La persona è una categoria
dello spirito, non della natura
***
«Se
l’uomo fosse soltanto un individuo non si innalzerebbe al di sopra del
mondo naturale. Quella di individuo è una categoria naturalistica,
innanzitutto biologica. L’individuo è qualcosa di indivisibile, un
atomo. […]
L’individuo
è anche una categoria sociologica e sotto questo aspetto dipende dalla
società, è una parte della società, un atomo dell’intero sociale. […]
La
persona è qualcosa di assolutamente diverso. La persona è una categoria
dello spirito, non della natura, e non è soggetta né alla natura né
alla società. La persona non è assolutamente una parte della natura e
della società, e non può essere pensata come una parte in relazione a un
tutto, quale che esso sia. […]
Le
persona, considerata come un tutto, non può essere soggetta a nessun
altro intero, si trova al di fuori del rapporto tra genere e individuo.
Si deve pensare la persona non come qualcosa che è sottomosso al genere,
ma come una realtà che è in correlazione e in comunione con altre
persone, con il mondo e con Dio. […]
Per
la filosofia esistenziale la persona umana ha un’esistenza sua propria
extranaturale, pur avendo in sé degli elementi naturali. La persona si
contrappone alla cosa, si contrappone al mondo degli oggetti, è un
soggetto attivo, un centro esistenziale. Ed è solo per questo che la persona umana è indipendente dal regno di Cesare. Essa ha un carattere assiologico, è un valore. Il
compito dell’uomo è appunto quello di diventare persona. Dire di
qualcuno che è una persona significa dare una valutazione positiva di
quell’uomo. La persona non nasce dai genitori come l’individuo, è creata da Dio e si auto-crea, è l’idea che Dio ha di ogni uomo. […]
La persona è l’unità di un destino. E questa è un’altra delle sue definizioni fondamentali. Essa è inoltre l’unità nella molteplicità. Non si compone di parti. Ha una composizione complessa e multiforme, ma in essa il tutto precede le parti. L’insieme complesso dell’uomo, che è psico-fisico-spirituale, costituisce un unico soggetto. Ciò che è più essenziale per la persona è il fatto che essa presuppone l’esistenza di un principio sovra personale, di qualcosa che le è superiore e verso il quale essa si innalza nella propria realizzazione. Non si dà persona se non c’è un essere che stia più in alto di lei. Altrimenti c‘è solo l’individuo soggetto al genere e alla società, altrimenti la natura è più importante dell’uomo e quest’ultimo è soltanto una sua parte. La persona può portare in sé un contenuto universale; anzi, solo la persona ha questa capacità. Nessuna realtà oggettiva può racchiudere un contenuto universale, ciò che è oggettivo è sempre particolare. […]
La persona è l’unità di un destino. E questa è un’altra delle sue definizioni fondamentali. Essa è inoltre l’unità nella molteplicità. Non si compone di parti. Ha una composizione complessa e multiforme, ma in essa il tutto precede le parti. L’insieme complesso dell’uomo, che è psico-fisico-spirituale, costituisce un unico soggetto. Ciò che è più essenziale per la persona è il fatto che essa presuppone l’esistenza di un principio sovra personale, di qualcosa che le è superiore e verso il quale essa si innalza nella propria realizzazione. Non si dà persona se non c’è un essere che stia più in alto di lei. Altrimenti c‘è solo l’individuo soggetto al genere e alla società, altrimenti la natura è più importante dell’uomo e quest’ultimo è soltanto una sua parte. La persona può portare in sé un contenuto universale; anzi, solo la persona ha questa capacità. Nessuna realtà oggettiva può racchiudere un contenuto universale, ciò che è oggettivo è sempre particolare. […]
La
persona può essere concepita soltanto come un atto, è opposta alla
passività, indica sempre una resistenza creativa. L’atto è sempre atto
creatore, un atto non creatore, come abbiamo già detto, è una forma di
passività. L’atto non può essere ripetizione, esso porta sempre con sé
una novità. Nell’atto è sempre presente la libertà ed essa, appunto,
porta la novità. L’atto creativo è sempre legato a ciò che nella persona
c’è di più profondo. La persona è creatività. […]
La
persona è resistenza, resistenza contro il determinismo che la società e
la natura ci vorrebbero imporre, è una lotta eroica per
l’autodeterminazione interiore. La persona ha un centro volitivo nel
quale ogni movimento è determinato dall’interno e non dall’esterno, La
persona si contrappone al determinismo. La persona è dolore. L’eroica
lotta per la realizzazione della persona è dolorosa. Si può evitare il
dolore rinunciando alla propria personalità. E l’uomo troppo spesso
sceglie questa via. Essere una persona, essere liberi, non è facile, è
anzi qualcosa di molto difficile, un peso che l’uomo deve portare.
