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martedì 24 gennaio 2012

Il vero amico

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«Non è mai stato vero amico uno che ha potuto offendere un altro dopo averlo accolto nella sua amicizia. E nemmeno può dirsi che abbia gustato la gioia della vera amicizia chi, una volta offeso, cessa di amare colui che prima amava. Infatti chi è amico, ama sempre. Se anche fosse rimproverato, insultato, dato alle fiamme, messo in croce, chi è amico ama sempre; e, come dice san Gerolamo: «Un'amicizia che può spegnersi non è mai stata una vera amicizia

Aelredo-di-Rievaulx Epist. 41, ad Ruffin.).

« Gli amici devono essere semplici, comunicativi,
arrendevoli e appassionati delle medesime cose. »

Nell'amico si devono provare quattro cose.
La fedeltà, l'intenzione, il criterio e la pazienza.
Per sempre ama chi è amico: anche se rimproverato, anche se offeso, anche se messo sul fuoco, sempre ama.

Aelredo di Rievaulx

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amicizia, aelredo

giovedì, 22 maggio 2008

La compagnia

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«La compagnia autentica è quella che nasce quando uno incontra un altro che ha visto qualche cosa di giusto, di bello e di vero, e glielo dice, e siccome anche lui desidera il giusto, il bello e il vero, si mette insieme.»
Luigi Giussani

§ a M.

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amicizia, giussani

sabato, 17 maggio 2008

La compagnia

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L'influsso su di te di questa compagnia data è quello di richiamarti alla "ragione". Sei nella tempesta, irrompono le onde, ma vicino hai una voce che ti ricorda la ragione, che ti richiama a non lasciarti portar via dalle ondate, a non cedere. La compagnia ti dice: "Guarda che dopo splende il sole; sei dentro l'onda, ma poi sbuchi fuori e c'è il sole". Soprattutto ti dice: "Guarda". Perché in ogni compagnia vocazionale ci sono sempre persone, o momenti di persone, da guardare. Nella compagnia, la cosa più importante è guardare le persone». Perciò la compagnia è una grande sorgente di amicizia. L'amicizia è definita dal suo scopo: l'aiuto a camminare verso il Destino.

