Fu
una croce o un palo?
***
***
Il supplizio della crocifissione dai popoli semiti ad oggi
Testimonianze archeologiche ed artistiche
Corriere di Saluzzo - 22 febbraio 2002 - articolo a cura di Mirella LOVISOLO
Ancora-croce-Catacomba
Domitilla
Ancora-croce con pesciolini Catacomba di Domitilla
Il supplizio della crocifissione che era praticato in Persia e tra i popoli semiti prima di Cristo, venne assunto dai Romani come terrificante pena capitale per gli schiavi ribelli e usato sino al sec. IV quando Teodosio il Grande lo soppresse. Purtroppo non scomparve del tutto se in molte parti del mondo molti cristiani ebbero ancora a subirla e, a detta dei missionari, resta oggi ancora in taluni paesi, come il Sudan.
La Croce, simbolo della redenzione di Cristo, è "segno" che per il cristiano rappresenta e sintetizza la fede, ma è anche "segno di contraddizione" per molti che, come abbiamo già visto, vorrebbero toglierla dalle scuole e dagli ospedali.
Vi sono poi altri che, passando di casa in casa, vanno diffondendo - tra altre inesattezze - la strana affermazione che Cristo non sia morto su una struttura cruciforme, ma su un semplice palo. La teoria, che vorrebbe incrinare la fiducia nella lettura cristiana dei Vangeli e nella Chiesa, risale solo al 1928 ed è in contrasto con tutte le più antiche testimonianze letterarie e archeologiche che invece parlano di "croce".
Proviene da ambiti i religiosi che non sono cristiani (anche se pretendono di essere tali) che definiscono "idolatria satanica" la fede e la venerazione della Croce, giustificando la loro affermazione con il richiamo alle prescrizioni del Deuteronomio (21,22-23) circa l’uso di appendere ad un albero il cadavere di un condannato, come monito per tutti. Nell’Antico Testamento però, non venne mai appeso al palo un uomo vivo, perché la cosa era giudicata abominio dagli ebrei; anche per questo Pilato non l’avrebbe mai fatto.
I romani invece usavano lo strumento della croce (immissa o capitata : † o quella commissa :T). di cui già parlano Plauto, antico scrittore romano nella "Mostellaria" v.56, Plutarco in "An vitiositas ad infelicitatem sufficiciat" 499 D) Luciano di Samosata ne "Il giudizio delle vocali cap.12) e altri ancora. La condanna di Gesù venne eseguita dalle guardie del governatore che applicarono la procedura romana, come Gesù aveva profetizzato: "Il Figlio dell’Uomo sarà consegnato ai pagani perché sia schernito flagellato, crocifisso" (Mt.20,18-19).
Netta era la distinzione tra i due tipi di condanne a morte in uso, tra le altre, a Roma: al palo con flagellazione e decapitazione, alla croce, dove le braccia aperte erano inchiodate ad una trave orizzontale poi issata su quella verticale. Anche gli autori classici, che parlano ampiamente dei supplizi romani, distinguono tra condanna al "palo" (ad palum alligare= legare al palo) e condanna alla "crocifissione" ( "tollere= innalzare).
E’ esattamente il verbo "innalzare" che usa Gesù profetizzando la sua passione: "Quando avrete innalzato il Figlio dell’Uomo saprete che Io Sono"(Gv.8,28). "Innalzare" è sinonimo di crocifiggere.
Come è possibile dunque sostenere la tesi del palo?
Il principale motivo di contestazione della croce è il termine greco "stauros" con cui essa veniva designata. Stauros indica una molteplicità di oggetti di legno, tra questi anche la croce nel Nuovo testamento (crf. Vocabolario greco-italiano L. Rocci e il Dizionario illustrato greco-italiano di Liddell H.G-Scott R. Le Monnier 1975, p.1183).
La parola dunque che ha diverse accezioni nella lingua greca, nel Nuovo Testamento ha l’accezione di "croce". Altro termine usato è "xýlon " che significa "legno" termine col quale nel Nuovo Testamento (At.5,30 e 10,39) si intende la Croce ( Liddell H.G. –Scott op.cit. pag. 875) . La parola "xýlon " legno, era genericamente usata in riferimento al materiale di cui era fatto il trave trasversale detto "patibulum" portato dal condannato per esservi inchiodato e poi issato ("innalzato") sul palo verticale già preparato sul luogo del supplizio. "Gesù uscì portando la croce" dice Giovanni (19,17). Come avrebbe potuto un uomo massacrato dalla flagellazione portare fin sul Calvario un palo dal peso di un quintale e più?
Le stesse traduzioni in latino del nuovo Testamento risalenti al 180, traducono sempre la parola "stauros" con crux (croce) ", mai con "palus" (palo).
Numerosissime sono le testimonianze.
