Fu
una croce o un palo?
***
Il supplizio della crocifissione dai popoli
semiti ad oggi
Testimonianze archeologiche ed artistiche
Corriere di Saluzzo - 22 febbraio
2002 - articolo a cura di Mirella LOVISOLO
Ancora-croce-Catacomba
Domitilla
Ancora-croce con pesciolini Catacomba
di Domitilla
Il supplizio della crocifissione che era praticato
in Persia e tra i popoli semiti prima di Cristo,
venne assunto dai Romani come terrificante
pena capitale per gli schiavi ribelli e usato
sino al sec. IV quando Teodosio il Grande
lo soppresse. Purtroppo non scomparve del
tutto se in molte parti del mondo molti cristiani
ebbero ancora a subirla e, a detta dei missionari,
resta oggi ancora in taluni paesi, come il
Sudan.
La Croce, simbolo della redenzione di Cristo,
è "segno" che per il cristiano rappresenta
e sintetizza la fede, ma è anche "segno
di contraddizione" per molti che, come
abbiamo già visto, vorrebbero toglierla dalle
scuole e dagli ospedali.
Vi sono poi altri che, passando di casa in
casa, vanno diffondendo - tra altre inesattezze
- la strana affermazione che Cristo non sia
morto su una struttura cruciforme, ma su un
semplice palo. La teoria, che vorrebbe incrinare
la fiducia nella lettura cristiana dei Vangeli
e nella Chiesa, risale solo al 1928 ed è in
contrasto con tutte le più antiche testimonianze
letterarie e archeologiche che invece parlano
di "croce".
Proviene da ambiti i religiosi che non sono
cristiani (anche se pretendono di essere tali)
che definiscono "idolatria satanica"
la fede e la venerazione della Croce, giustificando
la loro affermazione con il richiamo alle
prescrizioni del Deuteronomio (21,22-23) circa
l’uso di appendere ad un albero il cadavere
di un condannato, come monito per tutti. Nell’Antico
Testamento però, non venne mai appeso al palo
un uomo vivo, perché la cosa era giudicata
abominio dagli ebrei; anche per questo Pilato
non l’avrebbe mai fatto.
I romani invece usavano lo strumento della
croce (immissa o capitata : † o quella
commissa :T). di cui già parlano Plauto, antico
scrittore romano nella "Mostellaria"
v.56, Plutarco in "An vitiositas ad infelicitatem
sufficiciat" 499 D) Luciano di Samosata
ne "Il giudizio delle vocali cap.12)
e altri ancora. La condanna di Gesù venne
eseguita dalle guardie del governatore che
applicarono la procedura romana, come Gesù
aveva profetizzato: "Il Figlio dell’Uomo
sarà consegnato ai pagani perché sia schernito
flagellato, crocifisso" (Mt.20,18-19).
Netta era la distinzione tra i due tipi di
condanne a morte in uso, tra le altre, a Roma:
al palo con flagellazione e decapitazione,
alla croce, dove le braccia aperte erano inchiodate
ad una trave orizzontale poi issata su quella
verticale. Anche gli autori classici, che
parlano ampiamente dei supplizi romani, distinguono
tra condanna al "palo" (ad palum
alligare= legare al palo) e condanna alla
"crocifissione" ( "tollere=
innalzare).
E’ esattamente il verbo "innalzare"
che usa Gesù profetizzando la sua passione:
"Quando avrete innalzato il Figlio
dell’Uomo saprete che Io Sono"(Gv.8,28).
"Innalzare" è sinonimo di crocifiggere.
Come è possibile dunque sostenere la tesi
del palo?
Il principale motivo di contestazione della
croce è il termine greco "stauros"
con cui essa veniva designata. Stauros
indica una molteplicità di oggetti di
legno, tra questi anche la croce nel Nuovo
testamento (crf. Vocabolario greco-italiano
L. Rocci e il Dizionario illustrato greco-italiano
di Liddell H.G-Scott R. Le Monnier 1975, p.1183).
La parola dunque che ha diverse accezioni
nella lingua greca, nel Nuovo Testamento ha
l’accezione di "croce". Altro
termine usato è "xýlon "
che significa "legno" termine
col quale nel Nuovo Testamento (At.5,30 e
10,39) si intende la Croce ( Liddell H.G.