Volantone di Pasqua Comunione e liberazione 1992

Grazie a: Dixit Definitivo

Postato da: giacabi a 13:41 | link | commenti (4)
amicizia

La Rosa Bianca

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La Rosa Bianca è il nome di un gruppo di studenti tedeschi che pagarono con la vita la loro opposizione al regime nazista. La Weiße Rose era composta da Hans e Sophie Scholl, Christoph Probst, Alexander Schmorell, Willi Graf, tutti poco più che ventenni, cui si unì successivamente il professor Kurt Huber.
Hans
e Sophie Scholl sono due dei figli di Robert Scholl, sindaco di Ingersheim, liberale, pacifista e anti-nazionalista, e Magdalene Müller, infermiera.
Nel 1932 la famiglia Scholl si trasferisce a Ulm.
Nonostante la contrarietà del padre, anche Hans e Sophie subiscono il fascino del regime nazista e iniziano a partecipare alle attività delle organizzazioni giovanili, a cominciare dalla Hitler-Jugend, la Gioventù Hitleriana. Tuttavia, dopo un paio di anni, se ne allontanano, avendo compreso che non sono quegli spazi di realizzazione personale e comunitaria che avevano inizialmente immaginato.
Al distacco degli Scholl dalle idee naziste contribuisce la vasta preparazione culturale che acquisiscono nel loro cammino di ricerca umana e spirituale. Leggono Platone, Aristotele, Agostino, Anselmo di Canterbury, Abelardo, Tommaso d'Aquino, Pascal, Kierkegaard, Newman, Maritain, Bernanos, Nietzsche, Dostoevskij, Tommaso Moro, Lao-Tze, scritti buddhisti e confuciani, il Corano, e tanti altri testi. Ma al centro della loro attenzione restano il Vangelo e le ragioni di un cristianesimo depurato dai compromessi con il potere. La lettura degli autori del rinnovamento cattolico francese, sarà alla base del loro progressivo avvicinamento al cattolicesimo.
Ad influenzare le loro scelte è anche l'amicizia con Otto (Otl) Aicher, che vive a Söflingen, un quartiere in cui è presente una forte resistenza cattolica al nazismo, animata dal parroco Franz Weiss. Otl diffonde le idee del Quickborn (Sorgente di vita), un movimento cattolico guidato da Romano Guardini, che si propone di rinnovare la liturgia e la concezione della Chiesa, vede solo in Cristo la guida della gioventù e proclama il triplice diritto dei giovani nella formula «Gioventù, Libertà e Gioia».
Nel 1937 comincia il rapporto sentimentale ed epistolare tra Sophie e Fritz Hartnagel, allievo della scuola ufficiali di guerra a Potsdam e poi ufficiale in servizio attivo su diversi fronti della seconda guerra mondiale. Pur volendo rimanere fedele al suo compito, Fritz condivide lo stesso desiderio di giustizia e libertà di Sophie, che lo porterà ad abbracciare idealmente le ragioni della resistenza.
Il 1° settembre 1939, con l'invasione della Polonia, comincia la seconda guerra mondiale.
La primavera del 1941 è l'anno dell'incontro dei membri della futura Rosa Bianca con Carl Muth e Theodor Haecker, due intellettuali cattolici anti-nazisti, il cui pensiero influenzerà molto le scelte di resistenza del gruppo.
A dare ad Hans l'idea dei futuri volantini è probabile che sia stato l'arrivo in casa Scholl dei fogli clandestini con le prediche e le lettere pastorali del vescovo cattolico di Münster Clemens August von Galen, che si schiera coraggiosamente contro il nazismo.
Nel giugno 1941 inizia l'attacco all'Unione Sovietica.
Nel gennaio 1942 Robert Scholl è denunciato da una sua impiegata per aver espresso critiche verso Hitler e la guerra alla Russia. Prelevato dalla Gestapo e interrogato, viene rilasciato, ma successivamente verrà condannato a quattro mesi di carcere, che significheranno anche la rovina economica della famiglia
.
All'inizio di maggio 1942 Sophie Scholl si trasferisce a Monaco per iniziare a frequentare l'Università, e qui conosce le persone con cui condividerà le sorti della Rosa Bianca: i commilitoni di suo fratello nella seconda compagnia studentesca Willi Graf e Alexander Schmorell, l'amico di quest’ultimo Christoph Probst, e il professor Kurt Huber, che tiene un corso di filosofia su Leibniz.
I primi quattro volantini della Rosa Bianca sono scritti a macchina da Hans Scholl e Alexander Schmorell, ciclostilati e spediti in qualche centinaio di copie, tra il 27 giugno e il 12 luglio 1942, a indirizzi scelti a caso negli elenchi telefonici, privilegiando professori e intellettuali, o lasciati in locali pubblici, alle fermate dell'autobus, nelle cabine telefoniche, o gettati dai tram di notte.
Subito la Gestapo si mette a indagare sugli autori degli scritti, senza esito.
Nell'estate 1942, Hans Scholl, Schmorell e Graf partono per un tirocinio medico di tre mesi sul fronte russo, un viaggio attraverso la Polonia che li rende ulteriormente consapevoli degli orrori della guerra, e fa loro conoscere la grandezza del popolo russo e dei suoi intellettuali.
Rientrati a Monaco, nelle notti del 1, 8 e 15 febbraio 1943, i membri della Rosa Bianca scrivono sui muri dell'Università e di altri edifici un'ottantina di slogan anti-hitleriani.
Distribuiscono un quinto volantino, firmato «Movimento di resistenza in Germania», cui collabora Kurt Huber, l'unico professore di Monaco che osa fare commenti anti-nazisti nelle sue lezioni, autore anche del volantino successivo.
Il 18 febbraio 1943 Hans e Sophie Scholl si recano all'Università con una valigia contenente 1500 copie del sesto volantino, da distribuire clandestinamente. Dopo averli diffusi per i vari piani dell'edificio, Sophie dà una spinta ad una risma di volantini appoggiata sulla balaustra del secondo piano, che volano nell'atrio. Un impiegato dell'Università li nota e li ferma, portandoli dal rettore, senza che essi oppongano resistenza. Vengono arrestati. Nel giro di pochi giorni, la stessa sorte tocca agli altri membri della Rosa Bianca e a circa ottanta persone ad essi anche lontanamente collegate.
I fratelli Scholl e Cristoph Probst vengono processati a Monaco il 22 febbraio 1943. Dichiara Sophie durante il processo: «Sono in tanti a pensare quello che noi abbiamo detto e scritto; solo che non osano esprimerlo a parole». Dopo cinque ore, il giudice Roland Freisler emette il verdetto, condannandoli a morte per aver «propagandato idee disfattiste, fatto appello al sabotaggio dell'organizzazione militare e all'abbattimento del sistema di vita nazionalsocialista del nostro popolo e insultato il Führer nel mondo più infame e con ciò favorito il nemico del Reich e demoralizzato le nostre forze armate». Nello stesso giorno, vengono ghigliottinati.
Altri membri esponenti della resistenza riconducibile all'attività della Rosa Bianca verranno successivamente giustiziati, reclusi in carcere, deportati nei lager.


Sophie Scholl Hans Scholl Alexander Schmorell Willi Graf Kurt HuberChristoph Probst

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amicizia, la rosa bianca

giovedì, 15 maggio 2008

La compagnia cristiana

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" Allora quella compagnia è l'unica realtà veramente umana, totalmente umana, che esista al mondo. Tutto il resto del mondo è umano come una grande ferita che gridi di essere rimarginata, una grande solitudine che esiga di essere sorpresa da una illuminazione, da una protezione che venga da altri come sé. Allora il compagno diventa veramente un altro sé e nasce tra gli estranei come noi un'affezione più grande di quella che si ha per il padre e la madre, fino all'emozione. Perché il giudizio di corrispondenza matura fino a identificarsi con l'emozione... più grande di quella che hai per tuo padre e tua madre...non perché dimentichi tuo padre e tua madre, ma perché impari a capire che l'importanza di un tuo padre e tua madre è che hanno in qualche modo collaborato a questa strada - per esempio facendoti nascere- così che se fossero (scusate l'ipotesi), se fossero due delinquenti, li ami come ami i tuoi compagni.”

