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giovedì 12 giugno 2014

Bergoglio e don Gius, le affinità elettive

Bergoglio e don Gius, le affinità elettive
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Giorgio Paolucci
26 aprile 2014

"Da molti anni gli scritti di monsignor Giussa­ni hanno ispirato la mia riflessione. (...) Il senso religioso non è un libro ad uso esclusivo di coloro che fanno parte del movimento; neppure è solo per i cristiani o per i credenti. È un libro per tutti gli uomini che prendono sul se­rio la propria umanità. Oso dire che oggi la questione che dobbia­mo maggiormente af­frontare non è tanto il problema di Dio, l’esi­stenza di Dio, la cono­scenza di Dio, ma il problema dell’uomo, la conoscenza dell’uo­mo e il trovare nell’uo­mo stesso l’impronta che Dio vi ha lasciato per incontrarsi con Lui. (...) Non si può i­niziare un discorso su Dio se prima non ven­gono soffiate via le ce­neri che soffocano la brace ardente dei ’per­ché’ fondamentali. Il primo passo è creare il senso di tali domande che sono nascoste, sotterrate, forse soffe­renti, ma che esisto­no».

Correva l’anno 1999 quando l’arcive­scovo di Buenos Aires, Jorge Maria Bergoglio, pronunciava queste parole in occasione della presentazione di El sentido religioso , traduzione in lingua spagnola dell’opera fondamentale di Lui­gi Giussani, Il senso religioso. Le ragioni di una con­sonanza ideale tra i due, che non si sono mai incontrati diretta­mente, vengono sot­tolineate anche due anni più tardi in occa­sione della presenta­zione di un’altra ope­ra del leader di Comu­nione e liberazione, L’attrattiva Gesù: «La prima, più personale, è il bene che negli ul­timi dieci anni que­st’uomo ha fatto a me, alla mia vita di sacer­dote, attraverso la lettura dei suoi li­bri e dei suoi articoli - ebbe a dire l’ar­civescovo - . La seconda ragione è che sono convinto che il suo pensiero è profondamente umano e giunge fino al più intimo dell’anelito dell’uomo. Oserei dire che si tratta della fenome­nologia più profonda e, allo stesso tempo, più comprensibile della no­stalgia come fatto trascendentale». 

L’attenzione alle esigenze elementa­ri della persona e la categoria dell’'incontro' come modalità che fa accendere la fede, sono i due 'focus' su cui si gioca, sia per Bergoglio sia per Giussani, la capacità del cristia­nesimo di fare presa sull’uomo con­temporaneo.
In un lungo e dettagliato articolo pub­blicato nei giorni scorsi sul sito wwww.terredamerica.com, il filosofo Massimo Borghesi, dopo avere evi­denziato la sintonia tra i due, ne sot­tolinea tre conseguenze rilevanti. La prima è che la Grazia è qualcosa che viene 'prima': presentando L’attrat­tiva Gesù, Bergoglio sottolinea che «sempre primerea la grazia, poi viene tutto il resto». La seconda conse­guenza è che se l’incontro è la moda­lità essenziale con cui la fede si co­munica, in un mondo tornato larga­mente pagano il cristianesimo deve declinarsi nella sua forma essenziale e non, primariamente, nelle sue con­seguenze etiche, la cui salvaguardia spetta ai cristiani impegnati nella so­cietà.

Come osserva papa Francesco nell’intervi­sta a padre Spadaro su 'Civiltà cattolica', «l’annuncio di tipo missionario si con­centra sull’essenziale, che è anche ciò che appassiona e attira di più, ciò che fa ardere il cuore, come ai disce­poli di Emmaus. Dob­biamo quindi trovare un nuovo equilibrio, altrimenti anche l’edi­ficio morale della Chiesa rischia di cade­re come un castello di carte, di perdere la fre­schezza e il profumo del Vangelo. La propo­sta del Vangelo deve essere più semplice, profonda, irradiante. È da questa proposta che poi vengono le conseguenze morali». L’«attrattiva Gesù», un termine ripreso nella Evangelii gaudium (39) precede quindi la dottrina morale. Una posizione, questa, che contribuisce a preve­nire il sorgere di forme di fondamentalismo cristiano, che in questi tempi sono tornate al­la ribalta.

La terza conseguenza è rintracciabile nelle due possibili derive che vanno evitate, la gnosi e il pelagianesi­mo, individuate espli­citamente anche nel­la Evangelii gaudium (94). Borghesi nota che «se il cristianesi­mo è un avvenimento che si rende manife­sto in un incontro sto­rico e sensibile, se es­so primerea rispetto a ogni nostra azione o intenzione, allora lo svuotamento spiritualistico del fatto cristiano, la negazione del suo esse­re carne, così come la pretesa mora­listica di poter costruire da sé il mon­do nuovo, appaiono le deviazioni da correggere». 

Come affermava lo stesso Bergoglio nel 2011: «Questa concezione cristia­namente autentica della morale che Giussani presenta non ha niente a che vedere con il quietismo spiritualoide di cui sono pieni gli scaffali dei su­permercati religiosi oggigiorno. E nep­pure con il pelagianesimo così di mo­da nelle sue diverse e sofisticate ma­nifestazioni. Il pelagianesimo al fon­do è rieditare la Torre di Babele. I quie­tismi spiritualoidi sono sforzi di pre­ghiera o di spiritualità immanente che non escono mai da se stessi». In en­trambi i casi, siamo davanti a un pro­cesso di mondanizzazione della fede e, come avverte Papa Francesco nel­la Evangelii gaudium, «non è possibile immaginare che da queste forme ri­duttive di cristianesimo possa scatu­rire un autentico dinamismo evange­lizzatore»
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