Testimonianza Zatto | 15 MAR 2021, Venezia
Canto: E verrà, Claudio Chieffo
Vero:
L’altra sera è successa una cosa e ho pensato di iniziare l’incontro raccontandovela. L’altro giorno erano le 21 e ci siamo collegate con Zatto, alla preghiera quotidiana per la sua guarigione. Lui raccontava di quanto era stata difficile per lui quella giornata, tra la macchina per la respirazione e l’autonomia che non ha più per molte cose, e poi di come avesse detto a Gesù: “Oggi devi fare proprio i fuochi di artificio, perché io voglio respirare”. Io venivo da una giornata in cui mi sembrava stesse vincendo un’apatia, e un po’ di pensieri angoscianti. E mi sono detta: “Cavolo se lo avessi chiesto anche io a Gesù di mostrarsi così!”. E Zatto poi continuava dicendo, come dice ogni sera, “E’ stata una giornata incredibile, potrei raccontarvi un milione di cose di come lui si è fatto vedere!”. E aveva raccontato di un suo amico che gli aveva detto che vedendo come stava di fronte alla sua malattia, gli testimonia come Cristo vince. Io non so perché in quel momento, mentre raccontava, mi sono messa a spazzare la cucina e ho sbattuto la testa fortissimo sulla credenza. E mi sono persa l’ultima frase, Zatto stava dicendo: “Posso dire che Cristo è…”. Allora ho chiesto a Chiara cosa avesse detto, e mi ha risposto: “Posso dire che Cristo è fedele”. Mi ha commosso perché quella botta in testa che ho preso è stato un gesto della tenerezza di Gesù che mi diceva: “Oh svegliati hai sentito cosa ha detto Zatto? Che io sono fedele! Se tu sei sincera, non lo sono stato anche per te oggi? Vincono i tuoi pensieri o vinco io?” Infatti ripensando alla mia giornata ho visto come la Chiara ad esempio mi è stata vicina tutto il giorno e mi ha voluto bene. Ecco perchè ho invitato Zatto: perché vedere come vive lui, sempre più certo di questa vittoria sulla malattia, sul male, di Cristo mi fa chiedere di poterla vedere anche io.
Zatto:
Intanto vi ringrazio, soprattutto a te, Veronica. Perché voglio stare davanti a quello che c’è. E raccontarvi di me mi aiuta in questo. Faccio una breve presentazione, mi scuso per la mia voce di merda. Nel canto si diceva “voglio cantarti Signore finchè avrò respiro”, con la voce che ho. Alla vostra età cantavo nel coro ed ero un basso, di quelli con la voce molto forte. Io ho 36 anni e vivo a Rimini, nella bellissima Rimini, sono un imprenditore, non sono sposato, non ho figli e sono nato nel movimento. Ma diciamo che l’incontro vero l’ho fatto a un certo punto all’università.
Ad agosto ero in Islanda in vacanza e le gambe hanno cominciato a non funzionare, ho fatto un po’ di indagini e ad Ottobre mi hanno detto che avevo la SLA. La SLA è una malattia pessima, perché prende tutti i movimenti volontari, prende tutto. Io sono una persona super energica, super attiva, non sto mai fermo un minuto. Ho viaggiato in tutto il mondo. Quindi è cambiato tutto. Ed è cambiato pesantemente. Da un’autonomia infinita, indipendenza totale, sono passato a una dipendenza totale. Ho dovuto cambiare casa, vivo con una signora che si prende cura di me, ho
dovuto cambiare la macchina perché non riesco più a guidare. Ma a me, veramente, veramente, cosa mi riempie il cuore? Cosa mi fa felice?
Vero:
Io tra tutti i tuoi zoom ne ricordo uno in particolare in cui c’era una persona che ti aveva chiesto: “Ma tu racconti tutte le sere moltissimi fatti semplici, di una signora che ti aveva fatto le lasagne. Ma davvero un piatto di lasagne, i fatti semplici, hanno la meglio sulla malattia?”