Luigi Giussani da: Si può vivere così? Rizzoli

a M.

Postato da: giacabi a 18:21 | link | commenti
chiesa, amicizia, giussani

L'amicizia

***

Io non voglio vivere inutilmente: è la mia ossessione. E poi tra due amici profondi cosa si desidera? L'aspirazione dell'amicizia è l'unione, è quella di immedesimarsi, impastarsi, diventare la stessa persona, la stessa fisionomia dell'Amico: ma Gesù è in Croce... la gioia più grande della nostra vita è quella che ad ogni piccola o grande sofferenza ci fa scoprire: "ecco ora sei più simile", più "impastato con Lui" La vita per la felicità degli uomini, per l'amicizia di Gesù. Caro amico, una benedizione? Ecco io allargo le braccia e te la mando con tutta la passione del cuore: solo perché serva anch'essa ad ottenerti un unico assillo nella vita: l'amicizia di Gesù Cristo - la felicità degli uomini. Ed il resto... vanitas vanitatum.

Luigi Giussani

- Lettere di fede e di amicizia ad Angelo Majo ed.San Paolo

a M ad A. a P. a R.

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amicizia, giussani

lunedì, 12 maggio 2008

L’assenza di una persona cara

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“… per noi non c’è nulla che possa rimpiazzare l’assenza di una persona cara, né è cosa questa che dobbiamo tentare di fare; è un fatto che bisogna semplicemente sopportare e davanti al quale bisogna tener duro; a prima vista sembra molto difficile, mentre è anche una grande consolazione; perché, restando effettivamente aperto il vuoto, si resta anche reciprocamente legati da esso. Si sbaglia quando si dice che Dio riempie il vuoto; non lo riempie affatto, anzi lo mantiene appunto aperto e ci aiuta in questo modo a conservare l’autentica comunione tra di noi – sia pure nel dolore. Inoltre: quanto più belli e densi sono i ricordi, tanto più pesante è la separazione. Ma la gratitudine trasforma il tormento del ricordo in una gioia silenziosa.

Portiamo allora dentro di noi la bellezza del passato non come una spina, ma come un dono prezioso. Bisogna guardarsi dal frugare nel passato, dal consegnarsi ad esso, così come un dono prezioso non lo si rimira continuamente, ma solo in momenti particolari, e per il resto lo si possiede come un tesoro nascosto della cui esistenza si è sicuri; allora dal passato si irradiano una gioia e una forza durature. Ancora: i periodi di separazione non sono perduti e sterili per la vita in comune, in ogni caso non lo sono necessariamente; ma, al contrario, in essi può costruirsi, nonostante tutti i problemi, una comunione straordinariamente forte. Infine: qui ho imparato particolarmente come ai dati di fatto si possa sempre far fronte, e che sono soltanto la preoccupazione e la paura davanti ad essi ad ingrandirli enormemente. Da quando ci svegliamo a quando ci addormentiamo, dobbiamo semplicemente affidare a Dio gli altri uomini e lasciarli nelle sue mani, e far sì che dalle nostre preoccupazioni per gli altri nascano preghiere a lui. «Con preoccupazioni e con pene… Dio non si lascia carpire nulla».

D. Bonhoefferda: Resistenza e resa. Lettere e scritti dal carcere

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amicizia, bonhoeffer

lunedì, 05 maggio 2008

Amicizia

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Nel caso dell'amicizia, poiché siamo liberi da questi vincoli, pensiamo di aver scelto autonomamente i nostri pari. In realtà, qualche anno di differenza nelle date di nascita, qualche chilometro di distanza tra due case, la scelta di un'università piuttosto che un'altra, la destinazione a un reggimento invece che a un altro, il caso che ci ha fatto parlare di un argomento, la prima volta che ci siamo incontrati, invece di tacere - una qualsiasi di queste circostanze avrebbe potuto farci restare separati. Ma per un cristiano, non si può parlare, a rigor di termine, di fatalità. Un segreto maestro delle cerimonie ha lavorato per noi. Cristo, che disse ai suoi discepoli: "Non siete voi che vi siete scelti, ma sono Io che ho scelto voi", può veramente dire a ogni gruppo di amici cristiani: "Non siete voi che vi siete scelti, ma sono Io che ho scelto voi, gli uni per gli altri". L'amicizia non è una ricompensa per il discernimento e il buon gusto che abbiamo dimostrato di possedere trovandoci vicendevolmente. Essa è lo strumento attraverso il quale Dio rivela a ciascuno le bellezze degli altri, che non sono, certamente superiori alle bellezze di un altro migliaio di persone; con l'amicizia Dio ci apre gli occhi su di loro.