Innanzi tutto le profezie di Gesù( Mt. 20,18-19 – Gv.8,28) "Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’Uomo" (Gv. 3,14). Paolo parla simbolicamente della croce a 4 braccia, non di un palo quando dice " …siate in grado di comprendere quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza"(Ef.3,17).
Numerosi sono i documenti letterari del secondo secolo. L’Epistola di Barnaba, redatta tra il 96 e il 130, parla della forma a T (tau) della croce,nel 135 Giustino descrive con precisione la croce del Golgota: la ricorda come una trave piantata in terra e intersecata da un’altra all’altezza delle spalle, il "patibulum". Nel sec. III Ippolito paragona la croce all’albero della nave intersecato dalla trasversale della vela, una immagine che diventerà un simbolo frequentemente usato per indicare la Croce di Cristo nell’arte catacombale.
Ancora-croce con pesciolini Catacomba di Domitilla
Il supplizio della crocifissione che era praticato in Persia e tra i popoli semiti prima di Cristo, venne assunto dai Romani come terrificante pena capitale per gli schiavi ribelli e usato sino al sec. IV quando Teodosio il Grande lo soppresse. Purtroppo non scomparve del tutto se in molte parti del mondo molti cristiani ebbero ancora a subirla e, a detta dei missionari, resta oggi ancora in taluni paesi, come il Sudan.
La Croce, simbolo della redenzione di Cristo, è "segno" che per il cristiano rappresenta e sintetizza la fede, ma è anche "segno di contraddizione" per molti che, come abbiamo già visto, vorrebbero toglierla dalle scuole e dagli ospedali.
Vi sono poi altri che, passando di casa in casa, vanno diffondendo - tra altre inesattezze - la strana affermazione che Cristo non sia morto su una struttura cruciforme, ma su un semplice palo. La teoria, che vorrebbe incrinare la fiducia nella lettura cristiana dei Vangeli e nella Chiesa, risale solo al 1928 ed è in contrasto con tutte le più antiche testimonianze letterarie e archeologiche che invece parlano di "croce".
Proviene da ambiti i religiosi che non sono cristiani (anche se pretendono di essere tali) che definiscono "idolatria satanica" la fede e la venerazione della Croce, giustificando la loro affermazione con il richiamo alle prescrizioni del Deuteronomio (21,22-23) circa l’uso di appendere ad un albero il cadavere di un condannato, come monito per tutti. Nell’Antico Testamento però, non venne mai appeso al palo un uomo vivo, perché la cosa era giudicata abominio dagli ebrei; anche per questo Pilato non l’avrebbe mai fatto.
I romani invece usavano lo strumento della croce (immissa o capitata : † o quella commissa :T). di cui già parlano Plauto, antico scrittore romano nella "Mostellaria" v.56, Plutarco in "An vitiositas ad infelicitatem sufficiciat" 499 D) Luciano di Samosata ne "Il giudizio delle vocali cap.12) e altri ancora. La condanna di Gesù venne eseguita dalle guardie del governatore che applicarono la procedura romana, come Gesù aveva profetizzato: "Il Figlio dell’Uomo sarà consegnato ai pagani perché sia schernito flagellato, crocifisso" (Mt.20,18-19).
Netta era la distinzione tra i due tipi di condanne a morte in uso, tra le altre, a Roma: al palo con flagellazione e decapitazione, alla croce, dove le braccia aperte erano inchiodate ad una trave orizzontale poi issata su quella verticale. Anche gli autori classici, che parlano ampiamente dei supplizi romani, distinguono tra condanna al "palo" (ad palum alligare= legare al palo) e condanna alla "crocifissione" ( "tollere= innalzare).
E’ esattamente il verbo "innalzare" che usa Gesù profetizzando la sua passione: "Quando avrete innalzato il Figlio dell’Uomo saprete che Io Sono"(Gv.8,28). "Innalzare" è sinonimo di crocifiggere.
Come è possibile dunque sostenere la tesi del palo?
Il principale motivo di contestazione della croce è il termine greco "stauros" con cui essa veniva designata. Stauros indica una molteplicità di oggetti di legno, tra questi anche la croce nel Nuovo testamento (crf. Vocabolario greco-italiano L. Rocci e il Dizionario illustrato greco-italiano di Liddell H.G-Scott R. Le Monnier 1975, p.1183).
La parola dunque che ha diverse accezioni nella lingua greca, nel Nuovo Testamento ha l’accezione di "croce". Altro termine usato è "xýlon " che significa "legno" termine col quale nel Nuovo Testamento (At.5,30 e 10,39) si intende la Croce ( Liddell H.G. –Scott op.cit. pag. 875) . La parola "xýlon " legno, era genericamente usata in riferimento al materiale di cui era fatto il trave trasversale detto "patibulum" portato dal condannato per esservi inchiodato e poi issato ("innalzato") sul palo verticale già preparato sul luogo del supplizio. "Gesù uscì portando la croce" dice Giovanni (19,17). Come avrebbe potuto un uomo massacrato dalla flagellazione portare fin sul Calvario un palo dal peso di un quintale e più?
