CRITICA AL POSITIVISMO
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Un giorno, eccezionalmente, questo nome gli sfuggì e
improvvisamente si manifesto un movimento di simpatica approvazione.
Accorgendosene, Faraday interruppe la lezione con queste parole:
«Vi ho sorpreso pronunciando qui il nome di Dio. Se ciò non mi è
ancora accaduto, dipende dal fatto che io sono. mentre tengo queste
lezioni, un rappresentante della scienza sperimentale. Ma la nozione e
il rispetto di Dio arrivano al mio spirito attraverso vie tanto sicure
quanto quelle che ci conducono alle verità dell'ordine fisico».
La scienza sperimentale è essenzialmente positivista nel
senso che nelle sue concezioni. essa non fa mai intervenire la
considerazione dell'essenza delle cose, dell'origine del mondo e del
suo destino Non ne ha nessun bisogno. Essa sa che non avrebbe nulla da
imparare da nessuna speculazione metafisica. Tuttavia non si priva
dell'ipotesi. Al contrario, nessuno più dello sperimentatore ne fa uso;
ma è soltanto a titolo di guida e di stimolo per la ricerca e sotto la
riserva di un controllo severo. Esso disdegna e respinge le sue idee
preconcette, dal momento che la sperimentazione gli dimostra che esse
non corrispondono a realtà oggettive.
Littré e Auguste Comte credevano e fecero credere agli
spiriti superfidali che il loro sistema si basava sugli stessi princìpi
del metodo scientifico di cut Archimede, Galileo, Pascal, Newton,
Lavoisier sono i veri fondatori. Da ciò nata l'illusione degli spiriti,
favorita anche da tutto ciò che la scienza e la buona fede di Littré
garantivano.
A quali errori può portare questa pretesa entità dei due metodi!
Arago aveva detto di Comte: «Non ha titoli matematici, né
grandi né piccoli». « È vero, risponde Littré, Comte non ha scoperte
geometriche, ma ha scoperte sociologiche». Ahimè, ecco un esempio di
scoperta sociologica. Il 10 novembre 1850 Littré scrisse nel «National»
un articolo intitolato Pace occidentale, articolo destinato a
provare che la sociologia era una scienza. Ci sono due modi, dice di
provare la verità di una dottrina: da una parte l'iniziazione diretta
il lavoro. lo studio; dall'altra le previsioni dedotte dalla dottrina
che convincono e colpiscono tutti gli spiriti: sapere e prevedere.
Ora avvenne che nel 1850, mentre noi godevamo i benefici
della pace dal 1815, Littré scriveva: «Ma la pace è prevista da 25 anni
dalla sociologia». Purtroppo l'articolo cosi continua: «Ancora oggi,
la sociologia prevede la pace per tutto l'avvenire della nostra epoca,
alla fine della quale una confederazione repubblicana avrà unito
'occidente e messo fine ai conflitti armati...». Littré fu ben presto
disilluso. Quando nel 1878 egli fece ristampare l'articolo del 1850, vi
aggiunse delle osservazioni nelle quali, con la sua abituale sincerità,
esprime il dolore che prova per la sua ingenua fiducia di una volta.
«Queste infelici pagine, dice, mi fanno male; vorrei avere la
possibilità di cancellarle. Esse sono in perpetua contraddizione con
gli avvenimenti che si sono svolti... Avevo appena affermato,
trasportato dal mio puerile entusiasmo, che in Europa non ci sarebbero
più state sconfitte militari e che queste, ormai, sarebbero state
sostituite da disfatte politiche, quando sopravvennero la disfatta
militare della Russia in Crimea, quella dell'Austria in Italia, quella
dell’Austria in Germania, quella della Francia a Sedan e a Metz, e
molto recentemente quella della Turchia nei Balcani».
L'opera che Littré ha pubblicato nel 1879 con il titolo Conservation, revolution et positivisme
è piena degli errori che la dottrina positivista gli ha fatto
commettere sia in politica che in sociologia. Perché restarne sorpresi?
La politica e la sociologia sono scienze nelle quali la prova e troppo
difficile a dare. Troppo alto e il numero dei fattori che concorrono
alla soluzione dei problemi che esse agitano. Quando intervengono le
passioni umane il campo dell’imprevisto è immenso.
Il positivismo non pecca soltanto per un errore di metodo.
Nella trama, in apparenza molto serrata, dei suoi ragionamenti, si
rileva una grande lacuna e sono sorpreso che l'acume di Littré non
l'abbia messa in luce.
Più volte, cosi definisce il positivismo considerate dal
punto di vista tragico: «chiamo positivismo tutto ciò che si fa nella
società per organizzarla secondo la concezione positiva, ossia
scientifica, del mondo».
