Il chitosanoè un polisaccaride estratto dalla chitina presente nello scheletro dei cristacei marini utile per la riduzione del peso corporeo e il controllo del colesterolo, in quanto ha la capacità di legare a sé i grassi impedendone l'accumulo. Scopriamola meglio.
Il chitosano è un polisaccaride lineare, composto da D-glucosamina e N-acetil-D-glucosamina, che protegge crostacei ed insetti conferendo durezza e resistenza ai gusci, carapaci e corazze.
Dove si trova il chitosano
Il chitosano è sintetizzato mediante deacetilazione delle chitine, con una soluzione acquosa basica. La chitina si trova, in natura, nell'esoscheletro di crostacei marini come granchi, gamberi.
Il chitosano viene utilizzato nelle diete ipocaloriche per la riduzione del peso corporeo, in quanto ha la capacità di legare a sé i grassi impedendone l'accumulo. I gruppi amminici del chitosano a forte polarità positiva attirano i gruppi carbossilici a carica negativa dei lipidi (colesterolo, trigliceridi) e di quelli biliari.
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Questa capacità di assorbire i grassi, favorendone l'eliminazione con le feci, viene sfruttata in molti prodotti destinati alle personesovrappesoo con elevatilivelli di trigliceridiecolesterolo nel sanguein quanto, il chitosano ne limita l'assorbimento e l'accumulo, favorendo così l'equilibrio tra massa grassa e massa magra o muscolare.
Questi legami di tipo elettrolitico che si formano tra chitosano e lipidi presentano scarsa tendenza a legarsi con l’acqua, non vengono digeriti dagli enzimi del nostro apparato digerente e di conseguenza non possono essere assorbiti per via intestinale; così il chitosano cattura il grasso inglobandolo, per poi essere eliminato attraverso le feci a livello intestinale
Datti pace. La pace È solo il tuo cuore Sprigionato.
Fratello, se vuoi l’amore, Diventalo. Tu sei l’amore: Tutto l’amore che cerchi.
Non chiedere perciò la pace al mondo. E non pretendere l’amore da nessuno. La pace dalla tu. ………………………….Falla Tutti i giorni, con le tue mani. ………………………………………………E dallo tu L’amore. …………….Scroscia, dònati, irradia: Sii felice. ……………È dandolo L’amore che lo ricevi In abbondanza.
Del Noce, una lettera inedita indirizzata al filosofo uruguayano Alberto Methol Ferré datata 2 giugno 1982, il cui contenuto
è la guerra anglo-argentina di quei giorni:
«L'orrore che ispira un'Inghilterrache attacca nel momento stesso in cui il Papa sta per parlare (e certo l'attacco in quel momento era imprevisto), che ottiene una vittoria mista al sacrilegio,è difficile da descrivere. Ma neppure questa vittoria ci sarebbe stata senza l'appoggio determinante degli Stati Uniti. E fosse vero che non c'è un'Europa! Invece un'Europa si è effettivamente formata in questi decenni con un'egemonia nordamericana (che ha corrotto le menti e i cuori europei in una maniera che fino a oggi non era mai stata raggiunta), e un potere di secondo grado; ed è l'Europa che assiste indifferente, oltreché all'ingiustizia contro l'Argentina, al genocidio dei palestinesi operato dagli israeliani» (lettera inedita citata in: Massimo Borghesi,Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale, Jaca Book, Milano, 2017, p. 180).
Ancora nel suo diario in data 13 agosto 1982: «Pensiero della mia passeggiata: l'idea della terza superpotenza, lo Stato d'Israele, con diritto di giustizia diretto contro tutti gli altri elementi di altri Stati che giudicherà anti israeliani o antisemiti (la distinzione non è valida per gli israeliani)». Quindi in data 15 agosto: «Ho l'impressione che due giorni di tregua nel bombardamento di Beirut siano stati sufficienti per addormentare il sentimento di orrore per quello che gli israeliani hanno fatto. Anche l'uso della parola genocidio sarà sfuggito nei prossimi giorni, come banale. Gli israeliani avranno liquidato i palestinesi, con la gratitudine degli occidentali: anche se per ora dovranno mettere da parte il sogno della superpotenza» (entrambe le citazioni in: Gli inediti. I miei nemici, i miei amici, in "Il Sabato", 29 dicembre 1990)
Cfr. Alessandro Banfi Il suo asse Profezia sul dopo voto (intervista a Augusto
Profetico Del Noce.