–Scott op.cit. pag. 875) . La parola
"xýlon " legno, era genericamente
usata in riferimento al materiale di cui era
fatto il trave trasversale detto "patibulum"
portato dal condannato per esservi inchiodato
e poi issato ("innalzato") sul palo
verticale già preparato sul luogo del supplizio.
"Gesù uscì portando la croce"
dice Giovanni (19,17). Come avrebbe potuto
un uomo massacrato dalla flagellazione portare
fin sul Calvario un palo dal peso di un quintale
e più?
Le stesse traduzioni in latino del nuovo Testamento
risalenti al 180, traducono sempre la parola
"stauros" con crux (croce)
", mai con "palus" (palo).
Numerosissime sono le testimonianze.
Innanzi tutto le profezie di Gesù( Mt. 20,18-19
– Gv.8,28) "Come Mosè innalzò
il serpente nel deserto, così bisogna che
sia innalzato il Figlio dell’Uomo"
(Gv. 3,14). Paolo parla simbolicamente
della croce a 4 braccia, non di un palo quando
dice " …siate in grado di comprendere
quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza
e la profondità e conoscere l’amore di
Cristo che sorpassa ogni conoscenza"(Ef.3,17).
Numerosi sono i documenti letterari del secondo
secolo. L’Epistola di Barnaba, redatta
tra il 96 e il 130, parla della forma a T
(tau) della croce,nel 135 Giustino descrive
con precisione la croce del Golgota: la ricorda
come una trave piantata in terra e intersecata
da un’altra all’altezza delle spalle,
il "patibulum". Nel sec.
III Ippolito paragona la croce all’albero
della nave intersecato dalla trasversale della
vela, una immagine che diventerà un simbolo
frequentemente usato per indicare la Croce
di Cristo nell’arte catacombale.
IL
CROCIFISSO
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L’opera
che presentiamo è un pannello della porta
di S.Sabina a Roma del sec. V°, uno dei
rarissimi esemplari di scultura lignea paleocristiana
conservata; è la più antica raffigurazione
della Crocifissione che si conosca. In quest’opera
Cristo è rappresentato frontalmente al centro
del riquadro notevolmente più grande dei due
ladroni crocifissi ai lati, per indicare –
secondo un antico concetto – la superiorità
del personaggio; ha gli occhi aperti, il volto
barbato, i capelli lunghi. È cinto del perizoma,
le braccia si allargano nell’atteggiamento
dell’”orante”; solo le mani sono inchiodate,
dietro di esse appena si intravedono le estremità
del braccio trasversale della croce. I piedi
non sono inchiodati e poggiano per terra.
La testa si volge lievemente verso destra
per dire al Buon ladrone le parole della salvezza:
“Oggi sarai con me in Paradiso”.
Il corpo del Cristo per quanto possente sembra
senza peso.Il volto di Gesù ha le sembianze
di un vivente e indica la totalità dell’annuncio
cristiano: il Cristo è morto ed è risorto,
egli è il Vivente. La scena è collocata sullo
sfondo di un muro con un riferimento alle
mura di Gerusalemme fuori dalle quali sorge
il Golgota. Sul muro appaiono tre frontoni
su quello di destra una finestrella, probabile
allusione alla salvezza accordata al Buon
Ladrone. Anteriormente al 400, l’arte delle
prime comunità esprime simbolicamente il sacrificio
di Cristo con l’immagine dell’ Agnello
immolato e con l’ancora, che in forme
diverse camuffa la croce. Il Wilpert afferma
che nelle regioni cimiteriali appartenenti
all’epoca tra II° e V° secolo, ne esiste un
folto gruppo di 200 esemplari. L’uso dell’ancora,
a differenza di altri simboli catacombali,
non ha riscontro in altre civiltà, è propria
del cristianesimo, e rivela il concetto teologico
originale: Cristo crocifisso e risorto è l’ancora
della nostra salvezza.
Il tema del crocifisso rimane sconosciuto
all’iconografia finché Teodosio il Grande
soppresse la pena umiliante della croce e
l’immagine non suscitò più associazioni negative.
La raffigurazione del Messia crocifisso “scandalo
per i Giudei, stoltezza per i pagani”
(I Cor 1,23) poteva infatti scandalizzare
gli ebrei e intimorire i neofiti, nonché suscitare
il disprezzo dei pagani come appare nell’incisione
del Palatino dove è rappresentata l’immagine
di un asino crocifisso adorato da un proselito.
