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domenica 16 giugno 2013

IL SENSO RELIGIOSO DI MONTALE

 IL SENSO RELIGIOSO DI MONTALE
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«Io sono un poeta che ha scritto un’autobiografia poetica senza cessare di battere alle porte dell’impossibile.
 Nella mia poesia c’è il desiderio d’interrogare la vita. Dopo lo
scetticismo iniziale, nei miei versi della maturità ho tentato di sperare, di battere al muro,di vedere ciò che poteva esserci dall’altra parte della parete, convinto che la vita ha un significato che ci sfugge. Ho bussato disperatamente come uno che attendeva una
risposta. C’è nozione di Dio, nella mia poesia: ma a patto di togliere a Dio ogni attributo
dogmatico. E io sono un cristiano: ma un cristiano che non appartiene a nessuna chiesa».18
Quello che avviene nel mondo così detto civile a partire dalla fine dell’Illuminismo (ma ora in sempre più rapida escalation) è il totale disinteresse per il senso della vita. Ciò non contrasta col darsi daffare, anzi. Si riempie il vuoto con l’inutile. Il mondo muore di noia, l’impiego del tempo è letteralmente spaventoso. I giovani che si agitano un po’ dovunque non se ne rendono forse conto, ma il loro vero problema non è né sociale né economico. A loro non interessa più nulla, ecco il fatto. Immetteteli in una società più giusta, meglio pianificata, riempiteli di lauree e di diplomi, trovate per tutti un buon impiego e molto tempo libero, e il risultato sarà lo stesso: una noia sempre crescente senza nemmeno più il conforto/sconforto dell’angoscia. Abbiamo provveduto noi anziani, noi balordi aruspici dei vari futuribili, a svuotarli di tutto. Non ci possono ringraziare, questo è certo.
Le attuali agitazioni e contestazioni appartengono dunque a quella che si definisce come eterogenesi dei fini e come tali sono inevitabili. Il loro effetto (se ce ne sarà uno) non può essere prevedibile in alcun modo. Esse non sono che un’infima parcella di tutto ciò che sta ribollendo in questo universo di orrore e di noia.
E. Montale, Variazioni, in “Corriere della Sera”, 12 gennaio 1969

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