ci sia concesso di diventare Tuoi
contemporanei
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Son diciotto secoli da quando Gesù Cristo camminava quaggiù; ma
quest'avvenimento non è come gli altri che, una volta passati, entrano
nella storia e che, trascorso gran tempo, cadono nell'oblio. No, la sua
presenza quaggiù non diventerà mai un fatto passato, né, di conseguenza,
un fatto sempre più passato, se la fede esiste ancora sulla terra; ove e
non appena manchi, la vita terrena di Cristo diventerebbe un fatto
remotissimo. Ma fintantoché esiste un credente, bisogna che, per esser
divenuto tale, egli sia stato, e che, come credente, sia contemporaneo
alla presenza del Cristo né piu ne meno della generazione a lui
contemporanea; contemporaneità che è condizione della fede, o meglio, è
la fede stessa. Signore Gesù, ci sia concesso di diventare Tuoi
contemporanei, vederTi come e dove realmente passasti sulla terra, e non
nella deformazione di un ricordo vuoto, frutto di un'esaltazione priva
di pensiero o nutrita delle ciance della storia, giacché questo non è
l'aspetto dell'umiltà in cui Ti vede il credente e nemmeno potrebbe
essere quello della gloria in cui nessuno ancora Ti ha visto. VederTi
qual sei, fosti e sarai fino al Tuo ritorno in gloria, segno di scandalo
e oggetto di fede, uomo umile eppure salvatore e redentore
dell'umanità, venuto sulla terra per amore a cercarvi gli smarriti, a
soffrire e a morire, eppure ansioso, - ahimè - a ogni passo e ogni volta
che chiamavi uno smarrito, a ogni gesto della mano levata a far segni e
miracoli, e ogni volta che senza levarla pativi indifeso l'ostilità
degli uomini, ansioso di ripetere sempre: « Beato colui che non si sarà
scandalizzato in me! ». Concedi a noi di vederTi così e di non
scandalizzarci di Te. Colui che invita
Colui che invita è dunque Gesù Cristo nella sua umiliazione; è lui che ha pronunciato quelle parole d'invito. Non le pronuncia dall'altezza della sua gloria. Se così fosse, il cristianesimo sarebbe paganesimo, e Cristo sarebbe un mito; quindi non è vero che sia così. Ma se fosse vero che colui il . quale siede in gloria pronunciò quelle parole: « Venite...'», quale meraviglia allora che tutta una folla corresse a gettarsi a capofitto nelle braccia della gloria? Ma quelli che corrono così sono degli stolti che credono di sapere chi è Cristo. Nessuno lo sa; e per credere in lui bisogna cominciare a vederlo nella sua umiliazione.
Colui che invita, colui che dice quelle parole, colui quindi le cui parole sono quelle parole - mentre le stesse, in bocca a un altro, sono un errore storico - è il Gesù Cristo dell'umiliazione, l'umile nato da un'umile vergine; suo padre è un falegname, imparentato con al-tra umile gente della più povera classe sociale; è l'umile che, inoltre, ha detto di essere Dio, versando così dell'olio sul fuoco.
E il Gesù Cristo dell'umiliazione che ha proferito quelle parole. E tu non hai il diritto di appropriarti di una parola di Cristo, nemmeno di una sola; tu non hai la minima parte in lui, né la più lontana relazione personale con lui se non sei divenuto suo contemporaneo nella sua umiliazione in tal maniera da esserti indispensabile, proprio come agli uomini del suo tempo, di diventare attento alla sua esortazione: « Beato colui per cui io non sono occasione di scandalo! ». Tu non hai il diritto di impadronirti delle parole di Cristo e di sopprimerlo falsandole; non hai il diritto di impadronirtene e di fare di lui non so quale personaggio fantastico a opera delle chiacchiere della storia che, quando parla di lui, non sa assolutamente di che va cianciando.
E' il Gesù Cristo dell'umiliazione che parla; è storicamente vero che egli ha proferito quelle parole; ma è falso che esse siano state dette da lui,se si cambia la sua realtà storica.
Si tratta dunque dell'uomo umile e povero accompagnato da dodici discepoli miserabili della più bassa condizione sociale, per un certo tempo oggetto di curiosità, più tardi senz'altra compagnia che quella dei peccatori, dei pubblicani, dei lebbrosi, dei pazzi; giacché al solo accettare il suo soccorso ne sarebbe andato di mezzo l'onore, gli averi, la vita, incorrendo comunque nell'espulsione dalla sinagoga, castigo, come sappiamo, appositamente stabilito per quel caso. Venite, adesso, voi tutti che siete affaticati e oppressi! Oh, amico mio, se tu fossi sordo, cieco, storpio, lebbroso, colpitoda un altro male; se, cosa che non si è mai né vista né sentita, tu riunissi nella tua miseria tutte le miserie umane, e se egli volesse soccorrerti con un miracolo, potrebbe allora darsi (tale è la nostra natura che, più di tutte quelle sofferenze, tu temessi il castigo in cui si incorre accettando il suo soccorso, il castigo d'essere bandito dalla societa', d'essere schernito, insultato giorno per giorno, di perdere forse la vita. Sarebbe umano (perché tale è la nostra natura) che tu pensassi: no, grazie, preferisco restar sordo, cieco ecc..., piuttosto che ricevere un simile soccorso.
