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venerdì 11 giugno 2021

Nicola Zattoni

 

La grande testimonianza di «Zatto»

E' stato celebrato oggi il funerale di Nicola Zattoni, morto a 37 anni di Sla. In una delle sue ultime apparizioni pubbliche ha detto: «Vi auguro che la vostra vita sia piena come la mia». Alla Comasca oltre mille persone.


Festeggiare il trentasettesimo compleanno a pochi giorni dalla morte, peraltro attesa come inesorabile conseguenza della forma particolarmente aggressiva di “SLA” che gli era stata diagnosticata nell’ottobre dello scorso anno, non è cosa consueta, ma quella che vi raccontiamo è una vita normale e insieme straordinariamente singolare, che s’è fatta largo tra i tanti amici a forza di apparenti paradossi e che lascia buone tracce. E anche di una fede che, come dice la tradizione cristiana e come scrive un suo amico su Facebook (Cecco Pianori) “lascia dietro di sé l’odore di santità”.
Parliamo di Nicola Zattoni (meglio conosciuto come “Zatto”) che domenica, festa del Corpus Domini, è “salito al cielo”, proprio come scrive la segreteria di Comunione e liberazione, movimento a cui apparteneva, nel manifesto funebre. E nel giorno da lui stesso desiderato. Della compostezza e della dignità di una morte che lungi dall’essere il triste epilogo di una vita è invece la continuazione di un cammino, s’era già avuto sentore nella veglia funebre di lunedì sera nella chiesa di san Giuseppe al porto. Ma è dall’affollato funerale di oggi nel vasto cortile della Comasca, che ospita le scuole della Karis, che bisogna partire per esprimere quanto la fede cristiana sappia trasfigurare quel momento che in genere è considerato come la chiusura di tutto in un gesto di speranza e perfino di letizia e di pace. Tanto più che lo stesso “Zatto”, sentendo vicino l’ultimo suo respiro in terra, aveva preparato in ogni particolare la cerimonia funebre: dal chi avrebbe celebrato e quindi fatto la predica, ai canti ed al coro che li avrebbe eseguiti, fino alla destinazione delle offerte che, a giudicare dalle diverse centinaia di persone presenti, si possono ipotizzare generose e che sono andate alla Fraternità di Comunione e liberazione. Sul palco dell’altare c’erano a concelebrare 17 sacerdoti; anche il vescovo di Rimini Francesco Lambiasi ha mandato il suo saluto e assicurato preghiere.

Una grande folla oggi alla Comasca per salutare Nicola Zattoni.

Presiedeva don Carlo Grillini, un sacerdote della diocesi di Bologna diventato molto amico di Nicola per un particolare che lo stesso Nicola ha raccontato molto divertito il 15 marzo scorso a Venezia. Era il 2008 e “Zatto” aveva una morosa bellissima che studiava all’università di Ferrara, e ogni settimana si recava a Bologna per parlare con don Carlo. Dice “Zatto”: «Ero innamoratissimo di quella ragazza. L’andavo a prendere alla stazione poi l’accompagnavo da quel prete, che allora non conoscevo, poi la riportavo in stazione. Nel tempo mi sono accorto che lei quando usciva dallo studio di questo prete aveva una faccia bellissima, era luminosa, era raggiante. Era veramente lei, era esattamente quello che volevo per lei. Allora succede una, due, tre volte e mi accorgevo che quando usciva da casa mia, o dalla mia macchina non aveva quella faccia lì: non era così piena e raggiante. Allora una volta l’ho portata in stazione e poi sono tornato indietro dal prete. Gli ho detto: “Buongiorno, sono il moroso di quella di prima. Ho notato che lei quando viene qui è bellissima, è raggiante, vola. Io la amo da morire e desidero questo per lei. Perché quando esce dalla mia macchina non è così felice?”. E lui mi ha detto: “Semplice, perché io la amo più di te”. “Ma tu sei un prete! Io sono il suo moroso, cosa vuol dire?” “Io amo la sua libertà”. Io volevo che lei risplendesse della sua luce. Allora da quel giorno sono andato da quel prete tutte le settimane per tutta l’università».

