Sònja
***
C'era un'altra domanda alla quale non sapeva rispondere:
perché tutti avevano imparato a voler bene a Sònja? Lei non
cercava di ingraziarseli; la incontravano di rado: solo quando
andava sui posti di lavoro per incontrarsi con lui.
Eppure tutti la conoscevano, sapevano che lei lo aveva seguito,
sapevano come viveva e dove viveva. Lei non regalava soldi a
nessuno, non faceva a nessuno piaceri di particolare rilievo.
Solo una volta, a Natale, aveva portato in dono a tutti i
carcerati dei panini bianchi e delle pagnottine dolci. Ma a poco
a poco, tra Sònja e i forzati si erano stabiliti dei rapporti più
stretti: lei scriveva per loro le lettere ai parenti e le portava alla
posta. E i parenti, arrivando in città, consegnavano a Sònja, su
consiglio degli stessi reclusi, oggetti e perfino denaro. Le loro
mogli e le loro amanti la conoscevano e la frequentavano. E
quando Sònja compariva sui posti di lavoro, per far visita a
Raskòlnikov, o incontrava un gruppo di detenuti che andavano
al lavoro, tutti si levavano il berretto, tutti la salutavano:
«Màtuška, Sòfja Semënovna, sei la nostra mammina, dolce e
brava!» dicevano quei rozzi, incalliti forzati alla piccola e
gracile creatura. Lei sorrideva, rispondendo al loro saluto, e a
loro piaceva molto vedere il suo sorriso. Piaceva loro perfino
l'andatura di Sònja; si voltavano a guardarla camminare, e la
lodavano; la lodavano perfino perché era così piccola: proprio
non sapevano più per che cosa lodarla. Andavano da lei perfino
per farsi curare qualche malanno.
DOSTOEVSKIJ Delitto e Castigo
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