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mercoledì 11 giugno 2014

Da "Lettere a Theo sulla pittura", Vincent Van Gogh

Da "Lettere a Theo sulla pittura", Vincent Van Gogh
Caro Theo,

ti scrivo un poco a malincuore, non avendolo fatto da tanto tempo, e ciò per diverse ragioni. In un certo senso tu mi sei diventato quasi estraneo, e anch'io devo esserlo per te più di quanto tu stesso pensi, e forse è meglio per noi non continuare più in questo modo.
(...) Come forse sai, sono tornato nel Borinage. Papà parlava di fermarmi piuttosto nei pressi di Etten; ho detto di no, e credo così di aver agito per il meglio. Involontariamente sono diventato per la famiglia una specie di personaggio impossibile e sospetto; qualcuno che non riscuote fiducia, e quindi come potrei essere utile a qualcuno?
Per questa ragione sono del parere che il partito migliore e più logico da prendere sia quello di andarmene e di tenermi a debita distanza, facendo come se non esistessi.
E' come la muta per gli uccelli, il tempo in cui cambiano le piume; per noi uomini corrisponde al periodo di avversità e di disgrazia, ai tempi difficili. In questo tempo di muta ci si può fermare, ma se ne può anche uscire come rinnovati, ma comunque sono cose che non si fanno in pubblico, non sono affatto divertenti, è per questo che bisogna eclissarsi.
(...) Si tratta di cercare in tutti i modi di trarre un buon frutto anche da queste passioni. Per esempio, per nominarne una, ho la passione più o meno irresistibile per i libri, e sento il bisogno continuo di istruirmi, di studiare se così preferisci, proprio come ho bisogno di mangiare il pane. Tu puoi capire questo. Quando mi trovavo in un altro ambiente, un ambiente di quadri e di cose d'arte, sai bene che presi per quell'ambiente una violenta passione, che arrivava fino all'entusiasmo. E non me ne pento, e ancora desso, lontano dal paese, ho spesso la nostalgia per il paese dei quadri.Forse ricordi bene che sapevo benissimo (e forse lo so ancora) chi fosse Rembrandt, o Millet, o Jules Dupré, o Delacroix, o Millais, o M. Maris. Bene, ora non sono più in quell'ambiente - pure quel qualcosa che si chiama anima pare che non muoia mai, che viva sempre e cerchi sempre, sempre e ancora sempre. Quindi, invece di soccombere al male del paese, mi sono detto: il paese e la patria sono ovunque. E quindi, invece di abbandonarmi alla disperazione, ho optato per la malinconia attiva, per quel tanto che mi consentiva l'energia, in altre parole ho preferito la malinconia che spera, che aspira e che cerca a quell'altra che, cupa e stagnante dispera.

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