«Dietro questo congedo dell’ideologia, dietro questa critica apparente al totalitarismo, si nasconde un totalitarismo di nuova natura, assai più aggiornato, assai più capace di dominio assoluto di quel che i modelli passati, Stalin e Hitler inclusi, non fossero. Dico si nasconde, ma sarebbe meglio dire che oggi si dichiara abbastanza apertamente: è il superpartito tecnocratico che attraversa i partiti, che ha in possesso le sorgenti di informazione, che cura la propria apologia attraverso la casta degli intellettuali, che è equamente ripartito secondo le varie posizioni culturali e politiche dai cattolici ai comunisti… Se ben si guarda l’avversario che abbiamo oggi da affrontare è questo: e si vedano quanto siano inadeguate tutte le presenti posizioni culturali e politiche perché si sono formate contro avversari che erano diversi e sono lontani».
(Augusto Del Noce, Il Sabato, 3 novembre 1988, in Lucio Lanna, Attraversare la modernità – Il pensiero inattuale di Augusto Del Noce, Cantagalli 2024, pp. 96-97).
Cosa si aspetta da me ora, che faccia triste o allegra? Non sono triste. Vorrei unire le mani e dire: figli, sono così felice e sono così grata, e la vita mi sembra così bella e piena di senso. Sì, bella e piena di senso, mentre sono qui ai piedi del letto del mio amico morto, morto troppo giovane, e nonostante possa essere deportata in un luogo sconosciuto in qualsiasi momento. Mio Dio, ti sono grata per tutto. Continuerò a vivere con ciò che sopravvive eternamente nei morti, e ciò dei vivi che è morto, lo farò risorgere di nuovo, finché non ci sarà nient'altro che vita, una sola e grande vita, Signore. Ha così senso che tu sia entrato nella mia vita, non poteva andare diversamente. Addio..... ( Etty Hillesium, Diario)
«Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso, e la saggezza per conoscerne la differenza.
Vivendo un giorno per volta; assaporando un momento per volta; accettando la difficoltà come sentiero per la pace.
Prendendo, come Lui ha fatto, questo mondo peccaminoso così com'è, non come io vorrei che fosse. Confidando che Egli metterà a posto tutte le cose, se io mi arrendo al Suo volere. Che io possa essere ragionevolmente felice in questa vita, e infinitamente felice con Lui per sempre nella prossima.»
E'il principale sistema antinfiammatorio del nostro organismo.
Chiamato anche "Cholinergic Anti-inflammatory Pathway (CAP)" “riflesso antinfiammatorio del vago”, è stato identificato per la prima volta nel 2000, con una pubblicazione su Nature.
La sua funzione si riduce a causa dello stress cronico e dell'infiammazione.
Il nervo vago, o X (decimo) nervo cranico, è la principale via di controllo parasimpatica del nostro corpo, regola le risposte a determinati fattori di stress e collega il cervello agli organi interni: esofago, laringe, faringe, polmoni, cuore, fegato, cistifellea, stomaco, intestino, pancreas, milza, surreni.
E' responsabile delle nostre espressioni facciali.
Quali sono le principali funzioni?
Produce effetti antinfiammatori grazie alla produzione di acetilcolina, ed è responsabile dell'equilibrio del sistema nervoso, immunitario, ormonale e metabolico.
Regola: la digestione, la funzione gastrointestinale, la secrezione pancreatica, della bile e della saliva; i livelli di glucosio nel sangue, il testosterone e la fertilità femminile.
È importante sapere che l'asse cervello-intestino, è regolata dal nervo vago, fortemente influenzato da problematiche psicologiche come l’ansia, la depressione e lo stress (Sun et al. 2013)
Mantiene la frequenza cardiaca, la sudorazione, la respirazione e riceve informazioni dall'orecchio.