Le stesse traduzioni in latino del nuovo Testamento risalenti al 180, traducono sempre la parola "stauros" con crux (croce) ", mai con "palus" (palo).
Numerosissime sono le testimonianze.
Innanzi tutto le profezie di Gesù( Mt. 20,18-19 – Gv.8,28) "Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’Uomo" (Gv. 3,14). Paolo parla simbolicamente della croce a 4 braccia, non di un palo quando dice " …siate in grado di comprendere quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza"(Ef.3,17).
Numerosi sono i documenti letterari del secondo secolo. L’Epistola di Barnaba, redatta tra il 96 e il 130, parla della forma a T (tau) della croce,nel 135 Giustino descrive con precisione la croce del Golgota: la ricorda come una trave piantata in terra e intersecata da un’altra all’altezza delle spalle, il "patibulum". Nel sec. III Ippolito paragona la croce all’albero della nave intersecato dalla trasversale della vela, una immagine che diventerà un simbolo frequentemente usato per indicare la Croce di Cristo nell’arte catacombale.
IL CROCIFISSO
L’opera
che presentiamo è un pannello della porta
di S.Sabina a Roma del sec. V°, uno dei
rarissimi esemplari di scultura lignea paleocristiana
conservata; è la più antica raffigurazione
della Crocifissione che si conosca. In quest’opera
Cristo è rappresentato frontalmente al centro
del riquadro notevolmente più grande dei due
ladroni crocifissi ai lati, per indicare –
secondo un antico concetto – la superiorità
del personaggio; ha gli occhi aperti, il volto
barbato, i capelli lunghi. È cinto del perizoma,
le braccia si allargano nell’atteggiamento
dell’”orante”; solo le mani sono inchiodate,
dietro di esse appena si intravedono le estremità
del braccio trasversale della croce. I piedi
non sono inchiodati e poggiano per terra.
La testa si volge lievemente verso destra
per dire al Buon ladrone le parole della salvezza:
“Oggi sarai con me in Paradiso”.
Il corpo del Cristo per quanto possente sembra senza peso.Il volto di Gesù ha le sembianze di un vivente e indica la totalità dell’annuncio cristiano: il Cristo è morto ed è risorto, egli è il Vivente. La scena è collocata sullo sfondo di un muro con un riferimento alle mura di Gerusalemme fuori dalle quali sorge il Golgota. Sul muro appaiono tre frontoni su quello di destra una finestrella, probabile allusione alla salvezza accordata al Buon Ladrone. Anteriormente al 400, l’arte delle prime comunità esprime simbolicamente il sacrificio di Cristo con l’immagine dell’ Agnello immolato e con l’ancora, che in forme diverse camuffa la croce. Il Wilpert afferma che nelle regioni cimiteriali appartenenti all’epoca tra II° e V° secolo, ne esiste un folto gruppo di 200 esemplari. L’uso dell’ancora, a differenza di altri simboli catacombali, non ha riscontro in altre civiltà, è propria del cristianesimo, e rivela il concetto teologico originale: Cristo crocifisso e risorto è l’ancora della nostra salvezza.
Il tema del crocifisso rimane sconosciuto all’iconografia finché Teodosio il Grande soppresse la pena umiliante della croce e l’immagine non suscitò più associazioni negative. La raffigurazione del Messia crocifisso “scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani” (I Cor 1,23) poteva infatti scandalizzare gli ebrei e intimorire i neofiti, nonché suscitare il disprezzo dei pagani come appare nell’incisione del Palatino dove è rappresentata l’immagine di un asino crocifisso adorato da un proselito.
Con il IV° secolo apparirà nell’abside delle Basiliche paleocristiane la Croce Gemmata che allude all’apoteosi finale di Cristo e specialmente nei mosaici ravennati come nella cupola del Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna dove la Croce è al centro di una incredibile decorazione stellare. Molto frequente è anche l’immagine dell’Albero Della Vita (S. Clemente a Roma), ma fino al V secolo non vi è il corpo appeso.
Dopo la coraggiosa raffigurazione di S. Sabina, il Concilio Trullano del 602, ordinò di rappresentare direttamente la Crocifissione la cui grande diffusione si ebbe nei sec. XII-XIII con le cattedrali romaniche e gotiche. Nella Croce di S. Damiano il Cristo appare ancora Triumphans trionfante sulla morte, mentre nel sec. XIII per influsso delle correnti francescane appare Patiens (sofferente sulla croce).
