. Domani è la festa
della Presentazione della Santissima Vergine Maria al Tempio. Lei,
l’Immacolata, è stata offerta a Dio, e anche noi, alla vigilia della Sua
festa, offriamo noi stessi e ci consacriamo come strumenti inutili
nelle Sue mani, consacriamoci interamente, senza riserve e per sempre.
Nel nuovo convento la nostra dedizione dovrà essere totale. La vita
religiosa vi dovrà fiorire in pieno, vi praticheremo soprattutto
l’obbedienza. Saremo molto poveri, secondo lo spirito di san Francesco.
Ci saranno molto lavoro, molte sofferenze e ogni tipo di scomodità.
Osserveremo rigorosamente la nostra Regola, le sante Costituzioni e
tutte le norme della vita religiosa, perché Niepokalanów dovrà essere un
modello di vita religiosa” (Konferencje (Conferenze), Niepokalanów 1990, pp. 11-12).
Padre Kolbe così descrisse in una
lettera ai superiori la missione che egli intuiva per Niepokalanów: “Non
solo difendere la fede, contribuire alla salvezza della anime, ma con
un ardito attacco, non badando affatto a se stessi, conquistare
all’Immacolata un’anima dopo l’altra, un avamposto dopo l’altro,
inalberare il suo vessillo sulle case editoriali dei quotidiani, della
stampa periodica e non periodica, delle agenzie di stampa, sulle antenne
radiofoniche, sugli istituti artistici, sui teatri, sulle sale
cinematografiche, sui parlamenti, sui senati, [in una] parola,
dappertutto su tutta la terra; inoltre vigilare affinché nessuno mai
riesca a rimuovere quei vessilli” (Lettera al Provinciale padre Kornel
Czupryk del 21 dicembre 1928; Pisma, 167; Scritti: 199). Qui il Santo
afferma con grande chiarezza che l’attività di Niepokalanów ha un
carattere missionario e chiede ad ogni monaco lo stesso impegno di chi
va in missione. Egli non desiderava altro che la conversione e la
santificazione di tutti e per questo i membri della comunità di
Niepokalanów, che vi erano entrati con un permesso speciale dei
superiori, dovevano essere disposti a sottomettere tutta la propria vita
agli scopi e alle opere missionarie per conquistare tutti gli ambiti
della vita sociale alla fede e alla vita dentro la Chiesa, esattamente
come è per i missionari.
Nella stessa lettera aggiunse: “Immagino
Niepokalanów in questo modo, forse è un’esagerazione, ma mi sembra che
senza questo eccezionale ideale missionario Niepokalanów non avrebbe
ragione di esistere e si ridurrebbe ad un normale luogo
monastico-editoriale […] le cui rivistine non hanno aspirazioni elevate,
che nel migliore dei casi devono servire come fonte di reddito, pur
essendo del resto destinate a finalità nobilissime”.
La tiratura del “Cavaliere” arrivò in
pochi anni a quasi un milione di copie e ad esso si accompagnarono “Il
Piccolo Cavaliere dell’Immacolata”, per i bambini, con una tiratura di
221mila copie e il “Piccolo Quotidiano” che arrivò a 225mila copie,
mentre i membri della Milizia già nel 1927 erano quasi 150mila. Le
riviste non si occupavano solo di tematiche strettamente religiose, ma
prendevano posizione anche sui problemi sociali, politici e culturali,
cosa che provocò la reazione della stampa liberale e laicista, che non
perdeva occasione ridicolizzare l’opera di Massimiliano.
Niepokalanów non era soltanto un
convento, ma una vera e propria cittadella, totalmente autonoma ed
autosufficiente e perfettamente organizzata, così da svolgere con la
maggior efficacia possibile il compito affidatole da Dio e al tempo
stesso da valorizzare le capacità e i talenti di ognuno in uno spirito
di grande fraternità e comunione: aveva pozzi, fognature, vialetti
asfaltati, una ferrovia a scarto ridotto, un garage, una centrale
elettrica, un allevamento di bestiame, un allevamento di api, una
stazione radio, un ospedale e il cimitero, laboratori di falegnameria,
un laminatoio, officine meccaniche, generatori elettrici, e, ovviamente,
tutto ciò che era indispensabile al lavoro editoriale: tipografia,
impaginazione, distribuzione. In tutto questo c’era ordine, armonia ed
efficienza così da non sprecare nessun uomo, nessun talento, nessun paio
di mani, ma anche nessun mattone, asse, chiodo o pezzo di carta.
Un’infrastruttura così sviluppata serviva ad un unico fine: guadagnare a
Dio il maggior numero possibile di anime attraverso l’Immacolata (Padre
Jacek Pędziwiatr: Il san Massimiliano che non conosciamo: manager dell’Immacolata).
Nel 1930 padre Kolbe insieme a quattro
confratelli lasciò Niepokalanów e si recò in missione in Giappone, a
Nagasaki, dove fondò una seconda Niepokalanów con un noviziato e un
seminario minore, inoltre fondò dei centri di spiritualità sul modello
di Niepokalanów anche in Cina e in India. Nel 1936 l’edizione giapponese
del “Cavaliere” aveva già una tiratura di 65mila copie.
Tornò in Polonia nel 1936 per guidare
Niepokalanów, che nel frattempo era diventato il più grande monastero
cattolico del mondo: nel settembre del 1939 i frati erano quasi 800, e i
candidati continuavano ad arrivare in gran numero, basti pensare che il
padre guardiano di Niepokalanów disse nel 1935 a un giornalista che
tutti gli anni arrivavano circa 1800 domande di candidati, di cui, dopo
uno scambio epistolare, ne venivano accettati circa 100, e, dopo il
postulandato di sei mesi e il noviziato di un anno, circa la metà
prendeva i voti.
In Giappone, Massimiliano aveva scoperto
la radio e una volta tornato in patria decise di dar vita ad una
stazione radiofonica a Niepokalanów, ma poiché la legge polacca vigente
all’epoca non prevedeva una tale possibilità, egli si iscrisse
all’associazione polacca dei radioamatori e così la stazione radio
iniziò le sue trasmissioni a livello nazionale nel 1937. La radio
continuò a trasmettere fino all’occupazione tedesca della Polonia nel
1939 e alla deportazione dei frati in campo di concentramento. Il resto,
è noto.
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