Ha un ruolo importante contribuendo a diminuire l’infiammazione post-ictus nell'area infartuata.
Favorisce il rilassamento (ritmo sonno-veglia).
È l’attivazione del nervo vago, e quindi del sistema nervoso parasimpatico, che permette la ripresa delle normali funzioni psico-corporee dopo la reazione di stress.
L'attività del nervo vago, oltre contrastare le infiammazioni, riduce lo stress ossidativo, ed è connessa con il funzionamento della corteccia frontale e dell’amigdala che sono fondamentali per la regolazione delle emozioni (Urry et al., 2006); migliora la qualità del sonno, migliora l'umore, la concentrazione e la capacità di scelta.
Il Nervo Vago, compresso o irritato o mal funzionante, può essere responsabile di numerosi sintomi disfunzionali
"Chi cerca di aiutare una farfalla a uscire dal suo bozzolo, la uccide. Chi cerca di aiutare un germoglio a uscire dal seme, lo distrugge. Chi tenta di risvegliare la coscienza in qualcuno che non è pronto, lo confonde. Ci sono cose che non possono essere forzate; devono avvenire dall'interno verso l'esterno."
Gli antichi consideravano il Dio incarnato una follia; ieri come oggi, i cristiani sono derisi, impotenti eppure sempre lieti. In Cristo la ragione ritrova il suo senso, e l’uomo può esultare.
Pubblichiamo una conversazione radiofonica a Radio Liberty del grande teologo ortodosso padre Aleksandr Šmeman, parte di una serie trentennale destinata agli ascoltatori dell’Unione Sovietica (una scelta è raccolta nel libro I passi della fede).
«La tua nascita, o Cristo Dio nostro, ha fatto risplendere al mondo la luce della ragione…». Così comincia il tropario della festa di Natale, affermando che con Cristo ha fatto ingresso nel mondo non solo la figura dell’uomo perfetto, ma anche la rivelazione suprema, onnicomprensiva del Significato.
La Luce della Ragione! Ma proprio qui si combatte un’inveterata lotta contro il cristianesimo e Cristo, e insorgono contro di Lui tutti quelli che pensano che la ragione sia loro e dalla loro, e che in nome della ragione e della ragionevolezza occorra distruggere tutto ciò che è legato al Bambino di Betlemme.
Questo dibattito dura da quasi duemila anni. San Paolo giunge ad Atene e prende la parola nell’Areopago, dove sono assisi tutti i luminari della scienza e della filosofia di quel tempo, per predicare Cristo crocifisso e risorto. Ed essi, i sapienti, lo deridono e gli rispondono: «Su questo ti sentiremo un’altra volta» (At 17,32). Questa gente ha dalla sua il colosso dell’impero romano.
I cristiani vengono osteggiati, perseguitati, malmenati per quasi duecento anni: sono fuori legge, senza diritti, dei paria. La loro dottrina viene denigrata, i loro rituali derisi, loro stessi vengono coperti di calunnie.
Eppure, fra tutto questo buio e astio lo stesso san Paolo scrive ai cristiani con grande semplicità e pace, facendo notare che il mondo li considera «come impostori, eppure veritieri; come sconosciuti, eppure ben conosciuti; come moribondi, eppure eccoci viventi; come puniti, eppure non messi a morte; come afflitti, eppure sempre allegri; come poveri, eppure arricchendo molti; come non avendo nulla, eppure possedendo ogni cosa» (2 Cor 6,8-10).
Passano gli anni. Lentamente, gradualmente filosofi e scienziati cominciano a riflettere su questa dottrina che sembrava loro tanto incomprensibile, irrazionale, strana. A metà del II secolo un filosofo di nome Giustino, che aveva passato tutta la vita alla ricerca della verità, aveva studiato tutte le scienze, approda infine al cristianesimo.
La sua opera è giunta fino a noi. Che cosa l’ha attratto a seguire questa fede perseguitata e l’ha condotto fino al martirio? Risponde: «La luce della ragione», la suprema ragionevolezza, la sapienza onnicomprensiva della Rivelazione cristiana.