I secoli successivi hanno prodotto immagini diverse della Redenzione: da Giovanni Bellini a Grunewald, da El Greco a Chagall, sino all’essenzialità contemporanea come la Croce di Armando Testa (1990) nelle cui linee oblique è presente l’abbandono doloroso del Cristo obbediente: “Tutto è compiuto” mentre il colore luminoso è quello della Risurrezione.
Immagini diverse che annunciare la stessa gioiosa e sconvolgente notizia: “Cristo è stato crocifisso, ma Dio l’ ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni” (At.2,38).
Mirella LOVISOLO
Bibliografia:
TRICARIO M.F, Il credo dell’arte, AdP, Roma, 2000.
SALA G. Lacroce e il crocifisso, suppl. a Evangelizzare, EDB, Marzo 2003.
RUGGERI C., Stenografie dell’anima, Piemme, 1991
Il corpo del Cristo per quanto possente sembra senza peso.Il volto di Gesù ha le sembianze di un vivente e indica la totalità dell’annuncio cristiano: il Cristo è morto ed è risorto, egli è il Vivente. La scena è collocata sullo sfondo di un muro con un riferimento alle mura di Gerusalemme fuori dalle quali sorge il Golgota. Sul muro appaiono tre frontoni su quello di destra una finestrella, probabile allusione alla salvezza accordata al Buon Ladrone. Anteriormente al 400, l’arte delle prime comunità esprime simbolicamente il sacrificio di Cristo con l’immagine dell’ Agnello immolato e con l’ancora, che in forme diverse camuffa la croce. Il Wilpert afferma che nelle regioni cimiteriali appartenenti all’epoca tra II° e V° secolo, ne esiste un folto gruppo di 200 esemplari. L’uso dell’ancora, a differenza di altri simboli catacombali, non ha riscontro in altre civiltà, è propria del cristianesimo, e rivela il concetto teologico originale: Cristo crocifisso e risorto è l’ancora della nostra salvezza.
Il tema del crocifisso rimane sconosciuto all’iconografia finché Teodosio il Grande soppresse la pena umiliante della croce e l’immagine non suscitò più associazioni negative. La raffigurazione del Messia crocifisso “scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani” (I Cor 1,23) poteva infatti scandalizzare gli ebrei e intimorire i neofiti, nonché suscitare il disprezzo dei pagani come appare nell’incisione del Palatino dove è rappresentata l’immagine di un asino crocifisso adorato da un proselito.
Con il IV° secolo apparirà nell’abside delle Basiliche paleocristiane la Croce Gemmata che allude all’apoteosi finale di Cristo e specialmente nei mosaici ravennati come nella cupola del Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna dove la Croce è al centro di una incredibile decorazione stellare. Molto frequente è anche l’immagine dell’Albero Della Vita (S. Clemente a Roma), ma fino al V secolo non vi è il corpo appeso.
Dopo la coraggiosa raffigurazione di S. Sabina, il Concilio Trullano del 602, ordinò di rappresentare direttamente la Crocifissione la cui grande diffusione si ebbe nei sec. XII-XIII con le cattedrali romaniche e gotiche. Nella Croce di S. Damiano il Cristo appare ancora Triumphans trionfante sulla morte, mentre nel sec. XIII per influsso delle correnti francescane appare Patiens (sofferente sulla croce).
I secoli successivi hanno prodotto immagini diverse della Redenzione: da Giovanni Bellini a Grunewald, da El Greco a Chagall, sino all’essenzialità contemporanea come la Croce di Armando Testa (1990) nelle cui linee oblique è presente l’abbandono doloroso del Cristo obbediente: “Tutto è compiuto” mentre il colore luminoso è quello della Risurrezione.
Immagini diverse che annunciare la stessa gioiosa e sconvolgente notizia: “Cristo è stato crocifisso, ma Dio l’ ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni” (At.2,38).
Mirella LOVISOLO
Bibliografia:
TRICARIO M.F, Il credo dell’arte, AdP, Roma, 2000.
SALA G. Lacroce e il crocifisso, suppl. a Evangelizzare, EDB, Marzo 2003.
RUGGERI C., Stenografie dell’anima, Piemme, 1991
LA
CROCE NELLE ISCRIZIONI E NELL'ARTE DEI PRIMI
SECOLI
tratto
dal sito http://www.infotdgeova.it
Questo
graffito di inizio del II secolo è stato trovato
sul Palatino a Roma. Raffigura un crocifisso
con testa di animale e una persona in atto
di adorazione verso di lui, con la scritta
"Alessameno adora Dio". Questo graffito
è stato interpretato dagli archeologi come
una irrisione del culto cristiano verso Cristo.
La testa dell'animale è stata interpretata
come la testa di un asino o di un mulo. È
una testimonianza molto preziosa sul fatto
che i primi cristiani non solo sapevano che
Gesù era stato crocifisso su una croce, ma
lo adoravano come Dio.
