Il litio non cura solo la depressione ma protegge anche la mente
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E' un metallo prezioso per il cervello. I suoi sali sono il più valido stabilizzatore dell'umore e ora una ricerca canadese suggerisce che può dimostrarsi efficace anche per, l'ippocampo, un'area preposta alla memoria
PUBBLICATO IL 05-10-2012
Serena Zoli
E' un metallo prezioso per il cervello. E' il più valido stabilizzatore dell’umore e ora uno studio suggerisce che può essere efficace anche per l'ippocampo, area preposta alla memoria
«Studi recenti hanno ri-dimostrato che il litio è probabilmente il migliore degli stabilizzatori dell’umore di cui disponiamo. Più dell’acido valproico e della carbamazepina, che negli ultimi anni una certa controtendenza aveva posto in maggior rilievo».
Spiega la dottoressa Laura Musetti ricercatrice presso il Dipartimento PNFB, sezione Psichiatria, dell’università di Pisa. Si è anche pensato di aggiungerlo nell’acqua del rubinetto come si fa a volte col fluoro per prevenire le carie ai denti o con lo iodio aggiunto al sale per prevenire il gozzo e certe disfunzioni tiroidee: nel caso del litio la prevenzione riguarderebbe nientemeno che il suicidio.
«Ma l’idea - avverte la ricercatrice - di diluirlo nell’acquedotto sì, c’è stata, da parte di vari autori, però è fantascientifica. Vero è che è molto raro il suicidio in chi è curato con i sali di litio per la depressione e il disturbo bipolare».
VOLUME RIDOTTO
Molti e di primo livello sono, dunque, i pregi del litio. Ed ora uno studio canadese dell’Università di Halifax ne prospetta un altro: la capacità neuroprotettiva dai danni derivanti dalla bipolarità. Quello che con la risonanza magnetica funzionale hanno constatato gli psichiatri guidati dal dottor Tomas Hajek è che in quanti soffrono di un disturbo bipolare l’ippocampo, zona del cervello importante per la memoria, risulta di volume ridotto se nella terapia non è compreso il litio mentre tale valore risulta identico a quello delle persone sane (gruppo di controllo) se i malati bipolari stanno seguendo una cura comprensiva del litio.
«C’è un filone di ricerca recente sull’azione neuroprotettiva di questi sali, che potrebbe essere promettente per altri problemi, ma che necessita di conferme», conclude Laura Musetti. A lei chiediamo di fare un “ritratto” di questo importante farmaco che si trova in natura (è un metallo) e intorno al quale si sono create piccole mitologie, in positivo e in negativo.
UNA CURA DI ANNI
Ma il litio si usa solo per i malati bipolari? Non anche per chi soffre solo di depressione? «Sì, anche per in alcuni quadri di depressione resistente ai trattamenti o in cui la bipolarità si manifesta in forma attenuata, il litio può essere impiegato con successo». Ma è vero che il litio si deve poi prendere per sempre? «In molti casi sì, per tutta la vita. Ma non perché si crei una dipendenza come da una droga, bensì perché in certe persone dura tutta la vita la malattia. Che si cura, ma non si guarisce.
Come accade col diabete o l’ipertensione, che richiedono una terapia a lungo termine. Comunque questo non vale per tutti i malati di depressione uni o bipolare: però se si decide di adottare il litio (in genere il carbonato di litio), è nella prospettiva di un impiego di anni».
CONTROLLI INIZIALI
Come ogni farmaco il litio ha i suoi bravi effetti collaterali, no? «Certo, che richiedono delle precauzioni iniziali», risponde la Musetti. «Va prima controllata la funzione renale, che andrà poi rivista periodicamente, la funzione tiroidea (potrebbe crearsi un ipotiroidismo), la situazione cardiologica che non deve presentare gravi alterazioni.
Sono a sfavore dell'adozione del litio anche alcune malattie dermatologiche tipo una grave psoriasi, che sarebbe potenziata. Può accadere anche per l’acne, specie nei maschi». Il litio fa anche ingrassare… «E’ vero, c’è un aumento di peso, però se la persona è informata può controbilanciarlo con una dieta. Purtroppo fanno ingrassare anche gli altri stabilizzatori dell’umore».
LA LITIEMIA
Infine, avverte la psichiatra pisana, occorre conoscere i controlli per arrivare ai livelli terapeutici e tenersi sotto il rischio di intossicazione: «Litiemia è l’esame del sangue da eseguire per verificare di aver raggiunto un valore compreso tra 0,5 e 1,0 mEq/l. All’inizio questo test ematico si fa una volta alla settimana, poi ogni due mesi e successivamente ogni 3-4 mesi.
- Due volte l’anno si rifanno gli esami per i reni e la tiroide». Visti tutti questi controlli, è un farmaco rischioso? «Non direi, se appunto ci si attiene ai controlli. Oltretutto è emerso che il litio mantiene le sue capacità di stabilizzatore del tono dell’umore anche ai livelli più bassi, sullo 0,5mEq/l. Si deve solo ricordare che non bisogna interromperlo bruscamente, ma gradualmente, col consiglio medico. Altrimenti il rischio di una ricaduta è quasi certo».
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