Il cristianesimo risponde a tutte le domande, esso solo è in grado di soddisfare fino in fondo il bisogno di sapere dell’intelletto e la sete del cuore umano, è Logos, che in greco significa «senso» e «ragione». Del resto, non leggiamo forse nel Vangelo che Cristo stesso è il Logos, il senso e la ragione di tutto?
Trascorrono alcuni decenni, ed ecco apparire un altro esponente dell’antico Olimpo, Clemente Alessandrino. Anche a lui la fede cristiana si presenta e si rivela come culmine della ragione, come termine e compimento di tutte le ricerche, di tutte le attese umane. Quanti sono gli uomini come Giustino e Clemente! Finché l’impero stesso china il capo orgoglioso davanti al Maestro crocifisso, che tanto a lungo aveva disprezzato.
La ragionevolezza dell’Amore
Comincia l’«era cristiana» nella storia dell’evoluzione e della cultura umana. Come si possono dimenticare le radici da cui è sorto tutto ciò di cui viviamo e respiriamo? Il cristianesimo è carne e sangue della nostra vita, senza di esso non si capirebbero né l’arte, né la filosofia, né la scienza.
Ma ai giorni nostri la superbia dell’intelletto umano rialza il capo contro i tesori della ragione, del bene e della bellezza. Guardate un po’ su che cosa si fonda questa levata di scudi: unicamente sulla forza. Si usano forse gli strumenti del dibattito e della persuasione? I nemici del cristianesimo, in fondo, non hanno altri argomenti che diffamazione e propaganda.
In risposta, con la stessa forza si effonde dalle chiese un solenne canto: «La tua nascita, o Cristo Dio nostro, ha fatto risplendere al mondo la luce della ragione».
Con altrettanta certezza, fermezza noi professiamo che laddove esistono una ricerca onesta, la sete e l’amore alla verità, esse prima o poi conducono a Cristo.
«In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini… E la luce – continua l’evangelista Giovanni – splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta» (Gv 1,4-5).
Proprio in questa affermazione, in questa professione di fede è il senso del Natale. La luce della Ragione, che entrò nel mondo e vi rifulse allora, non l’ha abbandonato, non si è spenta.
Nei secoli le ricerche sul mondo hanno compiuto progressi inauditi, e le menti migliori del nostro tempo scandagliano sempre più in profondità la gloria di Dio, la luce della Sua ragione in questo sconfinato universo, nelle sue leggi, nella sua bellezza. La stella che guidò i sapienti alla grotta cessa di essere una pia leggenda e tocchiamo sempre più la verità sempiterna delle parole del salmo: «I cieli narrano la gloria di Dio, l’opera delle sue mani annuncia il firmamento» (Sal 19,2). Tutto il mondo tende all’unità, alla pace, all’amore. Ma dove li troverà? Nell’economia? Negli armamenti? Nella competizione?
Aumenta sempre più la nostalgia di qualcosa che penetri fin nel cuore come luce che illumina tutta la vita. Ma l’uomo non ha altro cuore che Cristo. Non ha altra strada che il comandamento dell’amore che Lui ci ha dato. Non ha altra sapienza, altro scopo che il Regno di Dio da Lui annunciato, non ha altra strada che la perfezione da Lui testimoniata: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste…» (Mt 5,48).
Di questo amore cosmico, di questa luce arde e risplende il Natale. Con l’orecchio interiore udiamo anche noi la solenne lode: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama» (Lc 2,14). Con lo sguardo interiore vediamo anche noi la luce della ragione, con la voce interiore rispondiamo a questo gioioso annuncio con il canto di ringraziamento: «Cristo nasce, glorificatelo! Cristo è sulla terra, andategli incontro! Cristo discende dai cieli, elevatevi!».