C. S. Lewis, da: I quattro amori a M.

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amicizia, lewis

sabato, 26 aprile 2008

L’Amicizia

***

Amico mio, accanto a te
non ho nulla di cui scusarmi,
nulla da cui difendermi,
nulla da dimostrare: trovo la pace...
Al di là delle mie parole maldestre
tu riesci a vedere in me
semplicemente l'uomo
.

. saint exupery a M.

Postato da: giacabi a 11:34 | link | commenti (2)
amicizia, saintexupery

sabato, 29 marzo 2008



Io non ti conoscevo

**

Non ti pare meraviglioso?
Io non ti conoscevo,

tu ignoravi la mia esistenza.
Pensa: e se le strade della vita
sulle quali noi camminiamo
non si fossero mai incontrate?
Una inezia, un ostacolo qualunque,
e noi saremmo rimasti lontani,
non ci saremmo conosciuti mai
.
Sono talmente convinto
che era necessario che noi ci incontrassimo
che questo pensiero mi fa paura
.
Dovevamo incontrarci,
perché qualcuno ci guidava.


- Pieter Van Der Meer



§

Postato da: giacabi a 08:26 | link | commenti (1)
amicizia, van der meer

mercoledì, 19 marzo 2008

La grazia di un incontro

***

Oggi per la seconda volta da quando ho aperto questo blog voglio parlare di me per raccontarvi la grazia di un incontro accadutomi l’altro giorno. Io appartengo anche se indegnamente alla comunità di C.L. . Questo movimento l’ho conosciuto in età giovanile nel mio paese dove con questa comunità ho trascorso gli anni più belli della mia vita. Questo gruppo di una ventina di persone era composto per la maggior parte di ragazzi con un età media intorno ai 18 anni, animato da un entusiasmo che ci portava ad incarnare il messaggio cristiano, ed i risultati non sono mancati. La nostra sede “una casa campidanese di cui l’affitto si pagava andando qualche giorno al mese a lavorare in campagna) era diventata un centro di accoglienza per tutto il paese da noi venivano bambini, adolescenti, giovani,drogati, indigenti, handicappati, militanti di partiti, ladri, anche qualche prostituta ed un anche un assassino. Col nostro entusiasmo, che proveniva dalla gioia di aver incontrato Cristo nella comunità, riuscivamo a dialogare ed a metterci a disposizione di tutte queste persone. Questo gruppo durò alcuni anni poi arrivò il tempo degli innamoramenti e sposalizi e molti di questi amici, tra cui io, dovettero cambiare paese decimando la comunità, altri una volta sposati si staccarono dal gruppo. Debbo dire che la comunità anche se rimpicciolita è tuttora presente. Ho raccontato questo come premessa all’incontro capitatomi due giorni fa. Dovete sapere che quando vado al mio paese natio e passeggio per le strade di solito vengo fermato da queste persone che venivano in sede, per dirmi dei bei tempi che anche loro avevano vissuto e che purtroppo adesso non vi è niente di simile. Così mi è capitato lunedì scorso, mentre passeggiavo in paese con mia moglie, mi ha fermato un mio compaesano e quasi coetaneo(uno di quei tanti che venivano in sede) ed ha iniziato a raccontarmi la sua vita di come era finito nella droga e di come ne era uscito anche se con qualche “problema psichiatrico” cosi mi ha riferito. Mi ha quasi obbligato ad andare a casa sua ed io vedendo la sua insistenza non ho potuto dirgli di no. Quando sono entrato nella sua casa mi ha mostrato le sculture che realizzava, io non ne capisco di arte ma per me erano veramente bellissime erano in legno, in marmo , in pietra. Poi mi ha parlato della mamma che è affetta da Alzheimer e di come lui l’accudiva ed in effetti portandomi nella stanza da letto della madre ho visto con i miei occhi, da come era ben sistemata nel letto, la cura, l’affezione che aveva per la mamma. A questo punto ho visto in lui un esempio di bontà e lo ringraziato per tutto quello che faceva dicendogli che grazie alla mamma si stava conquistando il paradiso. Questo incontro mi ha fatto riflettere di come tra noi ci sono persone che nel silenzio e nella emarginazione incarnano senza magari saperlo il messaggio cristiano e di come non sia giusto lasciarle sole, mi sono ripromesso di andarlo a trovare con qualche amico per dimostragli tutto l’affetto e la gratitudine per l’esempio che sta dando.

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amicizia

sabato, 15 marzo 2008

Ciò che fa vincere la passività

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« L'attualità piena di ciò che siamo è possibile solo in vista di un'altra presenza, di un altro essere che ha la virtù di porci in esercizio, in atto... E come sarebbe possibile uscire da se... a meno di non essere irresistibilmente innamorati»

Maria Zambrano

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chiesa, amicizia, gesù, zambrano

martedì, 11 marzo 2008

L’amico

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«L’amico è innanzi tutto colui che non giudica.

