MARXISTI, RADICALI E SOCIALISTI FOLGORATI DA RATZINGER
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Quello di Ratzinger è stato un “tentativo eroico di arginare la forma postmoderna dell’Anticristo”. A pronunciare queste parole – in riferimento al magistero di Benedetto XVI sui grandi temi etici e antropologici – è stato uno dei più importanti pensatori marxisti dei nostri anni, Mario Tronti, già fondatore teorico dell’operaismo e impegnato politicamente nel Pci, poi nel Pds e nel Pd. Sorprendente è anche il luogo in cui Tronti è intervenuto, sabato 26 ottobre. Si trattava della Nona edizione degli “Incontri di Norcia” della Fondazione Magna Carta.ACCADDE A NORCIA. L’evento infatti ruotava attorno a due testi d’ispirazione ratzingeriana: il “Manifesto di Norcia”, lanciato nel 2011 da Gaetano Quagliariello, Eugenia Roccella e Maurizio Sacconi, che intendeva parlare al centrodestra; e il manifesto dei cosiddetti “Marxisti-ratzingeriani”, scritto da Giuseppe Vacca, Mario Tronti, Pietro Barcellona e Paolo Sorbi che parlava alla sinistra democratica.
Il punto d’incontro di intellettuali così diversi per storia e per appartenenza politica è proprio Joseph Ratzinger. Sia la sua lezione come vero gigante della cultura contemporanea, sia il suo magistero come papa Benedetto XVI. Infatti il titolo del convegno di quest’anno era “Ratzinger oltre Ratzinger”. Si converrà che in un Paese come l’Italia un simposio del genere – per di più nel nome del papa emerito – è un avvenimento eccezionale. Che dovrebbe far clamore. Ancora di più se si tengono presenti le storie personali dei protagonisti.
Quagliariello viene da una militanza radicale e dalla cultura liberale. Maurizio Sacconi dal mondo del socialismo riformista. Eugenia Roccella fu una militante radicale e femminista (tutti e tre sono oggi parlamentari del Pdl). Dall’altro lato Giuseppe Vacca è stato lo storico togliattiano del Pci ed è Presidente della Fondazione Gramsci. Mario Tronti è – come ho detto – uno dei maggiori filosofi marxisti italiani ed è stato dirigente del Pci e parlamentare del Pds e oggi del Pd; Pietro Barcellona (purtroppo recentemente scomparso, ma ha rappresentato un pilastro essenziale di questo gruppo) è stato un intellettuale autorevole e deputato del Pci (nel 2010 rese noto il suo avvicinamento alla fede cattolica). Infine il sociologo Paolo Sorbi si è formato nella famosa facoltà di sociologia di Trento insieme a Renato Curcio e Mara Cagol, quindi – dalla militanza politica e intellettuale nella sinistra – è passato anni fa al cattolicesimo.
Come si vede nemmeno uno proviene dal tradizionale associazionismo cattolico o comunque da aree contigue. Al contrario, per anni tutti hanno militato intellettualmente e politicamente in mondi opposti alla Chiesa. Quindi è clamoroso che si ritrovino oggi nella riflessione sul pensiero di Ratzinger e specialmente su quei temi che più – in questi anni – hanno caratterizzato i pronunciamenti del magistero cattolico.
UN APPELLO. Non che, negli scorsi decenni, non vi siano stati importanti intellettuali laici e anche marxisti che hanno convenuto con la Chiesa sui temi etici più scottanti. In controtendenza con la deriva radicale e nichilista presa dalle culture dominanti. Penso alle posizioni di Max Horkeimer – fondatore della Scuola di Francoforte – contro la pillola, bocciata nell’Humanae vitae di Paolo VI (proprio mentre tanti intellettuali cattolici cominciarono a dissentire dal Papa). O penso alle posizioni contro l’aborto che assunsero prima Pier Paolo Pasolini e poi Norberto Bobbio. O al dialogo fra Joseph Ratzinger e Jurgen Habermas.