Franco Berrino: «Kuzu, così si curano esofago, faringe e intestino infiammati»
Èuna malattia infiammatoria dell’esofago o della faringe dovuta al rigurgito del contenuto dello stomaco, spesso associata a un malfunzionamento della valvola del cardias, che consente la risalita dei succhi gastrici (acido cloridrico, sali biliari e pepsina, l’enzima che digerisce le proteine). I sintomi sono bruciore e dolore retrosternale o alla gola con o senza tosse stizzosa, alterazioni della voce, necessità frequente di schiarirsi la gola. Compare spesso nei quarantenni e la sua frequenza aumenta con l’età, verosimilmente perché gli anziani hanno meno saliva e secernono meno bicarbonato per cui il muco diventa più secco e non riescono a difendersi dall’acidità: in Europa ne soffrono il 30% degli ultrasessantenni.
La malattia da reflusso
È favorita dall’ernia esofagea (quando una porzione del fondo gastrico, la parte più alta dello stomaco, scivola sopra il diaframma), dal morbo di Parkinson (che spesso causa difficoltà a deglutire), da patologie che ostacolano la respirazione (bronchite cronica, enfisema, fibrosi polmonare), tutte condizioni prevalenti in età anziana, e dall’obesità addominale, che spinge lo stomaco verso l’alto (anche la gravidanza avanzata favorisce il reflusso). Molte medicine per il sistema nervoso, inoltre, la favoriscono, soprattutto le benzodiazepine e gli antidepressivi. La terapia è basata sulla somministrazione dei cosiddetti inibitori di pompa protonica, cioè farmaci che inibiscono la normale produzione di acido nello stomaco, i prazoli (omeprazolo, esomeprazolo, pantoprazolo, lansoprazolo…). In Inghilterra il 40% degli ultrasessantenni, il 35% dei 40-60enni e il 23% degli adulti giovani consumano regolarmente prazoli. È probabile che da noi ci siano frequenze simili. Questi farmaci sono stati utilissimi per ridurre le ulcere gastriche e sono essenziali per prevenire i danni allo stomaco di altri farmaci (cortisone, antinfiammatori non steroidei), ma la loro assunzione prolungata è pericolosa per varie ragioni: possono interferire con vari farmaci antitumorali, anticoagulanti, immunosopressori, anti-epatiteC; ostacolano l’assunzione di minerali e vitamine; favoriscono le fratture (per la carenza di calcio), le aritmie cardiache (per la mancanza di magnesio), le sindromi coronariche acute, l’insufficienza renale, le infezioni, in particolare le gravissime infezioni da Clostridium difficilis, le coliti, alcune malattie autoimmuni, e aumentano la mortalità (la questione è naturalmente controversa ma lo studio migliore mostra un aumento del 17% della mortalità dopo molti anni di trattamento). Il problema è che questi farmaci, pur essendo efficaci per ridurre i sintomi del reflusso gastroesofageo, non lo guariscono, e troppi pazienti continuano ad usarli regolarmente per molti anni.
Cosa fare
Molti medici e moltissimi pazienti non si rendono conto dei rischi, e soprattutto non si rendono conto che ci sono alternative al trattamento prolungato con questi farmaci. Molto importante è dimagrire se si è sovrappeso, ridurre le proteine, soprattutto animali (più proteine si mangiano più lo stomaco produce acidi per digerirle), evitare cibi spazzatura (cibi pronti, dolciumi industriali e bevande artificiali), privilegiando dieta mediterranea, anche per la sua ricchezza di fibre protettive, fare quotidianamente esercizio fisico, evitare caffè, tè, alcolici e bevande gasate, evitare il tabacco, masticare tanto (ma tanto!). Secondo la macrobiotica è una malattia molto yin, per cui i tessuti sono rilassati e il cardias beante non trattiene più il contenuto dello stomaco.
I rimedi
Nella nostra esperienza clinica un rimedio fondamentale è il kuzu, un amido estratto dalle radici della Pueraria lobata, radici che penetrano profondamente nel terreno, quindi molto yang. Il kuzu si usa come addensante per le creme di cereali, le vellutate di verdura e le composte di frutta. Bastano poche settimane per risolvere il problema. Lo abbiamo constatato ripetutamente nel corso degli stage residenziali che La Grande Via organizza per le persone anziane. Il reflusso è una delle malattie più costose. Negli Stati Uniti costa decine di miliardi di dollari all’anno. In Italia i prazoli sono i farmaci più venduti (600 milioni di Euro all’anno). Come per gli antibiotici le riviste mediche cominciano a pubblicare articoli che invitano i medici a prescriverli con prudenza, ma come per gli antibiotici l’inerzia delle abitudini, supportata dagli interessi commerciali, è difficile da superare.