L’amico è colui che apre la porta al viandante, alle sue stampelle, al suo bastone deposto in un canto e non gli chiede di danzare per giudicare la sua danza. E se il viandante parla della primavera ormai sopraggiunta, l’amico è colui che riceve dentro di sé la primavera. E se egli racconta l’orrore della carestia nel villaggio dal quale proviene, l’amico soffre con lui la fame. Perché, come ti ho detto, l’amico nell’uomo è la parte destinata a te e che apre per te una porta che forse non aprirebbe mai per nessun altro.

Il tuo amico è un amico vero e tutto quello che dice è vero.

L’amico nel tempio, quello che grazie a Dio io sfioro e incontro, è colui che volge verso di me lo stesso mio viso, illuminato dallo stesso Dio, poiché allora l’unione è fatta, anche se lui è un bottegaio mentre io sono un capitano, oppure è un giardiniere mentre io sono un marinaio.

L’ho incontrato al di sopra delle nostre divisioni e sono divenuto il suo amico.

Io posso tacere accanto a lui, cioè non avere alcun timore per i miei giardini interiori, le mie montagne, i miei precipizi e i miei deserti, poiché lui non vi metterà mai piede.

Tu, amico mio, quello che ricevi da me con amore è come un ambasciatore del mio regno interiore. Tu lo tratti bene, lo fai sedere e lo ascolti. Ed eccoci felici.

Mi hai mai visto, quando ricevevo degli ambasciatori, tenerli in disparte o respingerli perché agli estremi confini del loro impero, a mille giornate di marcia dal mio, gli uomini si nutrono di cibi che non mi piacciono, ovvero perché i loro costumi sono diversi dai miei? L’amicizia è innanzi tutto una tregua e una grande circolazione dello spirito al di sopra delle divisioni particolari. Non posso rimproverare nulla a chi troneggia alla mia mensa.

Perché sappi che l’ospitalità, la cortesia e l’amicizia sono incontri dell’uomo nell’uomo. Che cosa andrei a fare nel tempio di un dio che discutesse sulla statura e sulla corpulenza dei fedeli, oppure nella casa di un amico che non accettasse le mie stampelle e pretendesse di farmi danzare per giudicarmi?

Incontrerai fin troppi giudici per il mondo. Se si tratta di plasmarti in modo diverso e di rafforzarti, lascia questo compito ai nemici. Se ne incaricheranno loro, come la tempesta che scolpisce il cedro.

Saint Exupery a: M. P. P. R

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L’amore non può essere possesso

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“Non confondere l'amore col delirio del possesso, che causa le sofferenze più atroci. Perché contrariamente a quanto comunemente si pensa, l'amore non fa soffrire. Quello che fa soffrire è l'istinto della proprietà, che è il contrario dell'amore. Perché se amo Dio me ne vado a piedi sulla strada zoppicando per portarlo agli altri uomini. Non riduco il mio Dio in schiavitù. Io mi nutro di tutto ciò che egli concede agli altri. In tal modo so riconoscere chi ama veramente dal fatto che egli non può essere danneggiato...
Il vostro amore è basato sull'odio
poiché fate della donna o dell'uomo i vostri schiavi considerandoli dei beni di cui solo voi dovete godere e cominciate a odiare, come i cani quando girano attorno al truogolo, chiunque adocchia il vostro pasto. Voi chiamate amore questo pasto da egoista. Appena l'amore vi è concesso, di questo dono spontaneo, come nelle false amicizie, fate una servitù e una schiavitù, e dal momento in cui siete amati cominciate a scoprirvi danneggiati e a infliggere agli altri, per meglio asservirli, il triste spettacolo della vostra sofferenza. Voi soffrite veramente ed è proprio questa sofferenza che mi disgusta. Per quale motivo secondo voi dovrei ammirarla?
Certo anch'io quand'ero giovane ho camminato su e giù sulla mia terrazza per via di qualche schiava fuggita nella quale leggevo la mia guarigione. Avrei sollevato eserciti interi per riconquistarla. E per possederla avrei gettato ai suoi piedi intere province, ma Dio mi è testimone che non ho mai confuso il senso delle cose e che non ho mai definito amore, anche se metteva in gioco la mia vita, questa ricerca della preda.
L'amicizia io la riconosco dal fatto che non può essere delusa e riconosco l'amore vero dal fatto che non può essere oltraggiato.
Se qualcuno viene a dirti: “Ripudia, quella donna perché ti disonora...”, ascoltalo con indulgenza, ma non mutare il tuo comportamento, poiché chi ha il potere di disonorarti?
E se qualcuno viene a dirti: “Ripudiala, tanto tutte le tue cure sono inutili...”, ascoltalo con indulgenza ma non mutare il tuo comportamento, poiché un giorno hai fatto la tua scelta. Se ti possono rubare ciò che ricevi, chi ha il potere di rubarti quello che offri?
E se qualcun altro viene a dirti: “Qui hai dei debiti. Qui non ne hai. Qui si riconoscono i tuoi meriti. Qui sono beffeggiati”, tappati le orecchie per non sentire simili calcoli.
A tutti costoro dovrai rispondere: “Amarmi significa anzitutto collaborare con me

A.de Saint-Exupéry, Cittadella , Borla, Torino, 1965,

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domenica, 10 febbraio 2008
Non i discorsi ma la testimonianza dell’amicizia cristiana convertirono S. Agostino

Non i discorsi

ma la testimonianza dell’amicizia cristiana convertirono S. Agostino

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L'incontro con uomini di questo tipo( Socci sta parlando dei discepoli di S. Martino di Tours) era decisivo per la conversione, sia del volgo, pagano e superstizioso, sia dei giovani, uomini e donne, delle classi colte cittadine. Le dettagliate pagine lasciate da Agostino fanno supporre che, anche dal punto di vista psicologico, accadeva allora qualcosa di molto simile a ciò che può accadere ad un uomo del nostro tempo.

