la
salvezza si gioca sul piano dell’ essere
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Quando
il mondo è più desolato e tutto sembra irrimediabilmente perduto, allora si manifesta la presenza di colui che era stato estromesso.
Percepire questa presenza è l’inizio della resurrezione, dal momento che
il pericolo è proprio quello di naufragare nel vuoto delle creature
provvisorie e relative. L’atto di fede è appunto atto dello spirito che
si apre all’esistenza - consistente e perciò salvifica
- del Dio vivo: è un rendersi conto di che cosa significhi veramente,
tra la folla di larve garrule ed evanescenti, potersi aggrappare a uno
che silenziosamente ed efficacemente esiste. Perciò la redenzione è in
primo luogo, disperse le mille nullità frastornanti, una manifestazione
di esistenza: «Io sono», dice a Mosè la voce del roveto in fiamme (Es
3,14). «Se non credete che io sono, morirete nei vostri peccati», dice
il Redentore ai Giudei (Gv 8,24). «Sono io», dice Gesù nell’ora delle
tenebre alle potenze umane, che subito sono abbattute (Gv 18,6). «Sono
io», dice Geppetto al burattino incosciente che sta per perire.C’è chi pensa che la salvezza possa venire dalle idee; c’è chi pensa che la salvezza possa venire dalle azioni: tutte le rivoluzioni - che in definitiva lacerano i tessuti sociali e non cambiano molto - sono ispirate a questi principi, inadeguati senza essere totalmente erronei. La sola vera rivoluzione, quella di Dio, è diversamente fondata: la salvezza si gioca sul piano dell’ essere.
Al risonare della voce di Geppetto, Pinocchiò si rende finalmente conto della propria miseria e insieme intravede la strada per uscirne, nella presenza di colui che lo può ricreare (Biffi)
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