20 dicembre 2023, 09:43 - modifica il 20 dicembre 2023
L’omelia di don Paolo Sottopietra, superiore generale della Fraternità san Carlo, per le esequie di padre Aldo Trento.
È un onore per me poter rivolgere l’ultimo saluto al nostro caro padre Aldo, durante la messa del suo funerale, e innanzitutto porto a tutti la vicinanza e l’affetto di don Massimo Camisasca, fondatore della Fraternità san Carlo.
Ringrazio l’Arcivescovo, il Cardinale Adalberto Martínez Flores, per aver desiderato di presiedere questa eucaristia. Ringrazio anche il Nunzio Apostolico, monsignor Vincenzo Turturro, per avere voluto concelebrare questa santa messa. La loro presenza è per i sacerdoti della nostra casa e per tutti i fedeli della parrocchia un grande conforto.
Saluto i miei fratelli sacerdoti della casa della Fraternità e gli altri sacerdoti che ci accompagnano in questo momento.
Saluto poi con affetto particolare Guido Trento, fratello di padre Aldo, e suo nipote Federico che rappresentano qui i familiari di un sacerdote che, quando era ancora molto piccolo, lasciò il suo paesino e i suoi genitori, nelle montagne del Feltrino, affascinato dall’ideale della missione. Come sappiamo, Aldo entrò nella Congregazione dei Canossiani e solo successivamente fu accolto nella Fraternità san Carlo.
Desidero salutare i membri del Consiglio della Fondazione san Rafael, voluta da padre Aldo per sostenere le opere da lui iniziate, ai quali spetta ora il compito delicato di amministrare la sua eredità materiale e spirituale. Un grazie particolare voglio rivolgere a Oscar Escobar, direttore della clinica “San Riccardo Pampuri”, e alle infermiere si sono occupate di padre Aldo, perché lo hanno accudito con sincero amore fino all’ultimo giorno.
Saluto anche gli ammalati, gli anziani e i giovani che ricevono assistenza da parte della Fondazione e che sono qui rappresentati. Infine, saluto tutti voi, amici del movimento di Comunione e Liberazione e parrocchiani, che avete conosciuto e amato padre Aldo e che siete qui ora per dire addio alle sue spoglie mortali.
Vorrei in questa occasione dedicare qualche pensiero all’opera a cui padre Aldo si è consacrato, a vantaggio dei più poveri e dei più marginalizzati della nostra società, per guardare attraverso di essa a ciò che albergava nel cuore di questo nostro fratello.
Ormai ho perso il conto delle volte che sono venuto qui. Quest’anno è la terza. Quando uno arriva qui dall’Italia, nella parrocchia di San Rafael, rimane stupito del luogo che trova. Mi è sempre sembrato uno spazio umano, uno spazio pieno di un’operosità buona.
Qui ogni pietra, ogni pianta, ogni immagine o frase appesa sui muri, la pulizia, l’ordine e, più di tutto, la proporzione degli spazi architettonici… tutto parla di un’intenzione particolare e di uno sguardo globale, teso ad abbracciare tutto l’uomo e tutta la sua esistenza, in tutte le sue dimensioni e per tutti i suoi giorni terreni ed eterni. Uno sguardo sull’uomo veramente cattolico che dà forma alla materia.
Qui uno trova uno spazio pensato per congiungere giovinezza e vecchiaia, salute e malattia, vita e morte. Fino ad alcuni anni fa, quando la clinica occupava ancora l’edificio del capannone sul retro, mi colpiva vedere le salme delle persone che morivano nella clinica esposte e vegliate nel grande cortile coperto dove la mattina si sentivano vociare allegri i bambini della scuola. La vita umana è un mistero così concreto! E questo luogo lo rappresenta bene, unendo la gioia ingenua dei bambini, il desiderio di vita dei ragazzi, il dolore di chi è stato abbandonato e ferito, la solitudine di chi è stato rifiutato da tutti, i pensieri di chi si prepara consapevolmente al grande passaggio della morte… e tutto questo negli stessi metri quadrati.