Nella
letteratura cristiana dei primi secoli abbiamo
l'attestazione che i pagani deridessero i
cristiani come adoratori di un asino, e che
facessero volentieri riferimento (questo anche
per i Giudei) al mulo. Secondo un'antica leggenda
il Dio dei Giudei era un asino, oppure aveva
una testa di asino (cfr. Giuseppe Flavio,
Contra Apionem, II,80 ss.; Tacito,
Historiae, V,3 ss.; Epifanio, Panarion,
eresia 26,10 etc.). Era questa una leggenda
sorta probabilmente dal fatto che l'asino
era l'animale sacro di Seth, il reprobo nel
pantheon egizio, che gli egiziani consideravano
il Dio degli stranieri. I Giudei erano molto
presenti in Egitto, ed il loro Dio veniva
identificato con Seth; Io ed Eio sono i nomi
copti dell'asino, abbastanza somiglianti alla
parola Iao che è uno dei modi per indicare
YHWH, utilizzatissimo nei testi magici; nelle
gemme magiche infatti la raffigurazione di
Seth dalla testa d'asino viene identificata
come Iao, YHWH o Yah, il Dio degli Ebrei.
È stato molto semplice trasferire l'identificazione
del Dio degli Ebrei al nuovo Dio, Gesù Cristo
crocifisso. Questa identificazione è confermata
da un altro graffito realizzato a Cartagine
poco prima del 197 d.C., ove si vede una figura
umana avvolta nella toga con orecchie d'asino,
uno zoccolo al posto del piede, un libro in
mano, accompagnata da una scritta: "Il
Dio dei cristiani è un asino che giace con
i suoi adoratori".
«Come
ha scritto qualcuno, [voi pagani] avete fantasticato
che una testa d'asino è il nostro dio. Tale
sospetto l'ha introdotto Cornelio Tacito.
Costui, infatti, nel libro quinto delle sue
Storie, raccontando la guerra giudaica
fin dall'origine, dopo aver congetturato quello
che ha voluto, tanto sull'origine stessa,
quanto sul nome e la religione di quel popolo,
narra che i Giudei, liberati dall'Egitto o,
com'egli credette, cacciati via, trovandosi
nelle vaste località dell'Arabia, quanto mai
povere di acqua, tormentati dalla sete, seguendo
degli onagri [=asini selvatici], che si credeva
si recassero per avventura a bere dopo il
pasto, poterono far uso di sorgenti; e per
questo beneficio consacrarono la figura di
una bestia simile. Così di qui si presunse,
penso, che anche noi cristiani, come discendenti
della religione giudaica, venissimo iniziati
all'adorazione della medesima immagine» -
Tertulliano, Apologetico, cap. XVI,1-3
(fine I secolo).
Minucio Felice, Ottavio, IX,3 (fine I secolo) fa affermare ad un pagano: «Sento dire che i Cristiani venerano la testa della bestia più spregevole, l'asino, non so per che futile motivo».
Minucio Felice, Ottavio, IX,3 (fine I secolo) fa affermare ad un pagano: «Sento dire che i Cristiani venerano la testa della bestia più spregevole, l'asino, non so per che futile motivo».
Poco
più avanti, Minucio Felice riporta ancora
le parole del suo interlocutore pagano:
«E
chi ci narra che il loro culto si rivolge
ad un uomo punito per un delitto con il sommo
supplizio e ai ferali legni della croce, non
fa che attribuire altari appropriati a quei
malfattori e scellerati, che onorano ciò che
si meritano» (IX,4).
L'autore
pagano deride il fatto che i cristiani venerino
un malfattore crocifisso; si noterà tra l'altro
che si parla di "legni della croce"
(crucis ligna), e non di "legno
della croce" (crucis lignum),
a testimonianza del fatto che si trattava
di due pali incrociati. E questi due pali
vengono derisi come altari appropriati per
il culto dei cristiani.
È
quindi evidente che l'autore del graffito
trovato sul Palatino si era ...ispirato a
queste offensive credenze relative al culto
cristiano.
«...Questo
abbozzo malfatto non può essere presentato
come prova né che Gesù fù [sic] messo su "la
Croce" né tanto meno che i cristiani
adoravano "la Croce". Si può ben
vedere che la T è disegnata sopra la
figura e non dietro, questo probabilmente
perché è stata aggiunta in un secondo tempo.
Inoltre la testa d'animale assomiglia più
a quella di uno sciacallo che a quella di
un asino (basta vedere le orecchie!). Vale
la pena ricordare che in Egitto si adorava
una divinità con corpo umano e testa di sciacallo
detta Anubis. Cosa possa significare lo schizzo
raffigurato sopra è suscettibile di molte
interpretazioni. E' comprensibile che una
di queste sia quella voluta dai sostenitori
de "la Croce". Ma, onestamente,
una simile "prova" non sostiene
nulla. Piuttosto, possibile che i primi cristiani,
se è vero che adoravano "la Croce"
come sostiene la tesi di sopra, non hanno
lasciato nessuna traccia seria sotto
forma di icone nei primi 300 anni di cristianesimo?