Torniamo quindi all’omelia di don Carlo Grillini perché particolarmente incisiva e illuminante, così lontana dai toni moralistici e consolatori, oggi così diffusi in alcune chiese. Partendo dalla seconda lettura che riportava un brano della seconda lettera ai Corinti dove san Paolo dice che in Gesù non c’è stato a volte un “sì” e a volte un “no” ma in Lui c’è stato solo il “sì”; ha detto don Carlo: «Anche in Nicola c’è stato solo il sì. Inizialmente non a Dio. Non ne aveva coscienza. Men che meno alla croce della malattia che mai avrebbe accettato. Ma fu un sì impetuoso, anche scomposto com’era lui alla propria felicità; fino a quando non incontra Cristo. Quando il sì diventa cosciente. Che non gli mise mica a posto la vita subito. Sappiamo bene che il nostro cervello prende abitudini. Ma come dice san Paolo quando gli chiedono “Com’è che quando diciamo le stesse cose che dici tu, gli ascoltatori non ci ascoltano mentre quando parli tu sono tutti lì col collo e le orecchie allungate?”». Don Carlo alza la voce e recita in latino la risposta di san Paolo “Scio cui credidi” (So a chi ho creduto). La vostra fede è una fede senza coscienza”. «La fede cosciente ha cambiato la vita di Nicola. Ma non in primo luogo il comportamento, né il carattere. Non gli ha tolto la sua scompostezza umana (in questo era veramente mio figlio). Perché Cristo non viene a cambiare… – dopo un attimo di esitazione il prete dice – il carattere no di sicuro. Ma neanche in un primo momento la morale». Ancora un attimo di riflessione e don Carlo esprime esplicitamente cosa sia la fede con queste parole: «Ma a Cristo non è che gli interessi fino in fondo della morale. Perché, come dice ancora san Paolo, l’uomo nuovo non fa fuori l’uomo vecchio, semmai lo salva, lo ama e lo abbraccia. Lo converte, lo corregge e lo sorregge. Soprattutto quando cade sotto il peso umiliante della croce, degli errori e dei peccati. Da quel giorno questo tipo di croce non ha più schiacciato Nicola. Dopo ogni caduta, ripartiva. Aveva un futuro grande davanti agli occhi proteso alla sua realizzazione umana. Certamente mai avrebbe immaginato di doversi trovare sulla croce di questa sua inesorabile malattia. Anche quando questa croce (ci ha litigato con Dio eh!) è arrivata non ha smesso di dire sì. Non “sì” alla croce; si alla propria felicità umana al “gustate e vedete com’è buono il Signore”. Tutti voi con me potete testimoniarlo che gliel’abbiamo visto in volto in questi ultimi dieci mesi. Io ne vedo tanti di volti provati dalla malattia ma è la prima volta che mi capita di vedere in Nicola il volto di Cristo crocifisso e risorto nello stesso momento. Era disfatto, perché la natura tradisce e non ci è data per farci felici ma come segno per rivolgere lo sguardo al suo creatore. Ha ragione Leopardi, la natura che distrugge in questo modo il volto di un uomo nel pieno della sua vitalità è “matrigna”. Questa contemporaneità del volto del crocifisso e del risorto abbiamo visto nel volto di Nicola. E l’avete visto in tanti nel mondo intero nei collegamenti che tutte le sere faceva con gli amici attraverso Zoom. Non possiamo fare altro che ringraziare Dio per avercelo dato come amico e che lo porti presto nella schiera dei combattenti per la sua gloria nel mondo mentre noi siamo ancora in battaglia quaggiù. Ma oggi abbiamo più chiaro di dieci mesi fa che nessuna croce ci può impedire di dire sì alla nostra felicità, cioè a Cristo risorto».