Zatto:
Io sono malato, la malattia c’è ed è una cosa terribile. È degenerazione continua. Mala-ttia, male: non è bene, è male. Però quella sera una signora di 80 anni mi aveva fatto un pacchetto di lasagne. Io avevo detto che questo era un pezzettino della Sua Compagnia. Il punto è come fai a dire che è un pezzetto della Sua compagnia e non solamente una vecchietta che non avendo un cazzo da fare mi fa le lasagne? Come fai a dire: “E’ Lui?”. Tu veronica, hai un moroso riminese. Come fai a dire “è lui”? Perché ha quella faccia lì, non è che te lo confondi con un altro. Ha quella faccia lì, quelle caratteristiche lì, Giussani li chiama: “tratti inconfondibili”.
Oggi è venuta da me a pranzo una persona che non conosco, da Bergamo dopo che si collegava allo zoom delle 21. È un fatto curioso: viene qui e mi ha detto, io ho sposato uno del movimento, sono del movimento, lavoro in un opera del movimento ma questo non mi basta. Io mi sono annoiata talmente tanto che ho smesso di fare la scuola di comunità. Poi in una delle sue classi, lei è insegnanti, è girata una notizia di un ragazzo malato di SLA che si è suicidato. E di fronte a questo lei ha fatto vedere la mia video-intervista. E mi ha detto: “La tua domanda è la mia. Ho ricominciato a fare la scuola di comunità per te”. Lei da Bergamo è venuta qui a Rimini per dirmi questo. Io voglio sapere, chi è che muove ciò? Che potenza di desiderio? Lei era sposata, con dei figli, non è che non aveva un cazzo da fare. È venuta per me? Ma no! Dove è il fascino nella degenerazione? Quello che dico è: Chi muove quella donna? Chi le tocca il cuore? Chi smuove tutto questo? Sicuramente non io, manco la conosco. Però viene fuori un’amicizia, un’intimità profondissima e incredibile: lei mi è compagna. Lei è un segno del Mistero che mi dice: “Zatto, cazzo, guarda che io uso una roba di merda come la SLA per attuare il Mio disegno”. Ma come mi corrisponde tutto questo? Sono uno strumento nelle mani di un altro. Questa corrispondenza mi fa dire, sei tu! E ti riconosco. Perché come il tuo moroso non c’è nessuno, ha quella faccia lì, e quando lo hai davanti lo riconosci subito.
Maria Stella_ Prima raccontavi della tua storia e dicevi di essere passato ad essere attivo ad essere costretto ad una vita diversa. Come è stato il passaggio? Quanto ci hai messo ad accettare questa nuova realtà?
Zatto:
Io non accetto proprio niente. Non mi sono abituato per niente. Ad agosto ero sui vulcani e a dicembre con il bastone, e adesso non muovo le gambe. Tutto molto veloce. Non c’è un
momento in cui ho detto “Ok, ho la SLA, devo aggiornarmi”. Io cerco di mantenere tutta la mia autonomia residua che mi piace tanto. Io non vorrei aver bisogno di tutto.
Mauro:
Ma tu non hai paura?
Zatto:
Guarda io non ho paura, sono terrorizzato. Ogni giorno sto peggio, e lo vedo. Ed è terribile vedere questo. Ma è più che altro un idea: se io penso a come sarà il futuro è il panico. Perché dovrò mangiare con un sondino e respirare attraverso una macchina. Non parlare. Non è molto rosea come prospettiva. Ma questa è una mia accurata idea. Mentre invece mi sembra molto più interessante guardare a quello che c’è, oggi. Guardare al presente. Anche oggi, anche se parlo così, anche se, anche se, anche se, il Signore è venuto a trovarmi oggi. E quello che io profondamente e intimamente desidero è esattamente questo. Cos’è che riempie il cuore? Camminare? No. Il mondo è pieno di gente che cammina ed è triste, incazzata e sola. Il punto non è camminare, il punto è avere il cuore pieno. Cosa riempie il cuore? Mi interessa questo. E quindi cerco questo nella realtà. Perché un discorso non mi basta: allora dico “Signore fatti vedere oggi, mostrami il tuo volto, perché è quello che voglio”. Ma questo è solo se vivo la realtà, perché se vivo le mie idee ho chiuso.
Anna:
Io volevo chiederti, nonostante la tua fede, questo stupore di fronte alle persone che incontri, come fai a non arrabbiarti?