Con il IV° secolo apparirà nell’abside delle
Basiliche paleocristiane la Croce Gemmata
che allude all’apoteosi finale di Cristo e
specialmente nei mosaici ravennati come nella
cupola del Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna
dove la Croce è al centro di una incredibile
decorazione stellare. Molto frequente è anche
l’immagine dell’Albero Della Vita (S. Clemente
a Roma), ma fino al V secolo non vi è il corpo
appeso.
Dopo la coraggiosa raffigurazione di S. Sabina,
il Concilio Trullano del 602, ordinò di rappresentare
direttamente la Crocifissione la cui grande
diffusione si ebbe nei sec. XII-XIII con le
cattedrali romaniche e gotiche. Nella Croce
di S. Damiano il Cristo appare ancora Triumphans
trionfante sulla morte, mentre nel sec. XIII
per influsso delle correnti francescane appare
Patiens (sofferente sulla croce).
I secoli successivi hanno prodotto immagini
diverse della Redenzione: da Giovanni Bellini
a Grunewald, da El Greco a Chagall, sino all’essenzialità
contemporanea come la Croce di Armando
Testa (1990) nelle cui linee oblique è presente
l’abbandono doloroso del Cristo obbediente:
“Tutto è compiuto” mentre il colore
luminoso è quello della Risurrezione.
Immagini diverse che annunciare la stessa
gioiosa e sconvolgente notizia: “Cristo
è stato crocifisso, ma Dio l’ ha risuscitato
e noi tutti ne siamo testimoni” (At.2,38).
Mirella LOVISOLO
Bibliografia:
TRICARIO M.F, Il credo dell’arte, AdP,
Roma, 2000.
SALA G. Lacroce e il crocifisso, suppl.
a Evangelizzare, EDB, Marzo 2003.
RUGGERI C., Stenografie dell’anima,
Piemme, 1991
LA
CROCE NELLE ISCRIZIONI E NELL'ARTE DEI PRIMI
SECOLI
Questo
graffito di inizio del II secolo è stato trovato
sul Palatino a Roma. Raffigura un crocifisso
con testa di animale e una persona in atto
di adorazione verso di lui, con la scritta
"Alessameno adora Dio". Questo graffito
è stato interpretato dagli archeologi come
una irrisione del culto cristiano verso Cristo.
La testa dell'animale è stata interpretata
come la testa di un asino o di un mulo. È
una testimonianza molto preziosa sul fatto
che i primi cristiani non solo sapevano che
Gesù era stato crocifisso su una croce, ma
lo adoravano come Dio.
Nella
letteratura cristiana dei primi secoli abbiamo
l'attestazione che i pagani deridessero i
cristiani come adoratori di un asino, e che
facessero volentieri riferimento (questo anche
per i Giudei) al mulo. Secondo un'antica leggenda
il Dio dei Giudei era un asino, oppure aveva
una testa di asino (cfr. Giuseppe Flavio,
Contra Apionem, II,80 ss.; Tacito,
Historiae, V,3 ss.; Epifanio, Panarion,
eresia 26,10 etc.). Era questa una leggenda
sorta probabilmente dal fatto che l'asino
era l'animale sacro di Seth, il reprobo nel
pantheon egizio, che gli egiziani consideravano
il Dio degli stranieri. I Giudei erano molto
presenti in Egitto, ed il loro Dio veniva
identificato con Seth; Io ed Eio sono i nomi
copti dell'asino, abbastanza somiglianti alla
parola Iao che è uno dei modi per indicare
YHWH, utilizzatissimo nei testi magici; nelle
gemme magiche infatti la raffigurazione di
Seth dalla testa d'asino viene identificata
come Iao, YHWH o Yah, il Dio degli Ebrei.
È stato molto semplice trasferire l'identificazione
del Dio degli Ebrei al nuovo Dio, Gesù Cristo
crocifisso. Questa identificazione è confermata
da un altro graffito realizzato a Cartagine
poco prima del 197 d.C., ove si vede una figura
umana avvolta nella toga con orecchie d'asino,
uno zoccolo al posto del piede, un libro in
mano, accompagnata da una scritta: "Il
Dio dei cristiani è un asino che giace con
i suoi adoratori".
«Come
ha scritto qualcuno, [voi pagani] avete fantasticato
che una testa d'asino è il nostro dio. Tale
sospetto l'ha introdotto Cornelio Tacito.