La realtà è un altra: non ci sono da nessuna
parte immagini di "la Croce" né
nelle catacombe né in nessun altro luogo frequentato
dai primi cristiani semplicemente perché i
primi cristiani non adoravano nessuna "Croce"
ma il solo vero Dio e Padre di Gesù Cristo,
Geova (Giovanni 20:17)».
Gli
autori di queste critiche si sono basati non
su delle foto, come quella riprodotta in questa
pagina, ma su un disegno che non rende fedelmente
il graffito:
Disegno riportato nell'anonimo sito
Commentiamo
una per una queste obiezioni per mettere in
risalto la loro assoluta inconsistenza.
Si può ben vedere che la T è disegnata sopra
la figura e non dietro, questo probabilmente
perché è stata aggiunta in un secondo tempo
Innanzitutto
si osservi che si tratta di un rozzo graffito
e non di un affresco nel quale si rispettano
le regole prospettiche. Sicuramente l'autore
di questo insultante disegno non pretendeva
di fare un capolavoro pittorico.
Inoltre la testa d'animale assomiglia più
a quella di uno sciacallo che a quella di
un asino (basta vedere le orecchie!).
La
testa d'animale è indubbiamente quella di
un asino o di un mulo. È nel disegno del sito
geovista che potrebbe sembrare dubbia la sua
identificazione in una testa d'asino, ma la
foto non lascia alcun dubbio in merito:
Dettaglio
Gli
asini possono avere le orecchie corte come
lunghe, ad esempio questo bell'asinello ha
le orecchie proprio come quelle del graffito:
Gli
asini selvatici, gli ònagri, che hanno le
medesime orecchie. Ma forse i Testimoni non
sanno che cos'è un ònagro, anche se esso compare
più volte nella Bibbia; non lo sanno perché
la fantastica Traduzione del Nuovo Mondo
in Giobbe 24,5 invece di tradurre ònagro o
asino selvatico traduce "zebra nel deserto",
come se un asino e una zebra fossero la stessa
cosa...
Vale
la pena ricordare che in Egitto si adorava
una divinità con corpo umano e testa di sciacallo
detta Anubis. Cosa possa significare lo schizzo
raffigurato sopra è suscettibile di molte
interpretazioni. E' comprensibile che una
di queste sia quella voluta dai sostenitori
de "la Croce". Ma, onestamente,
una simile "prova" non sostiene
nulla.
Il dio egizio Anubis, dalla testa di sciacallo
Quella dello sciacallo è una scusa per far
credere che quello sia un graffito pagano
che raffigura un pagano che prega un dio con
la testa di sciacallo. Forse i Testimoni
non sono mai stati al museo egizio e non hanno
mai visto una raffigurazione del dio Anubis,
che non assomiglia neanche col binocolo a
quella di cui stiamo discutendo. In ogni caso,
in nessun culto pagano si ha l'adorazione
di un crocifisso.
Sciacallo
Anche
lo sciacallo ha una testa immensamente diversa
da quella raffigurata nel graffito. È chiarissimo
quindi che nel graffito si è voluto raffigurare
un uomo con la testa di asino o di un mulo.
Ma,
onestamente, una simile "prova"
non sostiene nulla.
Questa
è una semplice e discutibilissima opinione.
Per i TdG "non sostiene nulla" perché
questa iscrizione contrasta con gli attuali
insegnamenti della Società Torre di Guardia.
Per chi non ha simili pregiudizi invece, l'iscrizione
è chiaramente da associare al culto cristiano.
Piuttosto,
possibile che i primi cristiani, se è vero
che adoravano "la Croce" come sostiene
la tesi di sopra, non hanno lasciato nessuna
traccia seria sotto forma di icone nei
primi 300 anni di cristianesimo?
Si
dimentica che il culto cristiano era proibito
e che essendo perseguitati i cristiani non
potevano certo manifestare apertamente la
loro fede o raffigurare dei simboli legati
al loro culto. Tuttavia vi sono molte testimonianze
ed iscrizioni - oltre a questa che abbiamo
esaminato - che attestano che la croce era
un simbolo cristiano.
Uno
dei simboli usati dai cristiani del secondo
secolo d.C. era il pesce. La parola pesce,
in greco ICHTHYS, era un segno convenzionale
dell'espressione greca Iesous CHristòs
THeou Yiòs Sotér,
che significa "Gesù Cristo, Figlio di
Dio, Salvatore".
In
alcune di queste iscrizioni veniva aggiunto
il T della croce tra le lettere, come in questa
iscrizione del III secolo che si trova nelle
Catacombe di S. Sebastiano...
