Citazioni dal Diario di Etty Hillesum
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La sorgente di ogni
cosa ha da essere la vita stessa, mai un’altra persona. Molti, invece -
soprattutto donne - attingono le proprie forze da altri: è l’uomo la loro
sorgente, non la vita. Mi sembra un atteggiamento quanto mai distorto e
innaturale. (p.50)
Mio Dio, prendimi per mano, ti seguirò da brava, non farò troppa
resistenza. Non mi sottrarrò a nessuna delle cose che mi verranno addosso in
questa vita, cercherò di accettare tutto e nel modo migliore. Ma concedimi di
tanto in tanto un breve momento di pace. Non penserò più, nella mia ingenuità,
che un simile momento debba durare in eterno, saprò anche accettare
l’irrequietezza e la lotta. Il calore e la sicurezza mi piacciono, ma non mi
ribellerò se mi toccherà stare al freddo purché tu mi tenga per mano. Andrò
dappertutto allora, e cercherò di non aver paura. E dovunque mi troverò, io
cercherò d’irraggiare un po’ di quell’amore, di quel vero amore per gli uomini
che mi porto dentro. Ma non devo neppure vantarmi di questo ‘amore’. Non so se
lo possiedo. Non voglio essere niente di così speciale, voglio solo cercare di
essere quella che in me chiede di svilupparsi pienamente. A volte credo di
desiderare l’isolamento di un chiostro. Ma dovrò realizzarmi tra gli uomini, e
in questo mondo.
E lo farò, malgrado la stanchezza e il senso di ribellione che ogni tanto mi prendono. Prometto di vivere questa vita sino in fondo, di andare avanti. (p.74-75)
E lo farò, malgrado la stanchezza e il senso di ribellione che ogni tanto mi prendono. Prometto di vivere questa vita sino in fondo, di andare avanti. (p.74-75)
Di nuovo mi inginocchio sul ruvido tappeto di cocco, con le mani che
coprono il viso, e prego: Signore, fammi vivere di un unico grande sentimento -
fa’ che io compia amorevolmente le mille piccole azioni di ogni giorno, e
insieme riconduci tutte queste piccole azioni ad un unico centro, a un profondo
sentimento di disponibilità e di amore. Allora quel che farò, o il luogo in cui
mi troverò, non avrà più molta importanza. (p.82)
E
quando si parla di sterminare, allora che sia il male nell’uomo, non l’uomo
stesso.
Un'altra
cosa ancora dopo quella mattina: la mia consapevolezza di non essere capace di
odiare gli uomini malgrado il dolore e l'ingiustizia che ci sono al mondo, la
coscienza che tutti questi orrori non sono come un pericolo misterioso e
lontano al di fuori di noi, ma che si trovano vicinissimi e nascono dentro di
noi: e perciò sono meno più familiari e assai meno terrificanti. Quel che fa
paura è il fatto che certi sistemi possono crescere al punto da superare gli
uomini e da tenerli stretti in una morsa diabolica, gli autori come le vittime.
(p.102)
Certo che ogni tanto si può esser tristi e abbattuti per quel
che ci fanno, è umano e comprensibile che sia così. E tuttavia: siamo soprattutto noi stessi a derubarci da
soli. Trovo bella la vita, e mi sento libera. I cieli si stendono dentro di me
come sopra di me. Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore.
La vita è difficile, ma non è grave. Dobbiamo cominciare a prendere sul
serio il nostro lato serio, il resto verrà allora da sé: e “lavorare a se
stessi” non è proprio una forma d’individualismo malaticcio. Una pace futura
potrà essere veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se
stesso – se ogni uomo si sarà liberato dell’odio contro il prossimo, di
qualunque razza o popolo, se avrà superato quest’odio e l’avrà trasformato in
qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo. È
l’unica soluzione possibile. E così potrei continuare per pagine e pagine. Quel
pezzetto d’eternità che ci portiamo dentro può essere espresso in una parola
come in dieci volumoni. Sono una persona felice e lodo questa vita, la lodo
proprio, nell’anno del Signore 1942, l’ennesimo anno di guerra. (p.127)
Se rimarremo vivi, queste saranno altrettante ferite che
dovremo portarci dentro per sempre. Eppure non riesco a trovare assurda la
vita. E Dio non è nemmeno responsabile verso di noi per le assurdità che noi
stessi commettiamo: i responsabili siamo noi! Sono già morta mille volte in
mille campi di concentramento. So tutto quanto e non mi preoccupo più per le
notizie future: in un modo o nell’altro, so già tutto. Eppure trovo questa vita
bella e ricca di significato. Ogni minuto. (p.134)
La sofferenza non è al di sotto della dignità umana. Cioè: si
può soffrire in modo degno, o indegno dell’uomo. Voglio dire: la maggior parte
degli occidentali non capisce l’arte del dolore, e così vive ossessionata da
mille paure. E la vita che vive la gente
adesso non è più una vera vita, fatta com’è di paura, rassegnazione, amarezza,
odio, disperazione. Dio mio, tutto questo si può capire benissimo: ma se
una vita simile viene tolta, viene tolto poi molto? Si deve accettare la morte,
anche quella più atroce, come parte della vita. E non viviamo ogni giorno una vita intera, e ha molta importanza se
viviamo qualche giorno in più, o in meno? Io sono quotidianamente in
Polonia, su quelli che si possono ben chiamare dei campi di battaglia, talvolta
mi opprime una visione di questi campi diventati verdi di veleno; sono accanto
agli affamati, ai maltrattati e ai moribondi, ogni giorno - ma sono anche
vicina al gelsomino e a quel pezzo di cielo dietro la mia finestra, in una vita
c’è posto per tutto. Per una fede in Dio e per una misera fine. (p.136)
…so tutto, tutto, in ogni momento; a volte devo
chinare il capo sotto il gran peso che ho sulla nuca, e allora sento il
bisogno di congiungere le mani, quasi in un gesto automatico, e così
potrei rimaner seduta per ore -so tutto, sono in grado di sopportare
tutto, sempre meglio, e insieme sono certa che la vita è bellissima,
degna di essere vissuta e ricca di significato. Malgrado tutto. Il che non vuol
dire che uno sia sempre nello stato d’animo più elevato e pieno di fede.