Costui, infatti, nel libro quinto delle sue
Storie, raccontando la guerra giudaica
fin dall'origine, dopo aver congetturato quello
che ha voluto, tanto sull'origine stessa,
quanto sul nome e la religione di quel popolo,
narra che i Giudei, liberati dall'Egitto o,
com'egli credette, cacciati via, trovandosi
nelle vaste località dell'Arabia, quanto mai
povere di acqua, tormentati dalla sete, seguendo
degli onagri [=asini selvatici], che si credeva
si recassero per avventura a bere dopo il
pasto, poterono far uso di sorgenti; e per
questo beneficio consacrarono la figura di
una bestia simile. Così di qui si presunse,
penso, che anche noi cristiani, come discendenti
della religione giudaica, venissimo iniziati
all'adorazione della medesima immagine» -
Tertulliano, Apologetico, cap. XVI,1-3
(fine I secolo).
Minucio Felice, Ottavio, IX,3 (fine
I secolo) fa affermare ad un pagano: «Sento
dire che i Cristiani venerano la testa della
bestia più spregevole, l'asino, non so per
che futile motivo».
Poco
più avanti, Minucio Felice riporta ancora
le parole del suo interlocutore pagano:
«E
chi ci narra che il loro culto si rivolge
ad un uomo punito per un delitto con il sommo
supplizio e ai ferali legni della croce, non
fa che attribuire altari appropriati a quei
malfattori e scellerati, che onorano ciò che
si meritano» (IX,4).
L'autore
pagano deride il fatto che i cristiani venerino
un malfattore crocifisso; si noterà tra l'altro
che si parla di "legni della croce"
(crucis ligna), e non di "legno
della croce" (crucis lignum),
a testimonianza del fatto che si trattava
di due pali incrociati. E questi due pali
vengono derisi come altari appropriati per
il culto dei cristiani.
È
quindi evidente che l'autore del graffito
trovato sul Palatino si era ...ispirato a
queste offensive credenze relative al culto
cristiano.
«...Questo
abbozzo malfatto non può essere presentato
come prova né che Gesù fù [sic] messo su "la
Croce" né tanto meno che i cristiani
adoravano "la Croce". Si può ben
vedere che la T è disegnata sopra la
figura e non dietro, questo probabilmente
perché è stata aggiunta in un secondo tempo.
Inoltre la testa d'animale assomiglia più
a quella di uno sciacallo che a quella di
un asino (basta vedere le orecchie!). Vale
la pena ricordare che in Egitto si adorava
una divinità con corpo umano e testa di sciacallo
detta Anubis. Cosa possa significare lo schizzo
raffigurato sopra è suscettibile di molte
interpretazioni. E' comprensibile che una
di queste sia quella voluta dai sostenitori
de "la Croce". Ma, onestamente,
una simile "prova" non sostiene
nulla. Piuttosto, possibile che i primi cristiani,
se è vero che adoravano "la Croce"
come sostiene la tesi di sopra, non hanno
lasciato nessuna traccia seria sotto
forma di icone nei primi 300 anni di cristianesimo?
La realtà è un altra: non ci sono da nessuna
parte immagini di "la Croce" né
nelle catacombe né in nessun altro luogo frequentato
dai primi cristiani semplicemente perché i
primi cristiani non adoravano nessuna "Croce"
ma il solo vero Dio e Padre di Gesù Cristo,
Geova (Giovanni 20:17)».
Gli
autori di queste critiche si sono basati non
su delle foto, come quella riprodotta in questa
pagina, ma su un disegno che non rende fedelmente
il graffito:
Disegno
riportato nell'anonimo sito
Commentiamo
una per una queste obiezioni per mettere in
risalto la loro assoluta inconsistenza.
Si può ben vedere che la T è disegnata sopra
la figura e non dietro, questo probabilmente
perché è stata aggiunta in un secondo tempo
Innanzitutto
si osservi che si tratta di un rozzo graffito
e non di un affresco nel quale si rispettano
le regole prospettiche. Sicuramente l'autore
di questo insultante disegno non pretendeva
di fare un capolavoro pittorico.
Inoltre la testa d'animale assomiglia più
a quella di uno sciacallo che a quella di
un asino (basta vedere le orecchie!).