Zatto:
Io mi arrabbio sempre, di brutto, perché io non voglio dipendere. Non voglio non camminare, non voglio parlare di merda, cazzo, ma per niente! Ma la differenza è che io mi incazzo ma non sono incazzato. Se uno vede me non vede uno determinato e schiacciato dalla malattia. E poi io ho visto fondamentalmente una cosa: il problema non è avere bisogno. Un esempio: la mattina di Natale mi sono svegliato e sono andato in bagno. Vivevo ancora da solo senza badante perché più o meno ce la facevo. Riuscivo a sedermi in sedia a rotelle o sul water. Ma la malattia va velocissima e quello che riuscivo a fare il 24 non riuscivo a farlo il 25. Al mattino mi sono spogliato e mentre cercavo di passare sul water sono scivolato e sono finito un po’ sul water e un po’ sulla carrozzina, stravaccato. Solo che ero da solo. Allora ho provato a tirarmi su ma i nervi non rispondevano, spingo le braccia e le gambe ma niente. Allora mi ingegno, ma non ce la facevo con tutta la forza che avevo non mi muovevo. Allora mi sono messo a piangere, mi incazzo da morire, come è possibile che a 36 anni non riesco, nudo, solo, in un cesso. Allora ci ho riprovato perché sono un testone, ma non ce la facevo. Ho pianto un casino, ero incazzato. Ad un certo punto grazie a Dio avevo il telefono vicino e ho chiamato un mio amico che abitava vicino e gli ho detto: “Davide, ho bisogno”. Il punto è questo: ho bisogno. Mi ha trovato lì e mi ha tirato su. Allora parlavo di questa scena triste con un mio amico e lui diceva: “Zatto devi imparare l’umiltà del bambino”. E mi veniva da rispondergli: “Cazzo io non sono un bambino, sono un uomo”. Ci ho pensato su, e mi è venuta in mente mia sorella Maria, che ha 16 anni in meno di me. Quando io avevo 18 anni, lei ne aveva due. Mia mamma la metteva sul vasino per fare i suoi bisogni, e noi intanto eravamo in sala a guardare la televisione. Ad un certo punto, da là in fondo al corridoio, si sentiva: “Ho finito!”. Aveva bisogno. Allora, carissima, quello che ti voglio dire è che il punto non è se hai il culo sporco di merda, se hai qualcosa che non va, se sei sporca. Il punto è se c’è la mamma che ti vuole bene. Il punto non è se hai bisogno, ma se c’è un punto della tua vita a cui tu puoi dire “Ho bisogno”. Tra l’altro quel giorno, per la Maria era occasione di rapporto con la sua mamma. Il bisogno è l’occasione. Quindi mi incazzo di brutto ma vedo che il bisogno che non vorrei mai, è l’occasione privilegiata del mio rapporto con il Mistero.
Andre:
Prima dicevi “Dare la vita per l’opera di un Altro è obbedire, non fare cento cose”. Io sono il tipo che vuole fare cento cose per avere il cuore pieno. Cosa vuol dire obbedire?
Zatto:
Amico mio, io sono come te. Anche io sono così, di indole sono uno energico, non un tiepido. Mi muovo, vado, faccio seimila robe. Ad esempio, ero il responsabile della segreteria della comunità di Rimini, ed era una comunità enorme. Cazzo, mezza giornata tutti i giorni la dedicavo a questo. E un po’ sotto sotto pensavo: Cazzo, ma se uno vede me come fa a non capire deve ammettere che l’incontro più importante della mia vita è il Mistero, nella forma in cui mi si è reso familiare, cioè nel movimento. Voglio testimoniare a tutti questo: e questo non è sbagliato, questo tentativo è santo. Ogni nostro tentativo va benissimo: ma il punto è che la nostra vera utilità, è essere strumento per un altro che opera. Io adesso non faccio un cazzo ma ugualmente questo genera. Perché? Quello che vedo io e mi sorprendo tantissimo è che c’è un Altro che fa. Io faccio il malato. Cosa vuol dire vivere intensamente il reale se non puoi fare un cazzo? Non è il fare, se no io sarei fottuto.