Questo è uno spazio pensato perché il Santissimo Sacramento sia sempre al centro, ostia bianca accessibile a tutti
Questo è anche uno spazio pensato perché il Santissimo Sacramento sia sempre al centro, ostia bianca che diventa accessibile a tutti, messa in mostra perché sia visibile fin dalla strada, attraverso la grande finestra che sembra aprire la cappella della clinica verso un mondo che ha bisogno di essere attratto da Cristo. Quando era parroco qui, padre Aldo amava dire che il vero “parroco” era il Santissimo e poi lo aveva nominato anche “direttore” della clinica. Quell’ostia, ancora oggi, percorre tutti i giorni le corsie della clinica e i corridoi delle case per anziani, si ferma accanto ai letti, benedice, conforta, indica il senso della sofferenza e la rende umana, o più umana. Chi le apre il cuore, ne viene trasfigurato. Dietro a quell’ostia, gli occhi della nostra memoria vedono ancora la figura di questo nostro fratello sacerdote, che negli anni diventava sempre più curvo e ostacolato nei movimenti. Fino a quando, un giorno, quell’ostia ha cominciato a visitare anche lui, che non poteva più alzarsi dal letto e la aspettava come gli altri ammalati e moribondi, in una delle stanze che aveva costruito per loro. Sulla testiera del letto di padre Aldo era appeso il nome di don Massimo Camisasca, per il quale Aldo offriva in particolare le sue sofferenze.
Padre Aldo voleva che le persone che accoglieva, spesso letteralmente raccolte dalla strada, fossero trattate come dei re e morissero conoscendo la gratitudine per una mano tenera che veniva a curarli, per uno sorriso sconosciuto che veniva a confortarli. Un giorno padre Pio ha detto: “Per l’eucaristia noi usiamo vasi dorati, perché è il corpo e il sangue di Cristo. Ma Cristo è nell’ammalato e se io potessi costruire un ospedale d’oro, lo farei!”. Potrebbe essere una frase di padre Aldo. Non a caso, padre Aldo era devoto a padre Pio.
Padre Aldo è riuscito anche a entrare in dialogo con la cultura paraguayana.
Ha imparato il linguaggio di questo vostro popolo e i suoi simboli, come mostrano le vetrate di questa chiesa e ancor più la facciata della clinica “San Riccardo” e la sua bellissima cappella. In questi spazi, la tradizione cristiana del popolo paraguayano viene riproposta e attualizzata. San Rafael è una Reducción del ventunesimo secolo, un luogo di bellezza e di ordine. Qui un grande numero di persone ha ricevuto o rincontrato la fede, ha cominciato a costruire la propria vita su Cristo, ha imparato a guardare il mondo con uno sguardo nuovo. Qui molti sono anche venuti in contatto con il carisma di don Giussani, fondatore del movimento ecclesiale di Comunione e liberazione. Al movimento di CL appartenevano anche i due sacerdoti che hanno preceduto padre Aldo come parroci di questa parrocchia, prima che arrivasse la Fraternità san Carlo: don Lino Mazzocco, della Diocesi di Chioggia, in Italia, e don Alberto Bertacchini, della Diocesi di Forlì. A loro sono intitolate le due scuole della Fondazione che sono sorte qui. Fu don Alberto, in particolare, ad accogliere padre Aldo e a custodire la sua vita e la sua vocazione in un momento difficilissimo, di cui Aldo stesso ha raccontato pubblicamente molte volte e di cui tutti sappiamo.
Ecco il vero paradosso cristiano che si incontra venendo qui: questa è stata una casa di misericordia e di guarigione anzitutto per padre Aldo. È stata perciò quello che tutte le case della Fraternità san Carlo sono chiamate ad essere: luoghi in cui, attraverso la comunione con i fratelli, Dio si prende cura di noi, quasi come una madre che accudisce e custodisce i suoi figli. “In questo senso è una casa benedetta” mi ha detto durante la mia recente visita di novembre padre Patricio. Una casa che, proprio accogliendo la ferita umana di padre Aldo, “ha saputo a sua volta raccogliere la sofferenza di tanti ed è diventata feconda”, come mi ha detto padre Julián.