Si può esser stanchi come cani dopo aver fatto una lunga camminata o una
lunga coda, ma anche questo fa parte della vita, e dentro
di te c’è qualcosa che non ti abbandonerà mai più. (p.137)
Bisogna saper riconoscere le proprie
insufficienze, anche quelle fisiche; bisogna saper accettare di non poter
essere per un altro come si vorrebbe.
Riconoscere le proprie debolezze non
significa lamentarsene: questa sì che sarebbe una miseria, anche per gli altri.
(p.145)
…lasciar
completamente libera una persona che si ama, lasciarla del tutto libera di fare
la sua vita, è la cosa più difficile che ci sia. (p.147)
E persino dalla sofferenza si può attingere
forza. (p.155) L’uomo occidentale non accetta il “dolore” come parte di questa
vita: per questo non riesce mai a cavarne fuori delle forze positive. (p.173)
Preghiera della domenica mattina. Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi.
Stanotte per la prima volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi
bruciavano, davanti a me passavano immagini su immagini di dolore umano. Ti
prometto una cosa, Dio, soltanto una piccola cosa: cercherò di non appesantire
l’oggi con i pesi delle mie preoccupazioni per il domani - ma anche questo
richiede una certa esperienza. Ogni giorno ha già la sua parte. Cercherò di
aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me, ma a priori non posso
promettere nulla. Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè
che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo
modo aiutiamo noi stessi. L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e
anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio
Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di
altri uomini. Sì, mio Dio, sembra che tu non possa far molto per modificare le
circostanze attuali ma anch’esse fanno parte di questa vita. Io non chiamo in
causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi.
E quasi a ogni battito del mio cuore, cresce la mia certezza: tu non puoi
aiutarci, ma tocca a noi aiutare te, difendere fino all’ultimo la tua casa in
noi. Esistono persone che all’ultimo momento si preoccupano di mettere in salvo
aspirapolveri, forchette e cucchiai d’argento - invece di salvare te, mio Dio.
E altre persone, che sono ormai ridotte a semplici ricettacoli di innumerevoli
paure e amarezze, vogliono a tutti i costi salvare il proprio corpo. Dicono: me
non mi prenderanno. Dimenticano che non si può essere nelle grinfie di nessuno
se si è nelle tue braccia. Comincio a sentirmi un po’ più tranquilla, mio Dio,
dopo questa conversazione con te. Discorrerò con te molto spesso, d’ora
innanzi, e in questo modo ti impedirò di abbandonarmi. Con me vivrai anche
tempi magri, mio Dio, tempi scarsamente alimentati dalla mia povera fiducia; ma
credimi, io continuerò a lavorare per te e a esserti fedele e non ti caccerò
via dal mio territorio. (p.169-170)
Io non odio nessuno, non sono amareggiata.
Una volta che l’amore per tutti gli uomini comincia a svilupparsi in noi,
diventa infinito. (p.172)
Si deve anche essere capaci di vivere senza libri e senza
niente. Esisterà pur sempre un pezzettino di cielo da poter guardare, e
abbastanza spazio dentro di me per congiungere le mani in una preghiera.
(p.173)
Mi sembra infantile pregare perché un altro
stia bene: per un altro si può solo pregare che riesca a sopportare le
difficoltà della vita. E se si prega per qualcuno, gli si manda un po’ della
propria forza. (p.176)
Amo così tanto gli altri perché amo in
ognuno un pezzetto di te, mio Dio. Ti cerco in tutti gli uomini e spesso trovo
in loro qualcosa di te. E cerco di disseppellirti dal loro cuore, mio Dio. (p.194)
...ognuno di noi deve raccogliere e distruggere in se stesso
ciò per cui ritiene di dovere distruggere gli altri. E convinciamoci che ogni atomo di odio che aggiungiamo al mondo
lo rende ancora più inospitale.
E Klaas, vecchio e arrabbiato militante di classe, ha
replicato sorpreso e sconcertato insieme: si, ma – ma questo sarebbe di nuovo
cristianesimo!
E io, divertita da tanto smarrimento, ho risposto con molta
flemma: certo, cristianesimo – e perché poi no? (p.212)
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