« Venite, voi tutti che siete affaticati e oppressi; venite, egli vi invita, apre le braccia! » Quando un bell'uomo in seriche vesti lancia quelle parole con voce gradevole e sonora la cui eco armoniosa rimbomba sotto la maestà delle volte, un fantoccio che ci si onora e ci si vanta di ascoltare, quando un re in mantello di porpora e di velluto le proferisce davanti all'albero di Natale da cui pendono tutti i magnifici doni che egli sta per distribuire, allora c'è del senso in queste parole, nevvero? Ma qualunque sia la tua opinione, una cosa almeno è certa: questo non è cristianesimo ma esattamente il contrario, e non potrebbe essere più contrario di così: perciò bada alla persona che invita!
E ricorda tu stesso perché ne hai il diritto; al contrario non abbiamo quello, di cui così spesso ci serviamo, di ingannare noi stessi. Che un uomo di tale aspetto, la cui compagnia è fuggita da tutti coloro che hanno ancora un briciolo di buon senso nel cervello e un po' di considerazione da perdere in questo mondo, che tal uomo (veramente, c'è niente di più assurdo e di più folle? Non si sa se riderne o piangerne!) che tal uomo (veramente, è l'ultima parola che ci aspetteremmo da parte sua; perché si comprenderebbe meglio che egli avesse detto venite ad aiutarmi; oppure: lasciatemi in pace; oppure: risparmiatemi; oppure, pieno d'orgoglio: io vi disprezzo tutti), che tal uomo dica: « venite a me! ». L'invito sembra veramente incoraggiante! E continua: « Voi tutti che siete affaticati e oppressi », come se costoro non avessero già un sufficiente fardello da trascinarsi dietro, per esporsi ancora, per soprammercato, a tutte le conseguenze di essersi messi dalla sua parte! E infine: « io vi darò il riposo ». Non mancava che questo; egli vuole soccorrerli! Fra i suoi contemporanei, anche il più benevolo dei beffeggiatori, direi, avrebbe gridato: « ecco l'ultima cosa di cui dovrebbe curarsi: soccorrere gli altri quando egli stesso è in tale imbarazzo! Come se un mendicante si lamentasse presso la polizia d'essere stato derubato. Infatti c'è contraddizione nel lamentarsi d'essere derubato quando non si possiede nulla, non si è mai posseduto nulla; e, ugualmente, pretendere di soccorrere gli altri quando abbiamo noi stessi il più gran bisogno di soccorso ». Per la ragione umana, la folle contraddizione è di sentire colui il quale non ha letteralmente un posto dove posare il capo, colui del quale è stato detto con tanta verità umana: « Ecco l'uomo! » gridare: « Venite a me, voi tutti che soffrite, io vi consolerò ».
Prova te stesso ora - poiché ne hai il diritto, ma non il diritto di lasciarti convincere dagli « altri », senza studiare te stesso, o convincerti da te stesso che sei cristiano - prova dunque te stesso ora, immagina di vivere come suo contemporaneo! Senza dubbio, lui, oh! lui, lui ha detto di essere Dio! Più di un pazzo si è dato per tale, e tutta la sua generazione ha giudicato:
« costui bestemmia ». Si, per questo motivo si andava incontro a un castigo accettando il suo soccorso; l'ordine costituito e l'opinione pubblica davano prova di una pia sollecitudine per le anime nel vigilare a che nessuno si lasciasse traviare: si perseguitava per amor di Dio. Prima dunque di risolversi ad accettare il soccorso, bisogna considerare che ci si espone non solo all'opposizione degli uomini, ma considerare anche, quanto più si è capaci di sopportare tutte le conseguenze di questo passo, che il castigo umano rappresenta in questo caso lo stesso castigo divino che colpisce colui che bestemmia, colui che invita!
Venite, ora, voi tutti che siete affaticati e oppressi!
Non c'è motivo di affrettarsi: facciamo una breve sosta che servirà per svoltare in una strada vicina. E se, qualora tu fosti contemporaneo, non vuoi svignartela per un'altra strada, o se, nella cristianità, non ti esimi dall'essere cristiano, fai allora una lunga sosta, condizione necessaria alla fede: tu sei fermo alla possibilità dello scandalo.
Tuttavia, per rendere ben chiaro e attuale che la sosta sta nella persona stessa di colui che invita, che sosta egli stesso e che rende l'accoglimento dell'invito una cosa non del tutto facile e naturale, ma speciale (in quanto non si può accogliere quest invito senza accogliere anche colui che invita) prenderò a esaminare la sua vita sotto due aspetti apparentemente diversi, ma posti entrambi, essenzialmente, sotto la categoria dell'umiliazione. Perché, trattandosi di Dio, è sempre un 'umiliazione essere uomo, foss'anche il Cesare dei Cesari, ed egli non è, essenzialmente, più umiliato per essere un uomo umile e povero e, come aggiunge la Scrittura, coperto di insulti e di sputi.
KIERKEGAARD SÒREN (1813-1855) Invocazione
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