Ecco come Agostino, a Milano, dopo aver ascoltato Ambrogio, descrive la sua condizione: «Non potevo più invocare la scusa di un tempo, quando solevo persuadermi che, se ancora mancavo di disprezzare il mondo e servire Te, era colpa dell'incerta percezione che avevo della verità. Ormai anche la verità era certa. (...) Mi disgustava la mia vita nel mondo. Era divenuta un grave peso per me, ora che non mi stimolavano più a sopportare un giogo così duro le passioni di un tempo: I 'attesa degli onori e del denaro. Ormai tutto ciò mi attraeva meno della dolcezza e della bellezza della Tua casa che ho amato. Ma ero stretto ancora da un legame tenace: la donna». Agostino si sente triste e angosciato: «Dovunque facevi brillare ai miei occhi la verità delle tue parole, ma io, certo della loro verità, non sapevo affatto cosa rispondere, se non, al più, qualche frase lenta e sonnolenta: "fra breve"... Però quel "breve" non aveva una breve durata e quell 'attendi un pochino" andava per Ie lunghe».

Come risolvere questa indecisione della ragione, cosi comprensibile anche per noi oggi? Decisivo e, per il grande intellettuale d'Ippona, un incontro casuale. Un suo amico, Ponticiano, gli racconta di aver conosciuto persone che si dedicavano a Dio nella verginità, facendo vita in comune. Agostino, in particolare, resta stupefatto dai due che Ponticiano aveva conosciuto a Treviri, che erano due soldati. II "contagio" della vita di Martino, dunque, arriva fino ad Agostino. Cosi per Agostino comincia I' avventura. Intuisce che l'amicizia e il modo semplice e umano con cui si comunica la stessa vita cristiana «<In qualunque cosa umana, nulla e amico all'uomo se egli non ha un amico»). Agostino e entusiasta della vita in comune, fra fratelli. Proprio lui diverrà così «il promotore per eccellenza della "vita apostolica" nel monachesimo latino» (Garcia M. Colombas)."

Antonio Socci da: Cristiani L’avventura umana di 14 Santi ed. Nuova Cultura

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amicizia, santi, sagostino

domenica, 03 febbraio 2008

L’amicizia

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Il Piccolo Principe

XXI

In quel momento apparve la volpe.
"Buon giorno", disse la volpe.
"Buon giorno", rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno.
"Sono qui", disse la voce, "sotto al melo..."
"Chi sei?" domando' il piccolo principe, "sei molto carino..."
"Sono una volpe", disse la volpe.
"Vieni a giocare con me", le propose il piccolo principe, sono cosi' triste..."
"Non posso giocare con te", disse la volpe, "non sono addomestica".
"Ah! scusa", fece il piccolo principe.
Ma dopo un momento di riflessione soggiunse:
"Che cosa vuol dire ?"
"Non sei di queste parti, tu", disse la volpe, "che cosa cerchi?"
"Cerco gli uomini", disse il piccolo principe.
"Che cosa vuol dire ?"
"Gli uomini" disse la volpe, "hanno dei fucili e cacciano. E' molto noioso! Allevano anche delle galline. E' il loro solo interesse. Tu cerchi delle galline?"
"No", disse il piccolo principe. "Cerco degli amici. Che cosa vuol dire "?"
"E' una cosa da molto dimenticata. Vuol dire ..."
"Creare dei legami?"
"Certo", disse la volpe. "Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io saro' per te unica al mondo".
"Comincio a capire" disse il piccolo principe. "C'e' un fiore... credo che mi abbia addomesticato..."
"E' possibile", disse la volpe. "Capita di tutto sulla Terra..."
"Oh! non e' sulla Terra", disse il piccolo principe.
La volpe sembro' perplessa:
"Su un altro pianeta?"
"Si".