Tuttavia l’incontro di Norcia rappresenta una grossa novità. Per la prima volta compare sulla scena un gruppo di intellettuali, di culture e appartenenze politiche laiche e molto diverse, che insieme si appropriano di quella riflessione etica che finora ha caratterizzato il discorso della Chiesa. E che insieme parlano ai diversi schieramenti politici suonando l’allarme sull’“emergenza antropologica” che rischia di affondare la nostra civiltà. Infatti il convegno di Norcia si è concluso con una dichiarazione comune di tutte queste personalità che andrebbe letta attentamente.
In questa Italia lacerata da una sorta di guerra civile permanente essi avvertono “la necessità nella dimensione politica di un umanesimo condiviso quale è stato disegnato, per credenti e non credenti, dalla tradizione cristiana e dalla Costituzione repubblicana”. Poi sottolineano che siamo dentro “una vera e propria emergenza antropologica” e affermano che “le funzioni di governo sono investite di responsabilità in relazione al valore della vita, della famiglia naturale, della libertà educativa, alla luce anche dei nuovi comportamenti sociali”. Sottolineo, fra le altre cose, il felice ingresso del tema della libertà di educazione. Infine i firmatari della dichiarazione rivolgono un appello al Parlamento:
“Noi invitiamo il Parlamento ad una moratoria legislativa sui temi eticamente sensibili con lo scopo di sostituire il conflitto ideologico con il reciproco ascolto tra sostenitori delle diverse tesi in funzione di soluzioni unificanti e non divisive la società italiana. Ed invitiamo i grandi partiti che hanno in corso processi di verifica interna, destinati a concludersi emblematicamente nello stesso giorno (8 dicembre), a misurarsi con i temi antropologici nella ricerca di una comune base etica della nazione”.
A me pare un evento davvero significativo. Qualcosa che dovrebbe catalizzare l’attenzione dei media. Invece accade che personalità così autorevoli, dalle storie così significative e lontane dalla Chiesa, che oggi individuano nell’insegnamento di Papa Ratzinger il punto di riferimento per pensare il presente (in alcuni casi anche arrivando alla fede personale), passino del tutto inosservate sia ai media laici che all’establishment clericale. I primi troppo impegnati a celebrare quotidianamente il nulla, i secondi – penso al Cortile dei gentili – troppo desiderosi di accodarsi alla pochezza nichilista delle mode mondane.
UN’ITALIA MIGLIORE. Eppure il cammino che ha portato a Norcia questi due gruppi è serio, è un percorso intellettuale forte, profondo. E si radica nelle culture storiche di questo Paese (il marxismo, il radicalismo, il socialismo e il liberalismo), che si incontrano – a sorpresa – su quel terreno bimillenario che è il cattolicesimo. Il loro dunque è un appello che meriterebbe l’attenzione dei media. Perché fa intravedere davvero la possibilità di un’Italia totalmente diversa. Non più lacerata dai conflitti che oggi occupano le pagine dei giornali, tanto feroci quanto culturalmente miseri.
Con intelligenza Giuseppe Vacca, nella sua relazione a Norcia, ha colto la continuità fra Ratzinger e papa Francesco nell’enciclica “Lumen fidei”, scritta a quattro mani dai due pontefici. Proprio partendo da un passaggio di quell’enciclica Vacca afferma il valore sociale e pubblico della predicazione cristiana.
Se, infatti, “l’età moderna iniziò dal ‘come se Dio non esistesse’ che accompagnava l’emergere dalle guerre di religione dello Stato-nazione europeo, che relegava le religioni in uno spazio proprio… a conclusione del ciclo storico dello Stato-nazione come soggetto egemonico della modernità, dinanzi al rischio della ‘catastrofe antropologica’, può essere il ‘come se Dio esistesse’ il principio di una nuova alleanza tra fede e ragione? Se il contenuto della fede” dice Vacca “è il sapere dell’amore, un sapere che non si attinge da nessun’altra esperienza, ma solo dal riconoscimento dell’Altro, non solo è storicamente giustificato il ruolo pubblico della religione, ma è anche necessario che quel sapere venga trasmesso e insegnato”.
Questa può essere l’alba di una vera rivoluzione culturale.
(Tratto da Libero)
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