La
testa d'animale è indubbiamente quella di
un asino o di un mulo. È nel disegno del sito
geovista che potrebbe sembrare dubbia la sua
identificazione in una testa d'asino, ma la
foto non lascia alcun dubbio in merito:
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Dettaglio
Gli
asini possono avere le orecchie corte come
lunghe, ad esempio questo bell'asinello ha
le orecchie proprio come quelle del graffito:
Gli
asini selvatici, gli ònagri, che hanno le
medesime orecchie. Ma forse i Testimoni non
sanno che cos'è un ònagro, anche se esso compare
più volte nella Bibbia; non lo sanno perché
la fantastica Traduzione del Nuovo Mondo
in Giobbe 24,5 invece di tradurre ònagro o
asino selvatico traduce "zebra nel deserto",
come se un asino e una zebra fossero la stessa
cosa...
Vale
la pena ricordare che in Egitto si adorava
una divinità con corpo umano e testa di sciacallo
detta Anubis. Cosa possa significare lo schizzo
raffigurato sopra è suscettibile di molte
interpretazioni. E' comprensibile che una
di queste sia quella voluta dai sostenitori
de "la Croce". Ma, onestamente,
una simile "prova" non sostiene
nulla.
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Il dio
egizio Anubis, dalla testa di sciacallo
Quella dello sciacallo è una scusa per far
credere che quello sia un graffito pagano
che raffigura un pagano che prega un dio con
la testa di sciacallo. Forse i Testimoni
non sono mai stati al museo egizio e non hanno
mai visto una raffigurazione del dio Anubis,
che non assomiglia neanche col binocolo a
quella di cui stiamo discutendo. In ogni caso,
in nessun culto pagano si ha l'adorazione
di un crocifisso.
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Sciacallo
Anche
lo sciacallo ha una testa immensamente diversa
da quella raffigurata nel graffito. È chiarissimo
quindi che nel graffito si è voluto raffigurare
un uomo con la testa di asino o di un mulo.
Ma,
onestamente, una simile "prova"
non sostiene nulla.
Questa
è una semplice e discutibilissima opinione.
Per i TdG "non sostiene nulla" perché
questa iscrizione contrasta con gli attuali
insegnamenti della Società Torre di Guardia.
Per chi non ha simili pregiudizi invece, l'iscrizione
è chiaramente da associare al culto cristiano.
Piuttosto,
possibile che i primi cristiani, se è vero
che adoravano "la Croce" come sostiene
la tesi di sopra, non hanno lasciato nessuna
traccia seria sotto forma di icone nei
primi 300 anni di cristianesimo?
Si
dimentica che il culto cristiano era proibito
e che essendo perseguitati i cristiani non
potevano certo manifestare apertamente la
loro fede o raffigurare dei simboli legati
al loro culto. Tuttavia vi sono molte testimonianze
ed iscrizioni - oltre a questa che abbiamo
esaminato - che attestano che la croce era
un simbolo cristiano.
Uno
dei simboli usati dai cristiani del secondo
secolo d.C. era il pesce. La parola pesce,
in greco ICHTHYS, era un segno convenzionale
dell'espressione greca Iesous CHristòs
THeou Yiòs Sotér,
che significa "Gesù Cristo, Figlio di
Dio, Salvatore".
In
alcune di queste iscrizioni veniva aggiunto
il T della croce tra le lettere, come in questa
iscrizione del III secolo che si trova nelle
Catacombe di S. Sebastiano...
...
oppure si inseriva la X (iniziali di Cristo,
in greco). Giustino, a metà del II secolo,
spiega la differenza tra la X cristiana e
quella pagana: "Platone nel Timeo cerca,
con ragioni naturali, quello che è il figlio
di Dio, dicendo che egli ha tracciato un X
su tutte le cose; ma questo l'ha preso da
Mosè [...] Platone lesse questi avvenimenti,
ma non avendoli ben compresi non capì che
questa era l'immagine della croce; e credette
invece che era una X e disse che per Dio la
seconda potenza era lo X tracciato sull'universo"
(I Apologia, 60).