...
oppure si inseriva la X (iniziali di Cristo,
in greco). Giustino, a metà del II secolo,
spiega la differenza tra la X cristiana e
quella pagana: "Platone nel Timeo cerca,
con ragioni naturali, quello che è il figlio
di Dio, dicendo che egli ha tracciato un X
su tutte le cose; ma questo l'ha preso da
Mosè [...] Platone lesse questi avvenimenti,
ma non avendoli ben compresi non capì che
questa era l'immagine della croce; e credette
invece che era una X e disse che per Dio la
seconda potenza era lo X tracciato sull'universo"
(I Apologia, 60).
Porta di Santa Sabina, Roma
Le prime croci con sopra disegnato Gesù
(crocifissi) compaiono nel V secolo, come
il pannello della porta di Santa Sabina. C'è
anche un avorio del British Museum
del principio del V secolo con un Gesù crocifisso
che si può vedere in questa foto:
Per quanto riguarda la croce senza figura
umana risulta che tra i primi esempi di croce
cristiana vi è quello discusso di Palmira
e l'iscrizione di Dura Europos (163). In Occidente,
oltre alla
croce di Ercolano, la croce
appare in un affresco dell'ipogeo degli
Aurelii
a Roma. (ca. 253). Verso il 253 d.C. ca. si
trova nell'ipogeo degli Aurelii una raffigurazione
di un personaggio che indica la croce.
Un'altra
bella croce si trova su una lastra sepolcrale
marmorea nel cimitero di S. Callisto a Roma,
sotto il nome della defunta Rufina Irene.
È del III secolo.
A
pag. 3050 del Dictionnaire d'archéologie
chrétienne et de liturgie (F. Cabrol e
H. Leclerq, Paris 1907-1953) vengono riprodotte
altre antichissime raffigurazioni della croce:
Nel
prestigioso dizionario si dice che tale gemma
è un diaspro rosso, inciso sui due lati, che
venne ritrovato a Gaza, in Siria.
Ciò
che rende questa minuscola scultura estremamente
interessante, è il fatto che rappresenta una
crocifissione, e di sicuro una delle più antiche
che si conoscano. Nel Dizionario si dice che
tale opera venne realizzata dagli Gnostici:
«Non si può dubitare del fatto che gli gnostici
raffigurarono il Cristo, se confrontiamo i
diversi passaggi in cui i Padri osservano
che qualcuno di questo eretici fece eseguire,
in materiali diversi, immagini di Omero, Pitagora,
Aristotele, Platone, San Paolo e Gesù Cristo.
Tali immagini, ci dicono, furono fatte al
tempo di Pilato e mentre il Signore era ancora
fra gli uomini. Ma presso i primi cristiani,
le rappresentazioni delle scene del Vangelo
relative alla vita di Cristo si fermano alla
sua comparsa davanti a Pilato. La crocifissione
non compare se non sotto la forma di una croce
ricoperta di fiori e di pietre preziose. Sulla
gemma gnostica, al contrario, l'immagine è
brutale e mostra, in tutto il suo orrore,
l'antico supplizio. Il crocifisso è nudo,
morente o morto, con la testa reclinata».
Quest'altra
gemma, come si legge del Dizionario, è una
cornalina custodita nel Museo Britannico.
Raffigura il Cristo in piedi, nudo, con le
braccia stese orizzontalmente alla traversa
della croce.La figura di Cristo domina con
la sua statura i dodici apostoli. Sullo sfondo
si leggono delle lettere scritte al contrario
e questo permette di capire che la gemma era
usata come sigillo. È stata trovata a Costanza,
in Romania, insieme ad altre gemme datate
dal I al III secolo. Si ritiene che tale pietra
risalga al II secolo.
Questa
seconda cornalina ci mostra lo stesso soggetto
con alcune varianti degne di nota. Il crocifisso
non ha più un'altezza sovrumana, ma è alto
come i dodici apostoli raccolti ai piedi della
croce. È elevato tramite il suppedaneum
(il sostegno sporgente su cui si appoggiavano
i piedi) all'altezza di un metro circa. Il
crocifisso ha le braccia stese, ha l'aureola
e sullo sfondo si legge la scritta "Gesù
Cristo". Tale medaglia è un po' più recente
della precedente e viene datata al III secolo.
Molti
Testimoni di Geova credono che non vi siano
raffigurazioni di croci anteriori al V secolo,
ma si sbagliano, come abbiamo visto.
Si trovano,
infatti, raffigurazioni della croce dal II
secolo in poi, con l'unica limitazione che
non c'è Gesù sopra... e questo perché prima
della liberalizzazione del cristianesimo non
sarebbe stato concesso di raffigurare così
apertamente il Cristo, quindi lo si velava
simbolicamente o lo si raffigurava in modo
da non dover essere necessariamente compreso
(il "buon pastore" non era altro
che un pastore con una pecora sulle spalle...
poteva essere interpretato come un pastore
qualsiasi). Ma non appena il cristianesimo
diventa libero, l'iconografia esplode nelle
raffigurazioni della croce con il Cristo.