"Ci sono dei cacciatori su questo pianeta?"
"No".
"Questo mi interessa. E delle galline?"
"No".
"Non c'e' niente di perfetto", sospiro' la volpe. Ma la volpe ritorno' alla sua idea:
"La mia vita e' monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio percio'. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sara' illuminata. Conoscero' un rumore di passi che sara' diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi fara' uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiu' in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me e' inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo e' triste! Ma tu hai dei capelli color dell'oro. Allora sara' meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che e' dorato, mi fara' pensare a te. E amero' il rumore del vento nel grano..."
La volpe tacque e guardo' a lungo il piccolo principe:
"Per favore... addomesticami", disse.
"Volentieri", disse il piccolo principe, "ma non ho molto tempo, pero'. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose".
"Non ci conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe. "Gli uomini non hanno piu' tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose gia' fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno piu' amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!"
"Che cosa bisogna fare?" domando' il piccolo principe.
"Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe. "In principio tu ti sederai un po' lontano da me, cosi', nell'erba. Io ti guardero' con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' piu' vicino..."
Il piccolo principe ritorno' l'indomani.
"Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe.
"Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincero' ad essere felice. Col passare dell'ora aumentera' la mia felicita'. Quando saranno le quattro, incomincero' ad agitarmi e ad inquietarmi; scopriro' il prezzo della felicita'! Ma se tu vieni non si sa quando, io non sapro' mai a che ora prepararmi il cuore... Ci vogliono i riti".
"Che cos'e' un rito?" disse il piccolo principe.
"Anche questa e' una cosa da tempo dimenticata", disse la volpe. "E' quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore. C'e' un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedi ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedi e' un giorno meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza".
Cosi' il piccolo principe addomestico' la volpe.
E quando l'ora della partenza fu vicina:
"Ah!" disse la volpe, "... piangero'".
"La colpa e' tua", disse il piccolo principe, "io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi..."
"E' vero", disse la volpe.
"Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo", disse la volpe.
"Ma allora che ci guadagni?"

"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
Poi soggiunse:
"Va' a rivedere le rose. Capirai che la tua e' unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalero' un segreto".
Il piccolo principe se ne ando' a rivedere le rose.
"Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente", disse. "Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico ed ora e' per me unica al mondo".
E le rose erano a disagio.
"Voi siete belle, ma siete vuote", disse ancora. "Non si puo' morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, e' piu' importante di tutte voi, perche' e' lei che ho innaffiata. Perche' e' lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perche' e' lei che ho riparata col paravento. Perche' su di lei ho uccisi i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perche' e' lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perche' e' la mia rosa".
E ritorno' dalla volpe.
"Addio", disse.

"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale e' invisibile agli occhi".
"L'essenziale e' invisibile agli occhi", ripete' il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa cosi' importante".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa..." sussurro' il piccolo principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verita'. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa..."
"Io sono responsabile della mia rosa..." ripete' il piccolo principe per ricordarselo.

da: http://digilander.libero.it/Gretablu/il_piccolo_principe/pp21.html

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amicizia, saintexupery

sabato, 26 gennaio 2008

La compagnia tra di noi

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«La compagnia tra di noi si lascia identificare prima di tutto per un tipo di affezione nuova che nasce tra le persone: in essa domina su qualsiasi altro sentimento la stima dell'altro, la disponibilità ad aiutare, un'amorosità disposta a soccorrere l'altro, a condividerne sempre il bisogno, nella percezione fisica del tempo e dello spazio come via al destino. Non è niente di meno di questo, la compagnia, cioè la dimensione del cristiano».

don Giussani da: tracce dic.93

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amicizia, giussani

venerdì, 18 gennaio 2008

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«Si può accettare il nulla per se stessi. Mai per quelli nei quali si è intravisto il riflesso del bello, del bene, per quelli che abbiamo amato»

M. Van der Meersch

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perle, amicizia

giovedì, 10 gennaio 2008

LA GIOIA DELL’AMICIZIA
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Un amico fedele

è un balsamo nella vita,

è la più sicura protezione.

Potrai raccogliere tesori d’ogni genere

ma nulla vale quanto un amico sincero.

Al solo vederlo, l’amico suscita nel cuore

una gioia che si diffonde in tutto l’essere.

Con lui si vive un’unione profonda

che dona all’animo gioia inesprimibile.

Il suo ricordo ridesta la nostra mente

e la libera da molte preoccupazioni.

Queste parole hanno senso

solo per chi ha un vero amico;

per chi, pur incontrandolo tutti i giorni,

non ne avrebbe mai abbastanza.
GIOVANNI CRISOSTOMO

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amicizia, crisostomo

domenica, 06 gennaio 2008

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«Ama chi dice all’altro: tu non puoi morire»

Gabriel Marcel

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amicizia, marcel

venerdì, 21 dicembre 2007

L’amicizia

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Non ci sono parole per esprimere l'abisso che corre fra l’essere soli e l’avere un alleato. Si può concedere ai matematici che quattro è due volte due; ma due non è due volte uno: due è duemila volte uno.

G.K.Chesterton L’uomo che fu Giovedì, sull’amicizia

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amicizia, chesterton

giovedì, 13 dicembre 2007

L'amicizia, scambio di doni

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L'amicizia: un continuo scambio
e contraccambio di doni
spirituali e materiali
.
Quando si tratta di persone generose,
colui che dà prova una gioia più grande di colui che riceve

. Giovanni Papini

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amicizia, papini

mercoledì, 12 dicembre 2007

L’appartenenza

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da: www.cmc.milano.it

Domanda: Cosa significa per lei l’appartenenza?