Pietro:
In realtà non ho una domanda, ma volevo ringraziarti. Pensavo se ritengo importante il ringraziarti, perché tanti lo fanno. Ma per me è incredibile vedere uno che, come dice la scuola di comunità di questi giorni, vive essendo pienamente se stesso nell’incontro fatto, e ha una responsabilità di questo. E arrivi dappertutto, Bergamo, Venezia, Trento, Torino, semplicemente perché tu vivi te stesso dentro le tue circostanze, che sono molto più difficili delle nostre. Per me da un po’ di tempo sei il primo punto in tutte le giornate in cui vedo che la promessa che mi è stata fatta è verificata. Dentro alle mie circostanze, spesso molto più semplici, vedo che niente è tradito. Tutti i giorni arrivi lieto allo zoom. In ultimo, è da un po’ di tempo che vivo il desiderio di testimoniare quello che ho incontrato e portare Cristo, e man mano passa il tempo mi si rende più evidente che per farlo basta indicare dove accade. E per me questi mesi lo strumento, l’arma, sei sempre stato tu. Il punto che io indico ai miei amici, per portare quello che ho incontrato, eri tu perché vedendo te si vede che al 100% vince Lui.
Zatto:
Mi impressiona quello che hai visto. Perché tu hai usato una parola molto forte: che è promessa. A noi è stata fatta una promessa di bellezza, di per sempre, di giustizia. Come puoi tu dire questo guardando me? Che “per sempre”? Io tra poco muoio. E non è certamente bello: come puoi tu dire questo? E hai ragione: ma sembra impossibile da dirsi. Noi attendiamo. Siamo strutturalmente attesa, desiderio. In questa promessa si svela la realtà. Io come vi dicevo non ho moglie e non sono un prete. Allora mi dico, ma Gesù, qual è la mia vocazione? E la risposta eccola. La mia vocazione, cioè il luogo in cui vivo il rapporto con Cristo è la realtà. Questa promessa, questo rapporto si dona nella realtà. E la realtà è fatta di mille robe, questo incontro, la malattia, gli amici, le mie passioni, tutto questo è realtà. Ed è evidente che è il luogo del mio rapporto con Cristo. Giussani dice che le circostanze sono essenziali per il mio rapporto con Cristo. E la realtà va bene così, perché se tu hai bisogno il Signore ti chiama ad un’intimità: se tu ti innamori, il Signore ti chiama lì, se tu lavori è quello il luogo del rapporto. Per concludere, siamo uguali: a me non manca niente della mia vocazione. Possiamo essere compagni, io qua e tu là a Torino: che grande respiro.
Alba:
Ti volevo ringraziare perché hai detto che la cosa più bella che ci costituisce è avere bisogno. Solo che vederlo così, addosso a te, fa una grandissima differenza. Veramente ti ringrazio perché neanche dovevo esserci stasera. Penso che andrò a dormire più felice.
Zatto:
Perché? Perchè andrai a dormire più felice? Cos’è che corrisponde al tuo cuore? Tu guardi me, hai davanti agli occhi me. Ma io sono un ciccione in carrozzella che non riesce neanche a parlare. Non c’è niente di affascinante in questo. Quindi la domanda è: tu guardi me, ma cosa vedi? Per poter dire, vado a letto più felice? Non sono io che corrispondo al tuo cuore, o che ti affascino, per cui puoi dire vado a letto felice. Voglio scoprire qual è l’origine di questa corrispondenza. Perché io mille volte mi guardo come un mongolo e basta: invece voglio guardarmi come mi stai guardando tu. Però voglio sapere cos’è che in me risplende, cosa mi rende affascinante?
Alba:
La prima cosa che ho visto è che sia io che te abbiamo la stessa gran voglia di essere felici, pur in circostanze diversi. Le cose che hai raccontato, dalle lasagne alla cosa più difficile del bagno, appartengono alla quotidianità: ma dietro di queste emergeva questa gran voglia di essere felice. Forse tutte e due desideriamo la stessa cosa.
Zatto:
Mi conquista questa possibilità: vedo te e riconosco che ho lo stesso desiderio. Che il Signore possa usare me per toccare il tuo cuore e dirti “Oh! Guarda che anche tu desideri così tanto”. Attraverso il mio urlo, il mio dolore, il mio grido: è una cosa pazzesca. Perché più vado avanti più vedo che la malattia non è solo malattia, ma attraverso questa vediamo che non vince il male. Tu riconosci il bello e il vero in questa cosa: è un frutto. Allora è come se fossi disposto a questo sacrificio: perché tu possa desiderare tanto. Perché tu possa essere seria con il tuo cuore.