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Porta di Santa
Sabina, Roma
Le prime croci con sopra disegnato Gesù
(crocifissi) compaiono nel V secolo, come
il pannello della porta di Santa Sabina. C'è
anche un avorio del British Museum
del principio del V secolo con un Gesù crocifisso
che si può vedere in questa foto:
Per quanto riguarda la croce senza figura
umana risulta che tra i primi esempi di croce
cristiana vi è quello discusso di Palmira
e l'iscrizione di Dura Europos (163). In Occidente,
oltre alla
croce di Ercolano, la croce
appare in un affresco dell'ipogeo degli
Aurelii
a Roma. (ca. 253). Verso il 253 d.C. ca. si
trova nell'ipogeo degli Aurelii una raffigurazione
di un personaggio che indica la croce.
Un'altra
bella croce si trova su una lastra sepolcrale
marmorea nel cimitero di S. Callisto a Roma,
sotto il nome della defunta Rufina Irene.
È del III secolo.
A
pag. 3050 del Dictionnaire d'archéologie
chrétienne et de liturgie (F. Cabrol e
H. Leclerq, Paris 1907-1953) vengono riprodotte
altre antichissime raffigurazioni della croce:
Nel
prestigioso dizionario si dice che tale gemma
è un diaspro rosso, inciso sui due lati, che
venne ritrovato a Gaza, in Siria.
Ciò
che rende questa minuscola scultura estremamente
interessante, è il fatto che rappresenta una
crocifissione, e di sicuro una delle più antiche
che si conoscano. Nel Dizionario si dice che
tale opera venne realizzata dagli Gnostici:
«Non si può dubitare del fatto che gli gnostici
raffigurarono il Cristo, se confrontiamo i
diversi passaggi in cui i Padri osservano
che qualcuno di questo eretici fece eseguire,
in materiali diversi, immagini di Omero, Pitagora,
Aristotele, Platone, San Paolo e Gesù Cristo.
Tali immagini, ci dicono, furono fatte al
tempo di Pilato e mentre il Signore era ancora
fra gli uomini. Ma presso i primi cristiani,
le rappresentazioni delle scene del Vangelo
relative alla vita di Cristo si fermano alla
sua comparsa davanti a Pilato. La crocifissione
non compare se non sotto la forma di una croce
ricoperta di fiori e di pietre preziose. Sulla
gemma gnostica, al contrario, l'immagine è
brutale e mostra, in tutto il suo orrore,
l'antico supplizio. Il crocifisso è nudo,
morente o morto, con la testa reclinata».
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Quest'altra
gemma, come si legge del Dizionario, è una
cornalina custodita nel Museo Britannico.
Raffigura il Cristo in piedi, nudo, con le
braccia stese orizzontalmente alla traversa
della croce.La figura di Cristo domina con
la sua statura i dodici apostoli. Sullo sfondo
si leggono delle lettere scritte al contrario
e questo permette di capire che la gemma era
usata come sigillo. È stata trovata a Costanza,
in Romania, insieme ad altre gemme datate
dal I al III secolo. Si ritiene che tale pietra
risalga al II secolo.
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Questa
seconda cornalina ci mostra lo stesso soggetto
con alcune varianti degne di nota. Il crocifisso
non ha più un'altezza sovrumana, ma è alto
come i dodici apostoli raccolti ai piedi della
croce. È elevato tramite il suppedaneum
(il sostegno sporgente su cui si appoggiavano
i piedi) all'altezza di un metro circa. Il
crocifisso ha le braccia stese, ha l'aureola
e sullo sfondo si legge la scritta "Gesù
Cristo". Tale medaglia è un po' più recente
della precedente e viene datata al III secolo.
Molti
Testimoni di Geova credono che non vi siano
raffigurazioni di croci anteriori al V secolo,
ma si sbagliano, come abbiamo visto.
Si trovano,
infatti, raffigurazioni della croce dal II
secolo in poi, con l'unica limitazione che
non c'è Gesù sopra... e questo perché prima
della liberalizzazione del cristianesimo non
sarebbe stato concesso di raffigurare così
apertamente il Cristo, quindi lo si velava
simbolicamente o lo si raffigurava in modo
da non dover essere necessariamente compreso
(il "buon pastore" non era altro
che un pastore con una pecora sulle spalle...
poteva essere interpretato come un pastore
qualsiasi). Ma non appena il cristianesimo
diventa libero, l'iconografia esplode nelle
raffigurazioni della croce con il Cristo.
Come questo Cristo in un sarcofago del IV
secolo al museo lateranense.