Gaber: L’appartenenza è un bisogno: come uno ha bisogno di

mangiare, ha bisogno di vivere, di pensare, così ha bisogno di

appartenere. Ecco questa è l’affermazione, ed è un’affermazione

neutra perché non è né positiva né negativa. Se questa partecipazione

prende dei connotati negativi o positivi, questo è difficile dirlo, ma comunque è un bisogno dell’uomo. Anche lei credo abbia bisogno di appartenere a qualche cosa, altrimenti si sente molto sola. Ne può venire fuori una discussione terminologica,però sono convinto che la forza di poter dire “noi” è sicuramenteun grande elemento di forza per ciascuno, la canzone infatti finisce dicendo: “sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire noi”. Ora, è chiaro che a queste appartenenze si possono mettere condizioni molto alte. E non l’appartenenza padana o l’appartenenza austriaca


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amicizia, gaber

martedì, 23 ottobre 2007

La chiarezza

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Ogni uomo, trattando col suo prossimo, ama la chiarezza, lo scambio di idee, l’accordo, l’abolizione di ogni fraintendimento. Desidera sapere in qual misura chi gli sta vicino è d’accordo con lui, e quali siano invece i punti di divergenza. Sente il bisogno di indicare e mettere in chiaro dove si può sorvolare sui dettagli e attenersi ai punti fondamentali. Spesso l’altro, nel corso del colloquio, viene da sé a parlare di un dettaglio, che loda o che biasima.

Il bisogno dell’uomo di parlare con Dio è qualcosa di molto simile. È un bisogno di comprensione, di protezione, di riconoscimento e di messa a punto. Ed è allora Dio che può richiamare l’attenzione sui dettagli.

A. von Speyr, Il mondo della preghiera, a cura di H.U. von Balthasar, Jaca Book,

a P.

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amicizia, verità

mercoledì, 03 ottobre 2007

Bisogno di amore

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La persona umana non è, d’altra parte, soltanto ragione e intelligenza. Porta dentro di sé, iscritto nel più profondo del suo essere, il bisogno di amore, di essere amata e di amare a sua volta.

BENEDETTO XVI IV CONVEGNO NAZIONALE DELLA CHIESA ITALIANA VERONA 2007

Postato da: giacabi a 19:36 | link | commenti
amicizia, benedettoxvi

giovedì, 27 settembre 2007

Chi è amico

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Uno è amico se apre questa religiosità, se la ridesta, non se la spegne, non se la blocca, non se la sistema: quest'ultimo non è un amico, ma un connivente. Domandiamoci quanti amici veri abbiamo, cioè qualcuno che ci ridesta costantemente questo, che ci ridesta la ferita, il dramma del vivere, che ci ridesta la domanda: «Ma a cosa serve guadagnare il mondo intero se poi perdi te stesso?». Chi ci dica così, questo è un amico.

Rimini 4-6 maggio 2007

Fraternità di C.L. Esercizi spirituali

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amicizia, carron, senso religioso

domenica, 09 settembre 2007

Amicizia

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Arriva un momento che non ce la fai più delle prigioni, del lavoro, del coraggio, hai allora bisogno del volto di una creatura...
A. Camus,
La peste

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amicizia, camus

Amicizia

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E gli uomini si trovano sempre nell'impossibilità di fare qualcosa, prigionieri di non so quale gabbia orribile. Non si sa sempre riconoscere che cos'è che ti rinchiude, che ti mura vivo, che sembra sotterrarti, eppure si sentono non so quali sbarre, quali muri. E poi uno si chiede, Mio Dio, durerà molto, durerà sempre? Sai tu ciò che fa sparire questa prigione? E' un affetto profondo, serio. Essere amici, essere fratelli spalanca la prigione per potere sovrano, per grazia potente.
Dove rinasce la simpatia, lì rinasce la vita.
V. Van Gogh,
Lettere a Theo

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amicizia, van gogh

martedì, 21 agosto 2007

Qualcuno, alla fine, mi ama?"

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Da: http://ailuigm.spaces.live.com/

Questa è la domanda che, volenti o nolenti, ognuno di noi si porta dentro. Rispunta, per quanto rimossa sia, con insopprimibile pressione ogni mattina, dopo la strana parentesi del sonno. Il destino del mio io è strutturalmente legato alla possibilità di trovare una risposta esauriente a questa domanda. Del resto chi di noi non è in ogni atto determinato dal bisogno-desiderio di essere definitivamente amato e di amare definitivamente? Nella definitività di quest'amore sta dunque il mio destino di uomo.

Card. Angelo Scola, patriarca di Venezia

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amicizia, scola

venerdì, 17 agosto 2007

L’amicizia

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Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io,
fossimo presi per incantamento,
e messi in un vasel ch'ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio,
sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse 'l disio.
E monna Vanna e monna Lagia poi
con quella ch'è sul numer delle trenta
con noi ponesse il buono incantatore:
e quivi a ragionar sempre d'amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come i' credo che saremmo noi
.

Dante Rime

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