Zatto:
Volevo ringraziarti perché mi stai dando una dose di calci nel culo che è una cosa spaventosa, nel senso che stai facendo vedere quanto sono piccolo e meschino nelle cose che faccio normalmente. Però rischio di essere anche molto sentimentale: come se questo bel momento rimanesse qui e non mi cambia nelle prossime settimane. Voglio farti quindi una domanda: c’è un ragazzo che vorrebbe entrare nel mio seminario e mi ha detto che io per lui sono il Bene. Questo mi dice che entra in seminario perché ha incontrato me. Da una parte mi dico: no, non è per me, ma che hai incontrato Cristo dietro di me, ma dall’altra per me è difficile evitare di dire “quanto sono bravo, quanto sono forte, quanto ho il controllo di tutto”. Ma nelle giornate quando anche solo una cosa non ce l’ho sotto controllo mi incazzo come una faina. Mi rendo conto che vivere così fa schifo: perché quelle volte che chiedo sono molto più felice. Ma vedo che ci ricado sempre, e sempre di più. Mi piace ricevere gli applausi e mi incazzo quando non li ricevo.
Zatto:
Io se punto sulla mia forza sono fottuto. Sulla mia capacità di controllo. La realtà non è mai come vuoi. Gli altri non sono mai come vogliamo noi. Il punto è quello che dicevamo prima cioè, ma cosa ti riempie davvero il cuore? Quid animus satis? La realtà e il tuo cuore sono i tuoi più grandi alleati. La realtà e il cuore. Perché quando sei il cowboy del seminario, e tutti ti seguono, vedrai se questo basta al tuo cuore. Io ho passato la vita a fare una marea di minchiate perché credevo che qualsiasi cosa potesse soddisfarmi. Una cosa la vedevo e la facevo: è una verifica. Più io sbagliavo più mi accorgevo che quello che avevo fatto non mi riempiva il cuore. Ci sono delle cose che non possiamo gestire, e una è cosa corrisponde al tuo cuore. Non lo scegliamo noi: neanche per mezz’ora. Per il tuo amico vale lo stesso: quando capirà che sei uno stronzo come tutti dovrà chiedersi, ma cosa ho visto io? Con me è più facile perché non c’è niente di affascinante.
Guarda ti racconto una cosa giusto perché sei un prete ma non dirla a nessuno: un mese fa io ero in casa mia con una mia amica di Milano, ci conosciamo da tempo, eravamo anche usciti insieme ma non era mai successo niente di che. Ultimamente ci siamo sentiti un bel po’, e lei dice: “vengo da te un paio di giorni, voglio stare con te” e ho detto: “va bene”. Allora la vedo la prima sera, e dopo cena lei si è inginocchiata e mi chiede di sposarla. È un fatto incredibile: perché lei è una ragazza di trent’anni, giovane e bella, cosa cerca che pensa al matrimonio? Un uomo bello forte, alto, con un po’ di fede, magari un po’ ricco, che cazzo ne so. Cosa desidera una ragazza in un uomo? Viene fuori quello che usciva prima: cosa ti fa dire guardando la desolazione del mio corpo, lo voglio per sempre? Cioè uno dovrebbe scappare da una cosa del genere e lei dice: lo voglio per sempre. Tra l’altro è un’infermiera, quindi sa benissimo dove sto andando. Allora mi impressiona perché è talmente tanto corrispondente il mistero che lei vede attraverso me che dice, sono disposta a tutto, lo voglio per sempre. Ma nel mio caso si capisce benissimo che non è me che vuole, sarebbe da pazzi. Il tuo amico secondo me è chiamato allo stesso percorso.
Angelo:
A volte a me sembra che il desiderio che ho dentro lo trovo a volte soffocante. Lo sento tantissimo: come fai a vedere questo desiderio bruciante come una cosa positiva?
