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martedì 15 ottobre 2013

l'uomo e la sua unicità

 l'uomo e la sua unicità
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"Il fatto che l'uomo sia capace d'azione significa che da lui ci si può attendere l'inatteso, che è in grado di compiere ciò che è infinitamente improbabile. E ciò è possibile solo perché con la nascita di ciascuno viene al mondo qualcosa di nuovo nella sua unicità". 
 Hannah Arendt

1 commento:

Anonimo ha detto...

LE DEDUZIONE DELLA ARENDT SULLA BANALITA’ DEL MALE

I dubbi che ciascuno esprime in un dialogo diventano sempre terreno fecondo per nuove riflessioni. Voler rendersi conto pienamente se le idee che tenevamo certe in noi possono essere rimodellate dal confronto con gli altri: questo è lo scopo della vera conoscenza, la quale ricerca, e forse mai arriva, a verità assolute.
E’ il caso del dibattito innescato sulle deduzione della “banalità del Male” di H. Arendt.
Prendere su di sé il pensiero dell’altro è come sperimentare la sua vita in noi, provare a moltiplicarsi per non cedere alle convenzioni e ad un ruolo, che è la negazione del divenire. E’ stata stimolante la puntigliosità del mio dialogante nel voler capire, e di conseguenza nel costringermi a capire, le deduzioni a cui Hannah giunse, del tutto contrarie al sentire comune.
Questo è un buon esercizio, e certe affermazioni si fanno proprio per far un buon esercizio del pensiero.
Creare il nostro angolo di divergenza dal “senso comune” è pensare; considerare un punto di vista “altro”, ovvero gli altri punti di vista, fa capire che esistono più orizzonti al mondo.
E quando si trovano fratellanze, come con Hannah, si commuove il cuore, si sente il dovere di amare quelle vite passate e di tradurle il più possibile nella nostra. E’ un affiancamento, un passare il testimone, un innamoramento struggente perché di loro possiamo avere il cuore e il pensiero, mentre a volte ne vorremo anche la pelle e il corpo da stringere.
Io so quello che si prova quando ci intriga una personalità: l’urgenza di dichiararsi amico, di farle sapere che non è stata vana la sua vita, che in noi risorge.
Di questi amori è stata piena la mia; ecco il perché delle mie lacrime, quasi in esse potesse rinascere il sapore salato, non insipido, delle loro parole.
Io mi fo vincere facilmente dalla commozione, ma ogni volta è come se lasciassi il mio io per far posto al loro.
Fa riflettere la sua affermazione di come il male sia frutto dell’assenza di pensiero. Siamo convinti che invece sia la fredda conseguenza di un pensiero negativo che proprio nella sua aberrazione si costruisce con stringente complessità. Se così fosse, allora Hannah deve sottintendere altra cosa con la parola “pensiero”.
Se io dico: “sono in pensiero per te”, forse comprendo quale sia l’essenza del pensiero; non è solo una attività celebrale organizzativa delle azioni, ma, in quanto prodotto dall’uomo, è finalità morale delle azioni. Si pensa per migliorare la propria mente, non per eseguire ciò che il volere (meglio dire la voluttà che ci caratterizza) desidera.
Pensare implica l’azione migliorativa dell’evoluzione umana, implica la prosecuzione in qualità di ciò che collettivamente vogliamo costruire nel consesso umano. Costruirlo, al fine di raggiungere uno stato in cui il pensiero stesso cresce nella cooperazione reciproca per una fratellanza di scambi. Perché è ciò che il pensiero ha prodotto sull’uomo che deve interessarci: la ricerca delle sue potenzialità, interne alla mente ed esterne nel dialogo affinché permetta lo sfruttamento dei reciprochi traguardi raggiunti; ciò che il pensiero ha prodotto “è” essenza di quell’umanità che ci contraddistingue.
La banalità del male denunciata come assenza di pensiero, comporta questa definizione di “pensiero”. Un pensiero volto alla disumanità non è pensiero, in quanto negazione delle finalità della mente. E’ incollaggio di atti eseguiti senza quella finalità progressista che abbiamo detto deve esserle propria, ma incollaggio di atti eseguiti solo nell’incoscienza verso gli altri e nell’egoismo del proprio stato.
Silvano Salvadori

29-1-14