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sabato 19 giugno 2021

 Questo  mi  sembra  che  sia  il  quadro  della  povertà  umana:  questa  povertà  umana  non  deve essere  estirpata,  non  può  essere  estirpata,  anche  se  han  tentato  di  tutto  per  estirparla,  per farci  credere  che  noi  siamo  padroni  di  noi  stessi,  che  noi  ci  auto-determiniamo,  che  noi  ci auto-creiamo,  questa  sì  è  fantasia,  questa  sì  è  ideologia  pazza,  che  però  ha  strutturato  tutta  la civiltà  occidentale  a  cominciare  dal  1300  per  lo  meno,  dove  c’era  un  francescano  molto religioso  e  molto  ligio,  che  si  chiamava  Guglielmo  di  Occam,  era  rettore  dell’università  di Oxford  e  la  sua  tesi  fondamentale,  chiamata  anche  il  “rasoio  di  Occam”  —  che  noi  non conosciamo  la  realtà,  noi  conosciamo  i  nostri  concetti,  coi  quali  manipoliamo  la  realtà,  perciò noi  siamo  i  costruttori  e  i  padroni  della  realtà.  Questo  religiosissimo  frate  francescano  è  stato quello  che  ha  messo,  diciamo,  le  basi  della  cultura  moderna  degli  ultimi  sei-settecento  anni, che  è  stato  proprio  lo  sradicamento  della  semplicità  antica,  che  diceva  che  la  nostra intelligenza  ha  come  oggetto  proprio  la  realtà,  questa  esperienza  del  tempo  che  passa,  che  tu non  ti  domini,  che  tu  non  sei  padrone,  questa  è  una  evidenza  originaria  della  nostra esperienza  reale.  Se  noi  partiamo  dal  fatto  che  no,  che  noi  siamo  i  padroni  del  mondo  e  noi lo  facciamo  a  nostra  immagine  e  somiglianza,  i  nostri  concetti  ecco  che  strutturano  il  mondo come  lo  vogliamo  noi,  siamo  in  un  altro  universo,  in  un  altro  pianeta,  in  altre  dimensioni,  che è  l’universo,  il  pianeta  della  cultura  moderna,  di  cui  tutti  noi  siamo  eredi,  per  cui  è importante  ricuperare  oggi  nel  mondo  individualista,  capitalista,  consumista  in  cui viviamo  il  concetto  di  povertà,  di  precarietà,  di  non-dominio  nostro  sulla  realtà  che passa,  sul  fatto  che  noi  siamo  fatti  e  non  ci  facciamo  da  noi  stessi,  questa  è  la  povertà  di base,  da  cui  può  nascere  anche  il  rispetto  della  povertà,  l’abbraccio  della  povertà,  la  simpatia, la  solidarietà  o  fraternità  fra  le  persone,  che  però  effettivamente  non  è  la  struttura  base  del mondo  in  cui  viviamo,  perciò  la  povertà  umana  mi  sembra  che  sia  questo. 

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L’altra  idea  di  missione  è  “evangelizzazione”  —  l’annunciare  la  buona  novella;  cos’è annunciare  la  buona  novella?  rivelare  il  Cristo  presente  a  coloro  che  ce  l’hanno  e  non  se ne  accorgono,  prima  di  tutto  perché  non  si  accorgono  che  loro  non  si  fanno  da  sé, nell’istante  che  passa,  e  poi  perché  non  si  accorgono  che  l’istante  che  passa  è  generato  da questa  fonte  dell’essere  che  è  Cristo,  presente  in  lui.  Non  hanno  coscienza  di  queste  cose, ignorano,  ma  non  perché  non  ce  l’hanno,  noi  non  andiamo  a  portare  Cristo  a  nessuno, noi  andiamo  umilmente  ad  aiutare  coloro  che  ce  l’hanno  già  e  non  se  ne  accorgono,  a scoprire  che  ce  l’hanno.  Pertanto  aiutare  le  persone  a  percepire  la  presenza  del  figlio  di  Dio incarnato,  con  la  sua  carne  umana  e  resuscitata,  nella  sua  situazione,  nel  suo  mondo,  nella  sua realtà,  nel  suo  momento  che  passa,  nella  sua  precarietà,  perciò  c’è  tutto  a  che  vedere  tra missione,  povertà  cristiana  e  povertà  umana.   

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