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giovedì 17 marzo 2022

Don Bosco i Savoia

 Una notte, verso la fine del novembre 1854, Don Bosco sognò di trovarsi nel cortile circondato da sacerdoti e da chierici, quando comparve un valletto della corte sabauda, con la sua rossa uniforme, che annuncia funerali a Corte. Don Bosco – dolorosamente sorpreso – voleva chiedergli spiegazioni, ma il valletto ripetendo “Gran funerale a Corte!” scomparve. Appena destatosi, preparò subito una lettera per il re Vittorio Emanuele II, nella quale gli esponeva il sogno fatto. Come d’uso, raccontò la visione anche ai suoi ragazzi avvisando, nel contempo, che tale sogno lo aveva fatto star male tutta la notte. Cinque giorni dopo, il sogno si rinnovò.

Don Bosco è seduto ora a tavolino quando entra con impeto il valletto in rossa livrea e grida: “Non gran funerale a Corte, ma grandi funerali a Corte!”. Don Bosco scrisse al re una seconda lettera, nella quale gli raccontava il secondo sogno e lo invitava a impedire che fosse approvato un progetto di legge per lo scioglimento di diversi Ordini religiosi, con l’incameramento di tutti i beni da parte dello Stato, con il pretesto che “con quei beni lo Stato avrebbe potuto provvedere alle parrocchie più povere”. Proponente del progetto era Urbano Rattazzi. Di conseguenza, il seguente 5 gennaio 1855 si ammalava gravemente la regina madre Maria Teresa, e il 12 seguente si spegneva, all’età di 54 anni. Il giorno 16 la Corte sabauda non era ancor tornata dai funerali della regina madre, quando apprende la notizia delle gravi condizioni di salute della regina Maria Adelaide, che aveva dato alla luce un bambino otto giorni prima e non si era più ripresa.

Quattro giorni dopo, la sera del 20, la sovrana spirava a soli 33 anni di età. E nella notte del 10, dopo venti giorni di grave malattia, moriva il principe Ferdinando di Savoia, duca di Genova, fratello del re, anch’egli a soli 33 anni. Nonostante l’avverarsi delle previsioni di don Bosco, Vittorio Emanuele II continua a non opporsi e la legge viene approvata alla Camera, il 2 marzo, con 117 voti a favore contro 36. In maggio la legge passa al Senato, per la definitiva approvazione. Ma il giorno 17, a un passo dall’approvazione, si verifica una nuova sconcertante morte nella famiglia reale: muore il piccolo Vittorio Emanuele Leopoldo, il figlio più giovane del Sovrano. Sempre in quei tempi, don Bosco scriveva testualmente: “La famiglia di chi ruba a Dio è tribolata e non giunge alla quarta generazione”. Tale profezia è facilmente verificabile, solo facendo un po’ di conti.

Vittorio Emanuele II muore a soli 58 anni; il suo primo successore, Umberto I muore a 56 anni a Monza, colpito dall’anarchico Bresci; Vittorio Emanuele III, nel 1946 è costretto ad abdicare e il terzo successore, Umberto II, fu sovrano per meno di un mese e – perduto il referendum popolare – deve accettare l’esilio. Come si vede, alla “quarta generazione”, come re d’Italia, i Savoia non sono giunti.

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