Dall’uomo si pretende in continuazione che rinunci alla sua personalità,
che rinunci alla libertà, e sempre i cambio gli viene promesso che la
sua vita sarà molto più facile. Si esige che si assoggetti al
determinismo della società e della natura. È da ciò che dipende tutta la
tragicità della vita. Non v’è un solo uomo che possa ritenersi una
persona compiuta.[…]
La
persona non è autosufficiente, non può mai essere soddisfatta di sé.
Essa presuppone sempre l’esistenza di altre persone, l’uscita da sé
verso l’altro. Il rapporto della persona con le altre persone è il
contenuto qualitativo della vita umana. […]
L’uomo
è un essere scontento di sé e insoddisfatto che negli atti più
importanti della propria vita va al di là di se stesso. In questa
autodeterminazione creativa la persona si forgia. Essa presuppone sempre
una vocazione, l’unica e irripetibile vocazione di ognuno. Segue una
voce interiore che la esorta a realizzare l’opera della sua vita. L’uomo
è persona solo quando segue questa vocazione interiore e non le
influenze esterne. La vocazione ha sempre un carattere individuale. E il problema della vocazione di un determinato uomo non può essere risolto da nessun altro se non da questo stesso uomo. La persona ha una vocazione perché è chiamata alla creazione. E la creazione è sempre individuale. La
realizzazione della persona presuppone l’ascesi. Ma l’ascesi non può
essere intesa come un fine, come ostilità verso il mondo e la vita.
L’ascesi è soltanto un mezzo, un esercizio, un modo per concentrare le
forze interiori. […]
La
persona è diversità, unicità, irripetibilità, originalità, non somiglia
ad altri. La persona è l’eccezione e non la regola. Siano di fronte a
un paradossale accostamento di realtà contrapposte: personale e
sovra-personale, finito e infinto, immutabile e mutevole, libertà e
destino. E c’è, da ultimo, un’altra antinomia fondamentale connessa alla
persona. La persona deve ancora realizzarsi e nessuno può considerarsi
una persona già pienamente realizzata. Ma per potersi realizzare
creativamente la persona deve già essere, deve già essere quel soggetto
attivo che si realizza. […] è questo il più grande mistero
dell’esistenza umana… »
Berdjaev
non crede alla democrazia; meglio: non crede alla democrazia
materialista, che nasce dalla demagogia, ossia dal vezzeggiamento dei
più bassi istinti delle folle. Nega anche che esista un “popolo” come
categoria ontologica, e accusa i democratici di nominalismo, poiché,
riempiendosi la bocca del “popolo”, finiscono per non vedere la persona,
la persona concreta che soffre, che spera, che lotta per una vita
migliore. La demagogia, mediante la quale tutte le democrazie si
affermano, è una fonte impura, dalla quale non può nascere qualcosa di
buono.
Egli
afferma che quando gli uomini hanno smesso di credere alla verità e
alla giustizia, allora si sono affidati alla democrazia; facendo del
“popolo” il giudice supremo in fatto di verità e di giustizia, a costo
di negare, nei fatti, la verità e la giustizia: perché il “popolo” non è
un buon giudice in tali questioni, meno ancora se agitato e travolto
dalle passioni che la politica demagogica dei suoi “rappresentanti”
attizza ed esaspera incessantemente.
Berdjaev,
peraltro, afferma che la democrazia è una fase storica necessaria:
serve, se non altro, a mostrare agli uomini la fallacia e l’illusorietà
di un governo retto dal “popolo”, ma basato sulla menzogna che quanto
dice il “popolo” sia, per ciò stesso, verità e giustizia. E tutto questo
nasce essenzialmente dal’oblio della persona, dall’aver sostituito alla
persona l’individuo, ossia una mera entità biologica e sociale.
Lo
stesso concetto di società andrebbe rivisto: esso indica un insieme in
cui la persona scompare, in cui la persona è passiva e subisce l’azione
di forze esterne; ad esso, il filosofo russo preferisce sostituire il
concetto di “collettività”, in cui ogni singola persona è spronata a
porsi in relazione aperta e dinamica con il prossimo e con il mondo. Né
si tratta solo di cambiare parole o concetti, ma, ovviamente, di
modificare il nostro atteggiamento verso la vita e verso i problemi che
essa pone: bisogna ritrovare il senso della persona e della
relazionalità, contro i meccanismi spersonalizzanti e omologanti della
società moderna.
Berdjaev
auspica l’avvento di una democrazia spirituale, liberata dal
pregiudizio razionalista su cui si fondano le democrazie moderne: perché
l’uomo senza Dio è come una pianta senza radici, e una civiltà fondata
sull’ateismo o sul rifiuto intenzionale del cristianesimo è destinata a
inaridirsi e autodistruggersi fatalmente.
Quanto
vi sarebbe bisogno di diffondere simili idee, facendo entrare un poco
di aria e di luce nel chiuso e nel grigiore della filosofia
contemporanea; restituendo un poco di speranza in una cultura che sembra
capace di seminare soltanto dubbio, angoscia e turbamento…
Adriano Dell’Asta, Milano, Edizioni La Casa di Matrjona, 2007, pp. 126-31):
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