Come questo Cristo in un sarcofago del IV
secolo al museo lateranense.
Vi sono poi numerosissime fonti letterarie, a cavallo di I-II secolo, tra cui Ignazio, Barnaba e Giustino, che ci spiegano che la croce aveva forma simile alla lettera T, e usano molte immagini per descriverla (l'albero ramificato, Mosé con le sue braccia allargate, l'agnello cotto allo spiedo con uno spiedo che lo trapassa in un senso e un altro che lo trapassa nell'altro, etc., etc.). Poi ci sono le fonti liturgiche che ci descrivono il segno della croce, a partire da Tertulliano ai principi del III secolo. E lo sphragis fatto ai battezzandi sul capo.
Tra la fine del II e l'inizio del III secolo, i pagani persecutori, per mostrare che anche i cristiani erano idolatri, rinfacciavano loro il culto della croce e li chiamavano Crucis religiosi (veneratori della croce). Adoratori idolatrici i cristiani non lo sono mai stati, ed i concili ecumenici hanno vigilato su questo. Il secondo concilio di Nicea definisce gli atti di culto riservati alla croce: il saluto alla venerazione, ma non l'adorazione. Teodoro Studita osserva che l'adorazione rivolta a Dio è vera adorazione, quella rivolta alla croce lo è in senso relativo, in quanto è rivolta comunque al Cristo e non all'oggetto.
Per i Romani le esecuzioni capitali sulla croce erano all'ordine del giorno. In quei casi c'erano dei pali verticali già piantati. Cicerone si vantava di averlo tolto dal campo Marzio durante il suo consolato, e rimprovera Labieno che aveva ordinato di "conficcare e stabilire la croce per il supplizio dei cittadini" (Pro Rabirio 3,10; 4,11). Il condannato si portava sulle spalle il braccio trasversale della croce. Arrivati sul luogo dell'esecuzione, si inchiodavano le braccia al palo trasversale e si sollevava il palo così fissato alla persona usando una corda che passava sulla punta del palo verticale, e delle scale se necessario. Questa operazione si chiama in crucem tolli o crucem ascendere, o in cruce excurrere. Queste espressioni danno l'idea del salire verso l'alto. Due persone sono sufficienti per tirar su il condannato e fissarlo al palo verticale. Dopo la morte, si tirava nuovamente giù il palo trasversale e quello verticale era pronto per la prossima esecuzione.
Questa è la procedura che i romani seguivano per crocifiggere. Le attaccature su pali verticali unici avvenivano in casi particolari, in mancanza di legno, per la fretta, e comunque su pali già piantati nel terreno, normalmente alberi, soprattutto in tempo di guerra, per esecuzioni di massa, per esecuzioni sommarie. Ma certo senza trasporto del palo da parte del condannato. Nel caso di Gesù ci fu un regolare processo ed una condanna esemplare.
Gli scrittori
ecclesiastici tra la fine del primo e l'inizio
del II secolo, ben conoscendo la forma della
croce, la utilizzano in vario modo, rappresentandola
con la lettera T maiuscola dell'alfabeto,
paragonandola ad oggetti composti da due bracci
incrociati. Nelle catacombe si comincia a
mettere la croce un po' ovunque. Quando Costantino
permette il cristianesimo, i segni di croce
fino a quel momento nascosti possono essere
accompagnati anche dalla figura di Cristo.
Dall'inizio del V secolo incomincia la raffigurazione
del Cristo attaccato alla croce. Croce che
nessuno mai disse essere un palo sino alla
metà del secolo XX con i testimoni di Geova.
Concludo
con un passo degli Atti di Andrea,
del II secolo, dedicato alla croce:
"Una
parte di te si eleva nei cieli, per designare
il Verbo che è in alto; un'altra parte si
spiega a destra e a sinistra, per mettere
in rotta la potenza temibile dell'Avversario,
e per riunire il mondo dell'unità; e una parte
è piantata nella terra, per riunire le cose
che sono sulla terra e quelle che sono negli
inferi assieme a quelle che sono nei cieli
[...] O croce, trofeo della vittoria di Cristo
sui suoi nemici! O croce, piantata sulla terra,
ma che porti il tuo frutto nei cieli; salute
a te, che sei stata vestimento del Signore"
(14).
BIBLIOGRAFIA:
M.
HENGEL, Crocifissione ed espiazione,
Brescia, Paideia, 1988.
J.
BLINZLER, Il processo di Gesù, Brescia,
Paideia, 2001.
da: Fu un palo o una croce? Il supplizio della crocifissione
da: Fu un palo o una croce? Il supplizio della crocifissione
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