Non c’è infatti una chiave che possa spiegare più compiutamente la vita di padre Aldo, se non l’abbraccio che ha ricevuto da Dio, innanzitutto attraverso don Giussani, che per lui è stato come un padre che lo ha perdonato e rilanciato, e poi attraverso tanti altri amici. Aldo ha voluto che l’abbraccio ricevuto da don Giussani fosse ricordato in uno degli affreschi che ornano le pareti della clinica. Ricordo un dialogo che ho avuto con lui nel 2018. Parlando di quella fase della sua storia e della crisi che dovette attraversare, Aldo mi disse: “A volte, per salvare la vocazione di un prete, bisogna prendere decisioni severe. Giussani mi disse che, se volevo salvarmi, dovevo venire in Paraguay” – e questo voleva dire per lui lasciare in Italia tutta una vita –, “ma mi ha comunicato che ero amato. La cosa importante è che un prete in crisi si senta amato dai suoi superiori”.
La chiave che spiega più compiutamente la vita di padre Aldo è l’abbraccio che ha ricevuto da Dio, innanzitutto attraverso don Giussani
Ecco l’abbraccio che ha salvato Aldo. Nulla di sentimentale, uno sguardo che non censura il male ma vede il bene e punta su quello. Espressione di un profondo amore virile, capace di infondere fiducia e di indicare con fermezza la strada da percorrere.
Quante volte padre Aldo stesso sarebbe stato poi tenero e severo nello stesso tempo! Quante testimonianze ho sentito ieri, di persone che ricordano: “Aldo, quella volta, mi ha rimproverato e mi ha cambiato la vita”.
In fondo è per questo, credo, che l’eco di quest’opera ha superato i confini del Paraguay. Le notizie da san Rafael hanno stupito e confortato persone in tutto il mondo, persone che cercavano questo stesso abbraccio. Persone da tutto il mondo sono accorse qui. Qui sono stati convogliati tanti aiuti materiali e una schiera di uomini e donne hanno collaborato con generosità a rendere questo luogo ciò che è. Anche papa Francesco ha voluto fare visita a questo luogo, improvvisando un fuoriprogramma durante il viaggio apostolico del 2015.
Infine, in questo giorno natale di padre Aldo, voglio dunque dire grazie anche a tutti coloro che hanno accompagnato e sostenuto l’opera di padre Aldo in questi lunghi anni. Grazie a tutti coloro che hanno lottato con padre Aldo, per il bene delle opere o per il suo bene, e hanno anche sofferto per questo. Oggi è più facile guardare con un sorriso a certe caratteristiche di questo nostro fratello, trapassando difetti e peccati, e tutta la fragilità umana in cui brillava la luce della sua chiamata. Siamo come vasi di creta, fragili, che contengono il tesoro della luce di Cristo. E questo, come scrive san Paolo ai Corinti, “affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi” (2Cor 4, 7). È questa la santità cristiana: essere strumenti di una forza che non viene da noi.
Padre Aldo ha ora concluso il suo cammino su questa terra. Davanti al Padre celeste, come ha fatto mille volte durante la sua vita tra noi, chiede ora perdono e misericordia. Aldo è stato un uomo della misericordia di Dio, innanzitutto perché ne ha fatto esperienza e poi perché ha desiderato esserne un segno per altri. Lo è stato, infine, perché ha implorato con la certezza di un figlio di riceverla in cielo.
Oggi, dunque, ci rallegra il pensiero che i poveri tra i più poveri che padre Aldo ha ospitato qui, i rigettati che lui ha amato, gli ammalati a cui ha guarito il cuore portandoli a Cristo, lo accolgono ora nel cielo con gioia. Questa è anche la richiesta che dirigiamo a Dio per questo nostro fratello, invocando l’intercessione della Vergine di Caacupé, Regina e Patrona del Paraguay. Così sia!