Vi sono poi numerosissime fonti letterarie,
a cavallo di I-II secolo, tra cui Ignazio,
Barnaba e Giustino, che ci spiegano che la
croce aveva forma simile alla lettera T, e
usano molte immagini per descriverla (l'albero
ramificato, Mosé con le sue braccia allargate,
l'agnello cotto allo spiedo con uno spiedo
che lo trapassa in un senso e un altro che
lo trapassa nell'altro, etc., etc.). Poi ci
sono le fonti liturgiche che ci descrivono
il segno della croce, a partire da Tertulliano
ai principi del III secolo. E lo sphragis
fatto ai battezzandi sul capo.
Tra la fine del II e l'inizio del III secolo,
i pagani persecutori, per mostrare che anche
i cristiani erano idolatri, rinfacciavano
loro il culto della croce e li chiamavano
Crucis religiosi (veneratori della
croce). Adoratori idolatrici i cristiani non
lo sono mai stati, ed i concili ecumenici
hanno vigilato su questo. Il secondo concilio
di Nicea definisce gli atti di culto riservati
alla croce: il saluto alla venerazione, ma
non l'adorazione. Teodoro Studita osserva
che l'adorazione rivolta a Dio è vera adorazione,
quella rivolta alla croce lo è in senso relativo,
in quanto è rivolta comunque al Cristo e non
all'oggetto.
Per i Romani le esecuzioni capitali sulla
croce erano all'ordine del giorno. In quei
casi c'erano dei pali verticali già piantati.
Cicerone si vantava di averlo tolto dal campo
Marzio durante il suo consolato, e rimprovera
Labieno che aveva ordinato di "conficcare
e stabilire la croce per il supplizio dei
cittadini" (Pro Rabirio 3,10;
4,11). Il condannato si portava sulle spalle
il braccio trasversale della croce. Arrivati
sul luogo dell'esecuzione, si inchiodavano
le braccia al palo trasversale e si sollevava
il palo così fissato alla persona usando una
corda che passava sulla punta del palo verticale,
e delle scale se necessario. Questa operazione
si chiama in crucem tolli o crucem
ascendere, o in cruce excurrere.
Queste espressioni danno l'idea del salire
verso l'alto. Due persone sono sufficienti
per tirar su il condannato e fissarlo al palo
verticale. Dopo la morte, si tirava nuovamente
giù il palo trasversale e quello verticale
era pronto per la prossima esecuzione.
Questa è la procedura che i romani seguivano
per crocifiggere. Le attaccature su pali verticali
unici avvenivano in casi particolari, in mancanza
di legno, per la fretta, e comunque su pali
già piantati nel terreno, normalmente alberi,
soprattutto in tempo di guerra, per esecuzioni
di massa, per esecuzioni sommarie. Ma certo
senza trasporto del palo da parte del condannato.
Nel caso di Gesù ci fu un regolare processo
ed una condanna esemplare.
Gli scrittori
ecclesiastici tra la fine del primo e l'inizio
del II secolo, ben conoscendo la forma della
croce, la utilizzano in vario modo, rappresentandola
con la lettera T maiuscola dell'alfabeto,
paragonandola ad oggetti composti da due bracci
incrociati. Nelle catacombe si comincia a
mettere la croce un po' ovunque. Quando Costantino
permette il cristianesimo, i segni di croce
fino a quel momento nascosti possono essere
accompagnati anche dalla figura di Cristo.
Dall'inizio del V secolo incomincia la raffigurazione
del Cristo attaccato alla croce. Croce che
nessuno mai disse essere un palo sino alla
metà del secolo XX con i testimoni di Geova.
Concludo
con un passo degli Atti di Andrea,
del II secolo, dedicato alla croce:
"Una
parte di te si eleva nei cieli, per designare
il Verbo che è in alto; un'altra parte si
spiega a destra e a sinistra, per mettere
in rotta la potenza temibile dell'Avversario,
e per riunire il mondo dell'unità; e una parte
è piantata nella terra, per riunire le cose
che sono sulla terra e quelle che sono negli
inferi assieme a quelle che sono nei cieli
[...] O croce, trofeo della vittoria di Cristo
sui suoi nemici! O croce, piantata sulla terra,
ma che porti il tuo frutto nei cieli; salute
a te, che sei stata vestimento del Signore"
(14).
BIBLIOGRAFIA:
M.
HENGEL, Crocifissione ed espiazione,
Brescia, Paideia, 1988.