Sono pronto ad accettare questa definizione, a condizione che sia
regolarmente applicata; ma l'enorme e visibile lacuna del sistema
consiste nel fatto che esso non tiene conto, nella concezione positiva
del mondo, della più importante delle nozioni positive, quella
dell’infinito.
Al di là di questa volta stellata che cosa c'è? Nuovi cieli
stellati. Sia pure! e al di là ancora? Lo spirito umano, spinto da una
forza irresistibile non smetterà mai di chiedersi: che cosa c'è al di
là? vuole esso fermarsi sia nel tempo, sia nello spazio? Poiché il
punto dove esso si ferma è solo una grandezza finita, soltanto più
grande di tutte quelle che l'hanno preceduta, non appena egli comincia
ad esaminarlo ritorna la domanda implacabile senza che egli possa far
tacere il grido della sua curiosità. Non serve a nulla rispondere: al
di la ci sono degli spazi, dei tempi o delle grandezze senza limiti.
Nessuno comprende queste parole.
Colui che proclama l'esistenza dell'infinito, e nessuno può
sfuggirvi, accumula in questa affermazione più sovrannaturale di quanto
non ce ne sia in tutti i miracoli di tutte le religioni; poiché la
nozione dell'infinito ha la doppia caratteristica di imporsi e di
essere insieme incomprensibile. Quando questa nozione si impadronisce
dell'intelletto non c'e che da piegarsi. In questo momento di
straziante angoscia, bisogna chiedere grazia alla sua ragione: tutte le
molle della vita intellettuale minacciano di perdere elasticità e ci si
sente vicino all'essere investiti dalla sublime follia di Pascal.
Questa nozione positiva e primordiale e tutte le sue
conseguenze nella vita delle società sono gratuitamente scartate dal
positivismo.
Io vedo ovunque l'inevitabile espressione della nozione
dell'infinito nel mondo. Attraverso essa, il soprannaturale e in fondo a
tutti i cuori. L'idea di Dio e una forma dell'idea dell'infinito. Fin
tanto che il mistero dell'infinito peserà sul pensiero umano, templi
saranno elevati al culto dell'infinito, sia che Dio si chiami Brahama,
Allah, Jehova o Gesù. Ai piedi di questi templi vedrete uomini in
ginocchio prosternati, stroncati, dal pensiero dell'infinito. La
metafisica non fa che tradurre dentro di noi la nozione dominatrice
dell'infinito. La concezione dell'ideale non è anche la facoltà,
riflesso dell'infinito, che di fronte alla bellezza ci induce ad
immaginare una bellezza superiore? La scienza ed il desiderio di
comprendere non sono l'effetto dello stimolo del sapere che il mistero
dell'Universo infonde nella nostra anima? Dove sono le fonti genuine
della dignità umana, della libertà e della democrazia moderna, se non
nella nozione dell'infinito di fronte ala quale gli uomini sono tutti
uguali?
«L'umanità ha bisogno di un legame spirituale, dice Littré; in sua
mancanza nella società non ci sarebbero che famiglie isolate, come
delle orde e non una società vera e propria». Il legame spirituale che
egli poneva in una specie di religione inferiore nell'umanità, non
potrebbe essere altrove che nella nozione superiore dell'infinito e che
questo legame spirituale deve essere collegato al mistero del mondo.
La religione dell'umanità è una di quelle idee di evidenza superficiale
e sospetta che hanno fatto dire ad uno psicologo dallo spirito eccelso:
«da molto tempo penso che colui che non avesse che delle idee chiare
sarebbe certamente uno sciocco. Le nozioni più preziose, aggiunge, che
l'intelligenza umana nasconde sono in fondo alla scena e avvolte in una
luce crepuscolare; e intorno a queste idee confuse, il cui legame ci
sfugge, che girano le idee chiare per diffondersi, svilupparsi,
innalzarsi. Se fossimo tagliati fuori da questo retroscena, le scienze
esatte perderebbero la grandezza che traggono dai loro segreti rapporti
con altre verità infinite di cui noi abbiamo soltanto il sospetto»
I greci avevano compreso la potenza misteriosa di questo sottofondo
delle cose. Sono essi che ci hanno lasciato in eredità una delle parole
più belle della nostra lingua, la parola entusiasmo – ’Eν δεóς - un
dio interiore.
La grandezza delle azioni umane si misura dall'ispirazione
che le fa nascere. Fortunate chi porta in se un dio, un ideale di
bellezza e gli obbedisce: ideale dell’arte, ideale della scienza,
ideale della Patria, ideale delle virtù evangeliche. Sono queste le
sorgenti vive dei grandi pensieri e delle grandi azioni. E tutte, si
illuminano dei riflessi dell'infinito..
Louis Pasteur (1822-1895): Discorso pronunciato in occasione della sua elezione a membro dell'Accademia di Francia
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