Una lettera di Dostoevskij al fratello Michail
"Mi hanno comunicato ora, fratello caro, che oggi o domani saremo trasferiti.
Io ho chiesto di poterti incontrare, ma mi hanno detto che è impossibile, posso solo scriverti questa lettera alla quale ti chiedo una risposta quanto prima. Ho paura che in qualche modo si sia saputa la nostra condanna (a morte). Dai finestrini della carrozza, quando ci conducevano alla Piazza Semenovskij, ho visto tantissima gente, può essere che la notizia sia giunta fino a te e che tu abbia sofferto per me. Adesso ti sentirai meglio per quanto riguarda il mio destino.
Fratello, non mi sono scoraggiato e non mi sono perso d'animo! La vita è ovunque vita, essa è in noi stessi e non all'esterno. Intorno a me ci saranno persone, ed essere un uomo tra gli uomini e restarlo per sempre, in qualsiasi sventura, non scoraggiarsi e non cedere, ecco in cosa consiste la vita, qual è il suo compito. Mi sono reso conto di questo. Questa idea mi è entrata nella carne e nel sangue. È vero, quella testa che creava, che viveva la vita superiore dell'arte, che aveva compreso e si era adattata alle nobili pretese dell'animo, quella testa è ormai staccata dalle mie spalle.
È rimasta la memoria e le immagini, create e non ancora da me realizzate. In verità, esse mi bruceranno! Ma è rimasto dentro di me il cuore e quella carne e sangue che possono amare, soffrire, desiderare, ricordare; e tuttavia questa è vita! On voit le soleil!
Dunque, addio, fratello! Non affliggerti per me!"
22 dicembre 1849
Fortezza di Pietro e Paolo
San Pietroburgo
Traduzione di Salvatore Fuschetto
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