“Zatto” era forlivese d’origine ma insieme riminese, lavorava come consulente di start up. Potremmo dirvi chi era attraverso decine e decine di testimonianze di amici, preferiamo farvelo dire da lui stesso, da qualche tempo era incapace anche di parlare (lo faceva attraverso il pc), e il giorno del suo compleanno ha fatto leggere questo messaggio: «La mia vita è sempre stata dominata da un bisogno viscerale di essere preferito. Per tentare di soddisfare questa mia esigenza ho fatto di tutto. Ho cominciato a rubare i fiori dai giardini dei vicini per strappare una carezza a quella santa donna di mia mamma… Non mi sono fermato davanti a niente e per cercare di soddisfare questa esigenza non mi faceva problema neanche la scompostezza. Poi crescendo fra un innamoramento e un libro ho finalmente trovato quello che cercavo: prima aveva il volto di una donna, poi lo sguardo paterno di don Carlo, infine ha invaso tutti gli angoli della mia vita». Nicola si riferisce, come ha raccontato qualche tempo fa a TV 2000, alla fede e all’amicizia con tanti. In una vacanza in Islanda nell’agosto 2020 Nicola s’accorge di una stanchezza, piuttosto strana e insolita per lui che aveva una vitalità instancabile. Faticava a camminare e per farlo aveva bisogno di qualcuno che gli desse il braccio. «Sono nato in un ambiente cattolico con desiderio di servire, nei due significati di “essere utile” agli altri e l’altro di “accudire e occuparsi” di qualcuno e qualcosa». L’attivismo e la vitalità sono sempre stati il suo forte: girava in tutto il mondo faceva “quello che voleva” dalla mattina alla sera. Era totalmente indipendente. Negli ultimi tempi invece dipendeva totalmente da altri. E quindi nasce in lui la domanda: «Se oggi ho bisogno di tutto, oggi a cosa servo? È terribile però questa situazione che mi determina _ dice ancora alla tv _ però non mi definisce. Sono su una sedia a rotelle, ho bisogno di tutto però la “mia faccia” non è quella di uno schiacciato dalla malattia, depresso. Il male non vince. Non vince la SLA. Io vedo che il Signore agisce nelle pieghe della vita quotidiana: ha una faccia e i tratti delle innumerevoli persone che mi stanno vicino e che mi stanno intorno. Ciascuna di queste persone delineano un pezzettino di “quel Volto”. Che il peccato, le ferite, le cose vecchie non siano l’ultima parola sulla nostra vita: questa è una grande speranza; quello che nella mia vita ho sempre desiderato più di tutto, anche di camminare. Insomma mi capita di andare a letto di essere contento della mia giornata».

Per tornare al messaggio per i suoi 37 anni Nicola dice “tutti sappiano quanto mi è successo: tutti possano vedere che miracolo è diventata la mia vita… che tutti sappiano che i soldi non sono la cosa più importante della vita ma il rendersi conto di quanto ci capita nella vita”. Per finire, usando un’espressione forte ma non rara nel suo modo di parlare del tutto sincero, ha detto: “Sono uno stronzo pazzesco al quale è accaduta una grande grazia. Sto vivendo un’intensità di vita impossibile, inimmaginabile. Mio padre mi sta chiamando figlio, fratello e padre; mia madre sta fiorendo come il suo giardino; non sono mai stato così fratello coi miei fratelli. Non sono mai stato così innamorato; hanno scritto canzoni e poesie per me. Ho persino ricevuto una proposta di matrimonio. Ho pianto tutte le mie lacrime per lo struggimento affettivo che provo verso ciascuno di voi. Piango e mi si spezza il cuore pensandovi: tutto questo ho sempre desiderato ed è accaduto negli ultimi sei mesi. Vi auguro che la vostra vita sia piena come la mia. Io, e voi con me, stiamo vivendo un anticipo di paradiso. Per cui quando tra poco non ci sarò più saprete che non avrò smesso di festeggiare. Vi ringrazio tantissimo perché ciascuno di voi siete un pezzetto del Suo volto”

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