Zatto:
Il desiderio è il motore. Più desideri e più ti muovi. Più hai fame e più cerchi. Nel cristianesimo il problema non è mai desiderare troppo, semmai desiderare troppo poco. La mia vita è stata profondamente segnata da questo. Ti faccio un esempio veloce: io avevo una morosa, anno 2008, bellissima. Era una ragazza incredibile, era affascinante in tutto e io morivo di desiderio. La amavo da morire. Ero innamorato fradicio. Lei abitava a Ferrara, studiava a Bologna, e ogni tanto veniva da un prete che stava a Bologna. Io andavo a prenderla in stazione e la portavo dal prete. Lei stava lì mezz’ora e poi la riportavo. Nel tempo mi sono accorto che lei quando usciva dallo studio di questo prete aveva una faccia bellissima, era luminosa, era raggiante. Era veramente lei, era esattamente quello che volevo per lei. Allora succede una, due, tre volte e mi accorgevo che quando usciva da casa mia, o dalla mia macchina non aveva quella faccia lì: non era così piena e raggiante. Allora una volta l’ho portata in stazione e poi sono tornato indietro da prete. Gli ho detto: “Buongiorno, sono il moroso di quella di prima. Ho notato che lei quando viene qui è bellissima, è raggiante, vola. Io la amo da morire e desidero questo per lei. Perché quando esce dalla mia macchina non è così felice?”. E lui mi ha detto: “Semplice, perché io la amo più di te”. “Ma tu sei un prete! Io sono il suo moroso, cosa vuol dire?” “Io amo la sua libertà”. Io volevo che lei risplendesse della sua luce. Allora da quel giorno sono andato da quel prete tutte le settimane per tutta l’università. Poi lei ad un certo punto non c’era più, ma io ho continuato ad andare da lui ed è stato il rapporto che più mi ha segnato la vita. Io dico che il desiderio è il motore: chi ama tanto si muove, si incazza, ci tiene. Non so dove ti porterà questo desiderio. Io quella donna la preferivo sopra ogni cosa, e quella era una chiamata del Signore che ti mette nel cuore quel desiderio così che tu possa verificare quello che lo riempie. Quel desiderio, la sua impronta in te, è la tua salvezza. Sono molto contento che desideri tanto.
Fede Mosca:
Io sono una di quelle persone che spesso ho la tendenza a focalizzarmi sulle mie idee e le mie paure piuttosto che su quello che accade. Tu dicevi che quello che ti tiene in piedi è stare davanti al tuo bisogno. Ma dentro di me la tentazione di chiudermi e lasciarmi andare è altrettanto forte quanto il mio bisogno. Quindi ti chiedo tu come fai a starci davanti? Io la sento tanto lacerante questa cosa in me.
Zatto:
Ho cercato di appagare questo desiderio con tentativi che hanno assunto mille forme e mille modi. Ma più vivevo e più capivo cosa riempie davvero il cuore e cosa no. Vivere sulle idee non è abbastanza per me, non mi basta. Il punto è: la realtà non è tutta uguale, ci sono dei punti che ti infiammano. Che ti fanno dire: cazzo bello! Anche io voglio questo. Lì devi fare come una foto: e quando passa un po’ di tempo e ti capita un momento così e tiri fuori la foto. Nel tempo e negli anni l’insieme di questi punti indicano una traiettoria, una strada. Il tuo cuore è il tuo più grande alleato: è perfetto. Perché mi hai fatto questa domanda? Se vivere sulle tue idee ti andasse bene non avresti il problema. La grandezza del tuo desiderio è reale più di tutto. Allora voglio chiedere tutti i giorni la lealtà di vivere all’altezza dei desideri del mio cuore. Che è fatto da Lui, e cerca Lui, e non si accontenta di niente se non di Lui. Questa cosa mendichiamola insieme. Perché io ne ho bisogno tutti i giorni. La veronica prima citava una cosa che ho detto l’altro giorno: era stata una mattinata pesante, erano le 11.30 e avevo fatto colazione, preso le medicine, fatto la cacca e la doccia in 3 ore. Già alle 11.30 non ne potevo più di quella giornata. Io non sono fatto per questo: io voglio essere felice. Allora la prima cosa è chiederlo. Chiederlo. Chiedere il volto del nostro amato.
Vi ringrazio: cominciamo subito a mendicare. A chiedere al Signore di stare davanti a quello che accade, che vediamo accadere. Tutti dentro a un Silenzio dato dal fatto che accade qualcosa che davvero corrisponde e che non facciamo noi. Chiediamo la grazia della Sua bellezza: diciamo una preghiera.
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